martedì 7 aprile 2009

Il saluto dei motociclisti..






Quando da bambino, in macchina con i miei genitori (rigorosamente seduto sul sedile posteriore..) percorrevo qualche strada di collina o montagna piena di curve, il mio sguardo volgeva fuori dal finestrino nella speranza di incrociare qualche motociclista che facesse il nostro medesimo percorso. Per anni ho trascorso il mese di agosto in Carpegna (PU). Per arrivare a questo piccolo comune dell’Appennino marchigiano si deve infatti percorrere una bella strada tutta curve che, allora come oggi era (ed è) percorsa da tanti motociclisti nei week-end estivi. Ricordo che mentre ero seduto in macchina, tenevo lo sguardo vigile e mi incantavo ogni qual volta la nostra auto veniva superata da una moto che in breve spariva "danzando" a destra e a sinistra in un susseguirsi di tornanti. A volte non era un singolo centauro a sorpassarci, ma interi gruppi di motociclisti che ad una, ci passavano avanti scomparendo poi tra le curve. A volte capitava che vedessi incrociarsi due moto che viaggiavano in direzione opposta e che i centauri che le portavano si scambiassero un gesto tra di loro: una volta era un lampeggio, una volta un braccio sollevato, o due dita che si alzavano dalla leva della frizione, un’altra addirittura una gamba che staccandosi dalla pedana si apriva di lato.. Devo essere sincero: ai tempi non capivo bene quello che accadeva, anche perché ero troppo impegnato a osservare le moto, le tute, i primi caschi.. Crescendo e iniziando a leggere le mie prime riviste di motociclismo ho poi iniziato a capire cosa volesse dire quel gesto. Arrivato a 14 anni, finalmente ho visto coronare il mio sogno di possedere il tanto sospirato ciclomotore. Ovviamente, di salutare i motociclisti, quelli veri, non se ne parlava neppure, anche se in cuor mio io già mi sentivo uno di loro! Dovevo attendere altri due anni per poter finalmente percorrere quelle stesse strade che da bambino vedevo fare ad altri, a bordo della mia moto. A 16 anni infatti mio padre decise di comprarmi “la 125”. Era incredibile: anche io ora mi sentivo a pieno diritto parte della famiglia! Con la mia Aprilia, in compagnia di una banda di pazzi, ogni sabato d’estate partivamo con destinazione il passo di Viamaggio, Carpegna, le Balze, la Calla e i Mandrioli! Ogni moto che incrociavamo, alzavamo la mano in segno di saluto e rispetto. Questo senso di appartenenza ci spingeva a manifestarlo ogni volta che sulla strada incontravamo un nsotro “fratello” motociclista. A noi non importava nulla del fatto che cavalcassimo una 125 e non una moto di grossa cilindrata bastavano due ruote, un motore e passione, tanta passione. Era la volontà di affermarsi, e forse anche di distinguersi. Era il sentirsi finalmente motociclisti, dopo che per anni avevamo dovuto attendere e “sbavare” sulle moto parcheggiate davanti al bar, su quelle viste nei giornali. Era realizzare quel piccolo grande sogno che mi portavo dentro dall’età di cinque anni, quando osservavo (e rompevo le scatole..) a mio zio, mentre con i suoi amici elaborava il suo “cinquantino” prima e la sua 125 poi.. In sella alla mia piccola Aprilia, percorrevo le strade mitiche del nostro Appennino Tosco-Romagnolo e Marchigiano. Strade delle quali prima avevo solo sentito parlare da parte dei “grandi” del bar i quali ci raccontavano delle loro uscite in moto, fatte visioni mistiche contornate di pieghe garibaldine ai limiti della fisica, di una immensa passione per le due ruote e di piccole-grandi storie di amicizia.. Il massimo della vita era appunto poter fare correre la mia moto in quelle curve e prendere parte di diritto a quel rito che era il saluto che i motociclisti si scambiavano incrociandosi: era un segno di appartenenza, era un “ammiccamento”, segnale di intesa di una “famiglia” a cui avrei avevo tanto voluto appartenere. Ricordo che ai tempi (correva l’anno 1993) non c’era un motociclista che omettesse questo gesto, era come dire agli altri: ”ehi, siamo una famiglia e anche io ora ne faccio parte”. Arrivato ai 18 anni, l’auto, con le sue comodità ha preso il posto della moto nel mio cuore. Nel 1999, all’età di 22 anni ho comprato una GSX-R 600cc usata con la quale non ho percorso molti km e che ho venduto alla fine dell’estate di quell’anno. Fino al 2008 niente moto.. Poi l’anno scorso, la decisione avventata e inattesa: ho comprato una Moto Guzzi V11 con la quale ho iniziato a percorrere diversi km. Ho avuto così modo di constatare che il nobile gesto del saluto era stato mantenuto, anche se a differenza di quanto avveniva quando ero ragazzino ho notato, in molte occasioni purtroppo, che il semplice gesto del saluto, spesso veniva ignorato e non era ricambiato. Ciò mi ha fatto capire come sia cambiata una usanza che per me era quasi obbligatoria; ai miei occhi non era ammissibile incrociare un altro motociclista e non scambiarsi il saluto. Purtroppo però sembra che io, come pochi altri ancora, sia rimasto legato ad un motociclismo un po’ troppo romantico, forse non proprio vicino alle prestazioni assolute delle moto di ultima generazione. Probabilmente oggi giorno si viene giudicati in base alla moto che si guida (supersportiva, tourer, custom, o una tranquilla enduro), ma così facendo si corre il rischio di creare nell’immagine collettiva categorie di motociclisti: motociclisti di serie A e motociclisti di serie B, finendo per applicare l’equazione: moto ipersportiva uguale motociclista di serie A dotato di attributi; moto di piccola cilindrata con pochi cavalli uguale motociclista di serie B sprovvisto di attributi. E’ inutile ora soffermarsi e fare della retorica sul fatto che queste categorie non dovrebbero esistere e che la moto è sempre la moto, a qualunque tipologia o nicchia essa appartenga o la si possa collocare. Io dal canto mio quando incontro altri motociclisti continuo imperterrito a far loro un cenno di saluto con la mano, per ricordargli che credo ancora nella nostra "famiglia su due ruote": chi risponde al mio saluto forse la pensa come me, gli altri forse no. Dopo tutto il mondo è bello perché è vario..

4 commenti:

Superpantah ha detto...

Bel post Enrico, é vero, il leggero cambio di abitudini c'é stato. Succede sempre con il passare degli anni in ogni ambito, ma in questo io speravo di no. Va be, come dici te il mondo é bello perche é vario ed é giusto che ognuno viva ed interpreti la moto come meglio crede.
Ciao

Enrico Zani ha detto...

Ciao Sauro, grazie per i complimenti! Era un po' che volevo scrivere questo post.. A dire il vero all'inizio lo avevo pensato come elenco delle "gestualità del motociclista" ma poi.. Ho deciso di scrivere una cosa più generico e personale ed alla fine è saltato fuori questo post..
Un saluto a te e ad Enrico!!

Willy ha detto...

Raramente mi appassiono leggendo dei post sparsi per il web.
Scrivi in modo semplice e nello stesso tempo coinvolgente.
Questo post mi è piaciuto molto... soprattutto la parte conclusiva: "chi risponde al mio saluto forse la pensa come me, gli altri forse no. Dopo tutto il mondo è bello perché è vario.."
Io la penso come te!!! :)
Lamps

Fast ha detto...

Ciao,ho letto il tuo post,credo che mio papà abbia trovato il tuo blog e allora mi sono messo a visitarlo.
Che dire:bellissimo post!!
Io ho fatto esattamente il tuo stesso percorso.Da piccolo non vedevo l'ora di avere una moto per andare,semplicemente andare e comprarmi quei bei caschi che vedevo in testa ai motociclisti.
Ho sempre avuto moto da enduro e cross,adesso,a 21 anni mi sono comprato un vecchio ducati ss 600...e anche io che ieri sono uscito per la prima volta con la moto "nuova"ho sentito l'ebrezza di appartenere finalmente alla famiglia.
Se passi dalle parti di Roma sappi che io la penso come te!!
lamps