giovedì 31 dicembre 2009

FELICE 2010!!













Anche il 2009 è giusto al termine! Cesena Bikers augura a tutti i suoi lettori, sostenitori ed amici un felice 2010, ricco di soddisfazioni, salute, amore, fortuna.. e ovviamente di moto! Che voi siate smanettoni, mototuristi, enduristi, trialisti, appassionati di lunga data o nuove leve e chi più ne ha più ne metta.. Auguri a tutti!

Il Presidente: Enrico Zani

Tre anni per un record












Su Cesena Bikers fino ad ora non avevo mai pubblicato un post che non fosse relativo al mondo dei GP, della Superbike o comunque strettamente correlato alle competizioni motociclistiche legate ai circuiti. Non ho mai scritto circa gare di accelerazione, record di velocità come anche dello spettacolare dirt track fino al motocross, all'enduro, al trial ecc, ecc in quanto si tratta di discipline sulle quali sono poco documentato. E' però vero che la passione per la moto è una passione a 360° e difficilmente chi ama una disciplina motociclistica, non rimane comunque interessato e non si ferma ad osservare con interesse, una moto ideata e costruita per competere in un'altra... Si sa infatti che chi ama la moto, la ama sotto ogni sua forma e che il rombo di una motocicletta non lascia mai indifferente il centauro che la sente passare a prescindere dal fatto che essa sia o meno della tipologia che egli predilige. Spulciando sul web questa mattina mi sono imbattuto in questo bellissimo articolo che ha attirato da subito la mia attenzione. Ho deciso quindi di pubblicarlo, così come l'ho trovato, sperando che pur trattandosi di un argomento che in parte si discosta da quanto si scrive solitamente sul mio blog, possa comunque essere gradito da Voi lettori.

Bonneville è senza dubbio un nome magico, che evoca atmosfere affascinanti. Ma cosa significa veramente? Una motocicletta, un luogo o, addirittura, una persona?Il lago salato di Bonneville, nel nord-ovest dello Utah, è uno di quei posti che ho sempre voluto visitare ancor prima di vedere il film "Indian – La grande sfida" con Anthony Hopkins, pellicola che tra l'altro descrive benissimo lo scenario lunare di quel posto e, soprattutto, la varietà di personaggi curiosi che ogni anno vi fanno visita spinti dalla sete di velocità. Fu il capitano Benjamin de Bonneville, un ufficiale dell'esercito americano di origini francesi, a esplorare quest'area, cui ha dato il nome, nel 1830, mentre cercava una via di passaggio che collegasse il primo embrione degli Stati Uniti (localizzati interamente a est delle Montagne Rocciose) alla California (all'epoca facente parte del Messico). De Bonneville trovò davanti a sé una distesa di sale spessa due metri, liscia e compatta, risultato dell'ultima glaciazione di 15.000 anni prima e, a partire dal 1935, tempio indiscusso della velocità mondiale, da quando cioè Sir Malcolm Campbell divenne il primo dei tanti eroi britannici e americani ad aver stabilito un record di velocità su terra. Campbell lo fece grazie alla Bluebird, la sua famosa macchina. Perfettamente piatto, tant'è che osservando l'orizzonte si ha modo di apprezzare la sfericità del pianeta, il lago salato di Bonneville si estende per una superficie di ben 412 Km quadrati e rappresenta una bellezza naturale che vale la pena di vedere indipendentemente dai cosiddetti Speed Trials che ogni anno, dall'agosto del 1949, vengono organizzati dalla Southern Californian Timing Association (SCTA).Già nel 1948, tuttavia, Rollie Free era entrato nella storia del motociclismo portando la sua Vincent oltre le 150 miglia orarie con addosso nient'altro che un costume da bagno e un berrettino, per limitare l'attrito dell'aria. Da quel momento, la parola Bonneville è entrata di diritto nel vocabolario degli appassionati.In un certo senso, i Bonneville Speed Trials stanno agli americani come il Tourist Trophy dell'Isola di Man sta ai britannici. Pertanto, cosa mai poteva portare il sottoscritto, suddito di Sua Maestà, a incrociare il proprio destino con il famoso lago salato? E qui interviene il terzo significato della parola Bonneville: la moto. Per celebrare il cinquantesimo anniversario della nascita del celebre modello prodotto dalla Triumph, infatti, non poteva esserci modo migliore se non quello di stabilire un nuovo record nell'omonima località in sella a un esemplare di ultima generazione.Del resto, la Triumph Bonneville rappresenta senza dubbio il modello più emblematico che una casa motociclistica europea abbia mai costruito negli ultimi 50 anni. Nessuna altra motocicletta, infatti, è stata declinata attraverso così tante variazioni sul tema, da café racer a supersportiva, passando addirittura per l'impiego in fuoristrada. Negli anni, la Bonneville si è dimostrata versatile come poche altre moto al mondo e questo vale anche per la sua ultima versione, immessa sul mercato a partire dal 2000. Oltre ad aver contribuito in maniera sostanziale al rilancio del marchio britannico operato da John Bloor, essa si è infatti rivelata la protagonista ideale per il mio tentativo di record in terra statunitense.Una volta deciso quale moto usare, tuttavia, avevo bisogno di un tecnico che si prendesse cura del suo allestimento e quello non poteva essere che Matt Capri. Con sessantacinque primavere sulle spalle, Capri è un autentico guru della velocità e la sua concessionaria Triumph di South Bay, in California, è una delle più importanti di tutti gli Stati Uniti d'America. Mi ci sono voluti circa dieci secondi per convincerlo a seguirmi in questa avventura ed è stato Matt, addirittura, a individuare la categoria giusta nella quale competere: la cosiddetta "1000 P-AG", che in pratica sta per moto di produzione prive di carenatura con cilindrata massima di 1000 cc e alimentazione a benzina tradizionale. Da molti anni, infatti, il record di questa categoria apparteneva a una Kawasaki a quattro cilindri con 154 miglia orarie (poco meno di 250 Km/h)."Abbiamo tutto ciò che serve per battere questo record, - mi ha detto Capri – anche se forse faremmo meglio a sfruttare il prossimo appuntamento con gli Speed Trials solo per fare esperienza. Guidare sul lago salato richiede una certa pratica e poi bisogna fare i conti con il fattore altitudine…".In effetti non avevo considerato il fatto che, con i suoi 1308 metri sul livello del mare, Bonneville pone qualsiasi motore di fronte a una perdita di potenza pari al 13% a causa della rarefazione dell'aria. Tuttavia, la cosa non mi preoccupava più di tanto, visto che Matt vanta una conoscenza approfondita dell'argomento.Affinché il progetto prendesse forma, la Triumph Usa ci ha fornito una Thruxton Bonneville proveniente dal suo parco stampa. Dopo ore di duro lavoro e numerose prove al banco dinamometrico, Matt ha portato il motore dai 56 CV alla ruota iniziali fino a ben 102 CV! Ecco perché quando mi sono presentato all'appuntamento con Capri e il suo staff nei pressi del lago salato per la mia prima presa di contatto sia con la moto che con la pista, alla fine dell'agosto 2007, ero particolarmente emozionato, oltre che carico di aspettative. E pensare che doveva essere solo l'anno in cui fare esperienza… Si sente spesso dire che il Bonneville Salt Flats è un posto fuori dal mondo, qualcosa di extraterrestre ed è vero. Gli appassionati vi si recano all'alba, in modo da sfruttare l'aria fresca del mattino, con cui i motori hanno un rendimento migliore. Una volta percorsa l'autostrada che da Wendover, il paese più vicino, porta al lago salato, ci si ritrova immersi nel nulla, circondati da un paesaggio lunare dove il bianco del sale viene illuminato dalla luce rossa del sole che sorge. Tutto intorno non vi è traccia alcuna di acqua, animali, piante o rocce, e gli unici insetti presenti sono quelli attaccati al parabrezza delle automobili arrivate fin lì.Per raggiungere il paddock bisogna addentrarsi nel lago per circa 10 miglia. Esso è costituito da una moltitudine di motorhome e rimorchi di vario tipo, tutti orientati in modo da limitare l'esposizione ai raggi solari dal momento che, durante il giorno, quest'ultimi vengono riflessi dal sale e il calore si fa sentire. Pertanto è importante bere molta acqua e cospargersi di crema con elevato fattore di protezione, anche se per fortuna il tasso di umidità è piuttosto basso e il clima non è stancante, ma solo molto caldo.Presso il lago salato di Bonneville è possibile ammirare una grandissima varietà di motociclette. In pratica, non ce n'è mai una uguale all'altra. Naturalmente, la Harley-Davidson la fa da padrone, seguita a ruota dalla Triumph e dalla Suzuki, rappresentata in modo quasi univoco dal modello Hayabusa. Il resto è un campionario di quanto di più strano, ruspante e meraviglioso ci possa essere in tema di due ruote a motore. Il paddock di Bonneville è una sorta di paradiso per i fanatici della velocità e ogni giorno è possibile scovarvi qualche perla, magari ancora grezza, ma comunque degna di interesse. A partire dal 2004 e per merito di Denis Manning, grandissimo appassionato nonché artefice di alcune delle moto che a Bonneville hanno fatto registrare i record più importanti, i mezzi a due ruote hanno i propri Speed Trials, riconosciuti sia dalla AMA che dalla FIM, mentre prima dovevano dividere la scena con i mezzi a quattro ruote.All'interno del lago salato sono ricavati due rettilinei principali, entrambi larghi 27,5 metri. Il più lungo (denominato International Course) misura 17,7 Km ed è dedicato ai cosiddetti "streamliner", ovvero i mezzi più veloci con tanto di carenatura integrale. Le moto che non superano le 180 miglia orarie (i 288 Km/h) vengono fatte partire in corrispondenza del terzo miglio e hanno a disposizione due miglia di lancio, dopodiché ne viene misurata la velocità al quinto e sesto miglio. Quelle più veloci seguono la stessa procedura, solo che hanno a disposizione tre miglia in più per la fase di lancio. Il rettilineo più corto, o Mountain Course, offre invece un solo miglio di lancio, al termine del quale viene misurata una prima volta la velocità, mentre un ulteriore rilevamento viene effettuato in corrispondenza del secondo miglio. Al Mountain Course si può accedere con qualsiasi tipo di moto, così anche chi guida un modello di serie ha la possibilità di mettere le proprie ruote sul tracciato, un po' come avviene al Tourist Trophy dell'Isola di Man durante il Mad Sunday, solo che a Bonneville bisogna sborsare 115 dollari per godere di questo privilegio!Per ufficializzare la propria iscrizione all'evento, i partecipanti devono sobbarcarsi una lunga attesa in fila e questo è l'unico, inevitabile, aspetto negativo nell'altrimenti ottima organizzazione messa in piedi dai volontari della Southern California Timing Association (riconoscibili grazie alla maglietta rossa), senza i quali la manifestazione non avrebbe luogo. Una volta sbrigate le pratiche relative al pilota, poi, è il turno delle verifiche tecniche, che fortunatamente sono un po' più rapide rispetto alle prime.E' durante l'adempimento di queste formalità, tuttavia, che si ha l'impagabile occasione di incontrare i personaggi più incredibili, di ogni età e provenienza, sia uomini che donne. In effetti, è un po' come si vede nel film con Anthony Hopkins, che interpreta l'ultra sessantenne neozelandese Burt Munro impegnato nella conquista di un record a bordo della sua Indian. Munro non è comunque l'unica figura storica ad essere citata nel lungometraggio. Marty Dickerson è infatti un'altra leggenda vivente per le gesta che ha saputo portare a termine sul lago salato di Bonneville in sella alla sua Vincent e ritrovarselo accanto, alla veneranda età di ottantatré anni, fa rimpiangere il fatto di non aver avuto più tempo a disposizione per raccogliere la sua testimonianza. "Roger Donaldson (il regista del film, ndr) ha fatto davvero un ottimo lavoro. – ha detto Marty – Per la parte di Burt, poi, non poteva esserci attore più adatto di Anthony Hopkins, ma la cosa che mi ha veramente colpito è Walter Goggins, che nel film interpreta me. Quando l'ho visto ho detto: cavolo, sembra mio fratello gemello!". Per prendere confidenza con il lago salato, ho iniziato con qualche lancio di prova sul Mountain Course, cercando di capire come reagiva la moto. La prima volta che si affronta il lunghissimo rettilineo rimane impressa per sempre nella memoria. Il punto di partenza è talmente lontano dal paddock che sembra di essere su un altro pianeta…In attesa del proprio turno, ci si ripara dal caldo sotto i gazebo predisposti dall'organizzazione e, quando è il momento, si prende posizione al centro della pista, con lo sguardo rivolto verso lo starter. Quando quest'ultimo inizia a sventolare la bandiera verde descrivendo un "8" significa che la via è libera e, improvvisamente, ci si ritrova da soli con la propria moto e… il sale!Vedere davanti a sé quell'enorme distesa bianca dà senza dubbio una sensazione mai provata prima a bordo di una moto e la bravura del pilota sta proprio nel riuscire a fissare l'orizzonte senza perdere il senso dell'orientamento. A tale scopo, lungo il percorso sono posizionate delle bandiere di colore diverso che individuano i vari traguardi intermedi. Le bandiere rosse, ad esempio, sono posizionate in corrispondenza del quarto di miglio, mentre quelle gialle indicano il superamento del primo. Anche se a prima vista può sembrare una cosa facile, in realtà non lo è affatto, come dimostra la caduta del concorrente partito prima di me. Arrivato all'altezza del primo miglio, la sua moto ha iniziato a sbandare, forse a causa di un tratto di sale meno compatto rispetto al resto del tracciato… Fortunatamente, la sua disavventura si è risolta senza conseguenze, ma in effetti Capri mi aveva messo in guardia a tal proposito: "Devi rimanere sul lato destro, dove la superficie è più liscia e qualsiasi cosa ti succeda, non chiudere mai di colpo il gas! Piuttosto alleggerisci l'apertura, ma assicura sempre alla ruota posteriore la dovuta motricità, altrimenti sono guai..." Ok, ricevuto Matt. Due minuti più tardi, il mio battesimo a Bonneville era compiuto e nonostante una costante oscillazione a bassa frequenza, la Triumph si è comportata discretamente, dando l'impressione di essere anche abbastanza veloce. Questo, almeno, è quanto lasciava intendere attraverso l'entusiasmante tonalità di scarico emessa dai due megafoni aperti... Al termine del primo lancio, Matt è venuto a prendermi con il suo pickup e, una volta rientrati al paddock, è arrivato il responso: 134 miglia orarie (circa 215 Km/h). "Non è male come primo tentativo, ma te la sei presa un po' troppo comoda in partenza e poi non hai sfruttato tutti i giri a disposizione. – ha detto Matt – La prossima volta vedi di spingere di più, questo motore è a prova di bomba, perciò non devi preoccuparti: ama girare in alto!".In effetti, a trarmi in inganno era stato il contagiri originale Triumph, che oltre a indicare 500 giri in meno rispetto all'effettivo regime di rotazione, ha la zona rossa posta a 7500 giri, mentre io pensavo fosse a 9500!Matt ha poi smontato le candele per controllare la carburazione, motivo per cui anziché tornare direttamente verso il paddock avevo aspettato che venisse a prendermi con il suo pickup, e al termine della verifica ha commentato: "Ci siamo quasi, ma è ancora un po' grassa". Così, dopo aver sostituito i getti con altri più piccoli, mi ha "rispedito" in pista per un altro lancio. Stavolta ho eseguito alla lettera tutti ciò che mi era stato detto di fare, arrivando davanti alla fotocellula con il motore in quinta a 8200 giri, e per la gioia di Capri il responso è stato di 141 miglia all'ora (circa 225 Km/h)."Ok, ci stiamo muovendo nella direzione giusta, ma adesso voglio che provi a sfruttare il motore fino all'ultimo giro utile. – ha commentato Matt – Devi partire come se fosse una gara di accelerazione, raggiungendo il limitatore in ogni marcia, visto che non hai molta strada a disposizione per raggiungere la velocità massima. Solo così possiamo capire se la rapportatura finale è quella corretta". Due ore più tardi ero di nuovo in pista per il mio terzo tentativo, solo che nel frattempo avevo completamente rimosso il fatto che il cambio della mia Bonneville avesse la prima rivolta verso il basso, come un comune modello stradale, anziché in alto, come la maggior parte delle moto da corsa. Risultato: al momento della partenza ho ingranato la seconda!Il problema è che, grazie alla gran coppia del bicilindrico Triumph, lo spunto è stato comunque buono, così appena l'ago del contagiri ha superato quota 8000 ho spinto la leva del cambio verso il basso, inserendo la prima... Ops!Fortunatamente, mi sono subito reso conto dell'errore e ho tirato la frizione giusto in tempo per rimettere a posto le cose, anche se ormai la prova era compromessa. All'altezza del primo miglio, infatti, non avevo ancora inserito la quinta, ma nonostante ciò sono comunque transitato a 144 miglia all'ora (oltre 230 Km/h).Quando Matt è venuto a prendermi non ha detto una parola, bastava guardarlo in faccia per capire il suo disappunto. Tuttavia, quando lo stesso Capri ha visto il risultato della prova si è subito rilassato, riconoscendo che una velocità del genere non era affatto male… in quarta marcia! Al di là di questa piccola disavventura, dunque, avevamo la conferma che il record era effettivamente alla nostra portata.A complicarci la vita, però, l'indomani è arrivato il maltempo. Mentre ci preparavamo per il primo lancio sull'International Course, infatti, è arrivato un forte temporale. Il fatto è che il sale conduce l'elettricità e, in presenza di fulmini, c'è il rischio di rimanere folgorati se non si ha l'accortezza di indossare scarpe con una spessa suola in gomma! Per questo motivo l'attività sul lago è stata prima sospesa, in attesa che la perturbazione si dileguasse, e poi definitivamente annullata.Il mattino successivo, invece, in cielo non c'era nemmeno una nuvola e per di più abbiamo avuto l'onore di essere i primi a scendere in pista, visto che il programma era stato interrotto proprio un attimo prima che arrivasse il nostro turno. Meteorologicamente parlando, dunque, c'erano le condizioni ideali per gareggiare, fatta eccezione per un forte vento contrario.Stavolta ho cercato di starmene a una quindicina di metri dal bordo della pista, in modo da riuscire a procedere dritto, anche una volta sdraiato sul serbatoio, grazie alla visione periferica. Avendo a disposizione due miglia di lancio, non avevo particolari necessità a livello di accelerazione, ma nonostante questo mi sono concentrato sul cambio, inserendo una marcia dopo l'altra esattamente a 9500 giri indicati. In questo modo, sono transitato davanti alla fotocellula del secondo miglio in quinta marcia, con l'ago del contagiri a circa 9000 giri, anche se quest'ultimo oscillava in un range di circa 300 giri a causa del pattinamento della ruota posteriore dovuto alla pioggia caduta il giorno precedente. In corrispondenza del sesto miglio, però, una forte folata di vento mi ha fatto "perdere" 500 giri. Ciononostante, quando Matt è venuto a prendermi ero abbastanza ottimista circa il risultato, invece il responso è stato nuovamente di 144 miglia all'ora, pur se con 15 miglia all'ora di vento contrario. A quel punto, Capri ha deciso che era il caso di utilizzare una benzina ad alto numero di ottano, regolarmente in vendita all'interno del circuito, che in teoria avrebbe dovuto far guadagnare al bicilindrico Triumph una piccola percentuale di potenza in più. Un'ora più tardi ero di nuovo in pista. Insieme a me, ad aspettare il proprio turno c'erano molti altri partecipanti, tutti ormai consapevoli del fatto che, dopo la pioggia del giorno precedente, le condizioni del tracciato erano peggiorate. Io stesso l'ho potuto appurare quando, tra il secondo e terzo miglio, mi sono ritrovato con il contagiri impazzito e la moto che ondeggiava paurosamente. Istintivamente ho alleggerito l'apertura del gas sperando che la situazione tornasse alla normalità, come in effetti è accaduto, ma quando l'ho spalancato di nuovo le oscillazioni sono tornate a farsi sentire, così ho provato a tenere il freno posteriore leggermente premuto e le cose, fortunatamente, sono migliorate. Alla fine, la punta massima è stata di 145 miglia orarie, dunque la migliore registrata fino a quel momento, pur con un piede sul freno…"Ho io la soluzione ai nostri problemi!" ha esclamato Matt prima di sparire dietro al rimorchio che utilizzavamo come base d'appoggio, per poi tornare indietro con un pneumatico posteriore da bagnato… Il mattino seguente, dunque, ci siamo schierati per un altro tentativo, stavolta caratterizzato da condizioni atmosferiche perfette. Grazie alla maggior aderenza offerta dalla ruota posteriore, ho potuto tirare le prime tre marce fino a 9000 giri, insistendo fino a 9500 in quarta, dopo di che mi sono concentrato unicamente nel mantenere la posizione più aerodinamica possibile. A tal fine, avevo addirittura rimosso gli slider dalla tuta.Tra il quinto e il sesto miglio è importante procedere perfettamente paralleli al tracciato, altrimenti si percorre più strada e la velocità che ne risulta è inferiore, mentre una volta superata anche l'ultima fotocellula si può iniziare a chiudere progressivamente il gas, facendo attenzione a non perdere il controllo della moto e spegnendo il motore prima di fermarsi, in modo da poter effettuare in seguito una lettura attendibile della carburazione.Come al solito, Matt è venuto a prendermi con il pickup per poi riportarmi al paddock. Al nostro rientro ci attendeva l'esito del rilevamento strumentale: 146 miglia all'ora (234 Km/h). Sempre meglio, dunque, ma ancora non abbastanza per guadagnare la qualificazione che ci avrebbe permesso di effettuare un ulteriore lancio nel senso di marcia inverso, beneficiando magari di un leggero vento a favore o di un tracciato in condizioni migliori. Qualificarsi rappresenta un obiettivo assai ambito per chi frequenta gli Speed Trials e Matt teneva molto a questa cosa. Siamo così arrivati al quinto giorno di permanenza sul lago salato di Bonneville: la nostra ultima chance. Quando sono arrivato nel paddock ho incontrato Chris Carr, ex pilota ufficiale Harley-Davidson nonché amico di vecchia data. Abbiamo iniziato a chiacchierare e, dopo avergli raccontato che eravamo a un passo dalla qualificazione ma che non l'avevamo ancora ottenuta, lui mi ha chiesto se durante i lanci mi sollevassi sulle pedane. "Veramente no, ma perché?" ho risposto. "Prova e basta!" è stata la sua pronta replica…Poco più tardi, tra il quarto e quinto miglio mettevo in pratica il consiglio di Chris, riuscendo ad arrivare fino a 9100 giri in quinta, vale a dire circa 300 giri in più rispetto al precedente tentativo. Risultato: 147 miglia all'ora (236,5 Km/h) e qualificazione ottenuta!Nel lancio di ritorno speravo proprio di riuscire a superare il record della Kawasaki (154 miglia all'ora), o quanto meno di abbattere la barriera della 150 miglia all'ora. Con 148,632 mph, tuttavia, abbiamo dovuto rimandare di un anno questi due obiettivi. Del resto, avevamo detto che questo primo tentativo doveva servire per fare esperienza. Inoltre, considerando che la Triumph ha presentato la Bonneville nel 1958, iniziandone la produzione nel 1959, avevamo a disposizione ancora due ricorrenze cinquantenarie per celebrare la conquista del record!A un anno di distanza, infatti, siamo tornati a Bonneville e, per l'occasione, abbiamo messo in atto tutta una serie di provvedimenti utili al conseguimento del risultato che ci eravamo prefissi. Innanzitutto, la Pirelli ci ha messo a disposizione dei pneumatici specifici per il sale, mentre nel frattempo Matt aveva ulteriormente elaborato il motore Triumph, maggiorandone la cilindrata e curandone la messa a punto con numerose prove al banco.Sembrava davvero la volta buona, ma anche in questo caso non è filato tutto per il verso giusto. Il primo giorno, infatti, il motorino di avviamento ha dato forfait e, appurato che accendere a spinta un bicilindrico parallelo con un così elevato rapporto di compressione sulla superficie di un lago salato è praticamente impossibile, abbiamo cercato dei metodi alternativi. Alla fine, grazie a un sistema di rulli e alla bellissima Rolls-Royce Silver Dawn di Tom Mellor siamo riusciti a far partire la Bonnie!Il primo lancio non è stato comunque tra i più incoraggianti: solo 139 miglia orarie, con il motore che non andava oltre i 7200 giri. Ancora peggio è andata nel secondo tentativo, con 132 miglia orarie. Poi ci siamo accorti che i pneumatici Pirelli montati per l'occasione avevano una circonferenza di rotolamento superiore a quelli utilizzati nel 2007 e, quindi, allungavano di fatto la rapportatura finale. Il vero problema, però, era a livello di carburazione. Infatti, una volta installati dei getti più grossi, è venuto fuori un passaggio a 149,440 miglia all'ora, a un soffio dalla soglia che volevamo superare. Tuttavia, l'indomani il motore si è rotto definitivamente e l'avventura è finita lì, o almeno così sembrava… Messa da parte la Bonneville aspirata, infatti, Matt Capri ha potuto dedicarsi a una versione sovralimentata che aveva allestito per sé e con la quale è riuscito a stabilire un nuovo record di categoria con 161,288 miglia orarie, dopo essersi tra l'altro qualificato con un passaggio a ben 168 mph! Almeno una soddisfazione, dunque, ce l'eravamo tolta: battere un record AMA in sella a una Bonneville nel luogo che le ha dato il nome e per di più a cinquant'anni esatti da quando è stata presentata al pubblico.Il fatto è che il Salt Flats crea una sorta di dipendenza… Per questo, dodici mesi più tardi, eravamo di nuovo lì. Alcune novità regolamentari introdotte dalla FIM all'inizio del 2009, oltre all'opportunità di conquistare un altro record consacrando così anche il cinquantesimo anniversario dell'entrata in produzione del celebre modello Triumph, alla fine ci hanno spinto a tornare per il terzo anno consecutivo.Per l'occasione, Matt Capri aveva allestito la Bonnie tornando alla configurazione del 2007, quindi con una cilindrata leggermente inferiore, riuscendo comunque a far lievitare il valore della potenza massima alla ruota fino al tetto dei 110 CV a 8500 giri.Nonostante che ancora una volta le condizioni del tracciato non fossero ottimali a causa della pioggia caduta nei giorni precedenti, il grip offerto dai nostri Pirelli Diablo da bagnato si è comunque dimostrato all'altezza della situazione, suscitando addirittura l'attenzione e l'interesse di una leggenda vivente del motociclismo come Fritz Egli, 72 anni, che in quello stesso weekend ha stabilito un record a bordo della sua Hayabusa turbo in versione sidecar sfrecciando a 206,157 miglia orarie (331,7 Km/h)!In effetti, la scelta dei pneumatici si è rivelata fondamentale per i risultati che siamo andati a ottenere. Dopo un passo falso dovuto al cedimento di una valvola durante il secondo giorno di prove, che Matt ha prontamente risolto grazie a un intervento di fortuna, prima sono riuscito ad abbattere il muro delle 150 miglia all'ora e poi, il quarto giorno, ho finalmente effettuato un lancio in condizioni ideali, con l'ago del contagiri fisso sui 9100 giri in quinta e una punta massima di 153,150 mph! Con un rilevamento di 152,678 miglia all'ora nel passaggio di ritorno, il record ufficializzato è valso 152,770 mph. Missione compiuta, dunque: buon compleanno Bonnie…Visto poi che ero l'unico in possesso di licenza FIM, Capri mi ha chiesto di guidare anche la sua Bonneville turbo, con cui ho effettuato un primo passaggio a 155 mph, durante il quale avevo ancora in testa i parametri del motore aspirato, ma con un ritorno a ben 171,624 mph (276 Km/h)! Devo rivolgere un doveroso ringraziamento a Matt Capri e a tutto il suo staff. Basti pensare che, dal 2007 a oggi, la mia Bonneville ha percorso un totale di circa 50 Km rigorosamente a tutto gas. Pertanto, la soddisfazione al termine di questa esperienza è semplicemente indescrivibile, anche se Matt sta già pensando al 2010: "Sono convinto con la Bonneville turbo abbia un potenziale da 180 mph. Potremmo addirittura prevedere una carenatura per farla andare ancora più forte. Chissà, magari il prossimo anno riusciamo a entrare nel Club delle 200 miglia orarie…".
Articolo tratto da:

mercoledì 30 dicembre 2009

Il canto del cigno





Su Cesena Bikers a più riprese ho scritto della Moto2, ossia la neonata categoria che dal 2010 sostituirà la Classe 250 come "categoria cadetta" del Motomondiale. Senza dilungarmi in ulteriori considerazioni personali circa questo cambiamento "epocale" che di fatto ha come effetto quello di togliere dalla scena una classe storica che da sempre regala un grande spettacolo. Per questo motivo il 2009 passerà alla storia del motociclismo agonistico come l'anno che ha visto la fine di una categoria fondamentale. Per ragioni prevalentemente politiche, il GP della "Comunitat Valenciana" dell'8 novembre scorso è stato teatro dell'ultima gara della cosiddetta quarto di litro. Se ne va una delle classi più spettacolari e combattute della storia del motociclismo, dove i piloti privati avevano ancora qualche possibilità di mettersi in luce (vedi la vittoria di Mattia Pasini al Mugello). Come tale, la 250 ha sempre rappresentato un'ottima palestra per allevare futuri talenti, fin da quando è stato istituito il Campionato del Mondo di questa categoria, la bellezza di sessantuno anni fa, nel 1949. Indipendentemente da ciò che è riuscito a fare il giapponese Aoyama con una Honda "low budget", si può tranquillamente affermare che l'Aprilia ha dominato la 250 negli ultimi quindici anni, vincendo dieci titoli piloti su sedici e nove titoli costruttori a partire da quando un certo Max Biaggi si è aggiudicato il primo dei suoi quattro mondiali, nel 1994. Tra i successi della Casa di Noale nella classe 250 è compreso anche il titolo conquistato lo scorso anno dalla Gilera (alla vigilia del centenario del celebre marchio facente parte del Gruppo Piaggio) per mano del giovane Marco Simoncelli. La sua moto, infatti, altro non era che un'Aprilia RSA250 con il marchio dei due anelli sul serbatoio e sulla carenatura. La vittoria di SuperSic, com'è soprannominato il romagnolo dai buffi capelli ricci, gli ha fatto guadagnare fan non solo in Italia, ma in tutto il mondo e anche al di fuori dell'ambiente motociclistico. Come se non bastasse, nella stagione 2009, durante la quale ha cercato di confermare il titolo vinto l'anno precedente nonostante un infortunio al polso gli abbia fatto saltare la prima gara di campionato, Marco ha dato prova della sua bravura partecipando come wild card al campionato del mondo Superbike in sella alla Aprilia RSV4, in occasione del Gran Premio di Imola svoltosi a settembre. In Gara 2, Simoncelli si è addirittura concesso il lusso di battere il suo blasonato compagno di squadra Max Biaggi, andando a cogliere un ottimo terzo posto. Risultato che fa ben sperare per l'anno prossimo, quando Marco sarà impegnato in MotoGP alla guida della Honda RC212V del Team Gresini. Mi è sembrato quindi doveroso salutare questa categoria che ha fatto epoca, pubblicando sul mio blog la prova eseguita dal pilota inglese Alan Cathcart per la rivista 2 RUOTE della Gilera RSA di Marco Simoncelli, essendo questa moto la massima espressione e l'essenza stessa della 250:
La possibilità di poter guidare l'Aprilia-Gilera ufficiale di Simoncelli al Mugello, dunque, ha rappresentato una sorta di nostalgico addio a una tipologia di moto che entra di diritto tra le pietre miliari di questo sport. Normalmente, quando si sale su una 250 da Gran Premio, si è costretti a fare i conti con il poco spazio disponibile a bordo; tuttavia, non è questo il caso della RSA di Simoncelli, che in comune con Valentino Rossi non ha soltanto uno stile di guida versatile e spettacolare, ma anche una statura superiore alla media. Perciò, la Gilera di Marco offre una sistemazione che consente al pilota di muoversi con disinvoltura tra una curva e l'altra, oltre che di accucciarsi piuttosto bene dietro al cupolino nei rettilinei, in modo da assumere la posizione più aerodinamica possibile. A livello di comandi, di conseguenza, tutto si trova al posto giusto, a riprova della lunga esperienza maturata dal Reparto Corse Aprilia che ha trasformato questa moto in un perfetto strumento per vincere, personalizzabile a piacimento come un vestito su misura. I manubri, piuttosto bassi, offrono un'ottima leva, con gli avambracci che vanno a lambire naturalmente il profilo del serbatoio del carburante. Le pedane risultano molto arretrate, in modo tale da permettere a Marco di trovare spazio per le sue lunghe gambe. Per quanto compatta, quindi, la Gilera di Simoncelli risulta ben dimensionata. La strumentazione, uguale a quella della RSV4 da Superbike, è composta da un contagiri analogico e da un display digitale che indica tutta una serie di informazioni utili. Quelle più importanti sono senza dubbio la temperatura dell'acqua, che quando quella esterna è di circa 26° si mantiene tra i 55° e i 60°, e un semplice valore numerico, che può variare da 1 a 6 (e che durante il test indicava sempre 5), corrispondente al livello di controllo della trazione impostato. Marco lo utilizza sempre, come ha avuto modo di spiegare: "Selezionando il livello 6 c'è la possibilità che la ruota posteriore perda aderenza, mentre da 1 a 4 l'accelerazione ne risente troppo. In ogni caso si tratta di un sistema molto buono, che rende più facile la messa a punto della moto e che è stato impiegato con successo anche sulla Superbike!" Rispetto all'Aprilia 250 RSW campione del mondo con Manuel Poggiali nel 2003, ad esempio, la Gilera di Simoncelli colpisce soprattutto per il considerevole incremento in termini di coppia ai medi regimi che il Direttore Tecnico del Reparto Corse Aprilia, Gigi Dall'Igna, e il suo staff sono stati capaci di ottenere nel frattempo dal piccolo bicilindrico due tempi a V di 90°. L'unità bialbero a disco rotante denota infatti un'erogazione particolarmente brillante ma anche facile da gestire, associando una grande "sete" di giri a un temperamento perfettamente addomesticato. La spinta è pulita fin dai bassi regimi e, grazie alle valvole a doppia ghigliottina, il propulsore entra nella principale fascia di utilizzo in modo molto lineare. E' dai 9000 giri in poi, comunque, che il tiro si fa davvero interessante, con un ulteriore incremento verso i 10.000 cui fa seguito una progressione costante fino all'intervento del limitatore, posto a quota 13.500 giri. Grazie al comando del gas di tipo ride by wire, il limitatore non interviene in modo brusco, come su alcune moto a quattro tempi, ma impedisce semplicemente al motore di andare oltre. E' pur vero che, sei anni fa, la moto di Poggiali era capace di arrivare fino a 14.500 giri, ma i suddetti progressi a livello di coppia hanno fatto sì che non fosse più necessario raggiungere simili regimi di rotazione, deleteri per la durata dell'albero motore. Una volta rapportata la Gilera in modo corretto, grazie al cambio estraibile, è pertanto possibile sfruttare al meglio i suoi pastosi medi regimi (per gli standard della 250 GP), così da ottenere un'accelerazione ancora più efficace, oltre che impeccabile dal punto di vista qualitativo, senza dover spremere oltremisura il motore. E' questo il vero punto di forza della RSA di Simoncelli, al di là del valore di potenza massima, che non è certo inferiore a quello della Honda di Aoyama. Del resto, raggiungere la velocità massima prima degli altri, grazie a una moto che accelera più rapidamente, è fondamentale tanto quanto il valore della stessa punta massima. Nel caso della Gilera, a fare la differenza è la grande rapidità con cui il motore prende giri in seconda, terza e quarta marcia. Rimanendo con il gas spalancato e sfruttando l'azione del cambio elettronico, che permette di mettere le marce senza tirare la frizione, basta inserire i rapporti non appena i led verdi del contagiri iniziano a lampeggiare, vale a dire a 13.200 giri, o comunque non più tardi dell'accensione di quello rosso, che si illumina 100 giri prima del limitatore. Tra la quarta e la quinta marcia c'è una certa distanza, mentre la sesta risulta più ravvicinata a quest'ultima, com'è tipico dei motori a due tempi quando si ha a che fare con un circuito veloce come il Mugello. "La cosa migliore per andare forte – spiega Simoncelli – è mantenere il motore tra gli 11.000 e i 13.500 giri, in modo da sfruttare la massima potenza disponibile e ottenere la miglior accelerazione. Tuttavia, questo motore ha anche valide doti di elasticità e permette di rimediare facilmente a eventuali errori nella guida. Io posso ben dirlo, visto che ne commetto un sacco!" Per Marco non deve essere comunque facile sfruttare al meglio la velocità massima di una moto così piccola per la sua statura. Basta guardare i risultati del Gran Premio del Mugello di quest'anno per rendersene conto: Simoncelli non figurava neppure tra i primi dieci in fatto di velocità massima, staccato di ben 9 Km/h dall'Aprilia di Bautista, prima con 292 Km/h, e di 3 Km/h dall'altro pilota del Team Metis Gilera, Roberto Locatelli, senz'altro avvantaggiato da una corporatura più adatta alle dimensioni di una due e mezzo. Ad ogni modo, la RSA di Marco permette cose incredibili, come frenare al cartello dei 150 m al termine del rettilineo del Mugello, passare in rapida sequenza dalla sesta alla prima marcia, per poi scendere in piega con un gesto fulmineo e affrontare la curva della San Donato, destrorsa in salita, all'uscita della quale si può inserire la seconda con il gas spalancato senza avvertire la minima incertezza da parte del cambio, come viceversa accade su altre moto. In quel tratto, inoltre, emerge la grande potenza dell'impianto frenante Brembo anteriore che, pur con i suoi piccoli dischi da 255 mm (vantaggiosi ai fini della maneggevolezza trattandosi di masse in rotazione), consente di staccare in ritardo e fin dentro la curva, offrendo comunque una piacevole sensazione di controllo. Insomma, la 250 si dimostra un mezzo estremamente efficace, oltre che molto divertente, il cui potenziale è in gran parte affidato all'abilità del pilota. Allo stesso modo, il pacchetto ciclistico della RSA consente di destreggiarsi con estrema agilità nelle varianti, ferma restando la stabilità nei veloci curvoni in appoggio e la precisione direzionale. Indipendentemente dalle fasi di frenata, ingresso in curva e accelerazione, infatti, la Gilera di Simoncelli denota un comportamento sempre prevedibile e mantiene in modo fedele la traiettoria impostata. Anche nelle chicane più strette, dunque, è possibile superare i 9.000-10.000 giri senza sentire la moto che allarga in uscita, così com'è difficile che si scomponga nelle frenate più impegnative. Nonostante il bilanciamento statico dei pesi preveda il 55% della massa sulla ruota anteriore e il 45% su quella posteriore, infatti, il retrotreno della Gilera non si solleva facilmente in staccata, visto che con il pilota a bordo la ripartizione è equamente distribuita tra i due assi. Al di là del motore, comunque, anche il comportamento della ciclistica risulta "amichevole", a cominciare dalle sospensioni Öhlins, che trasmettono un ottimo feedback, e proseguendo con i pneumatici Dunlop, particolarmente validi in termini di grip oltre che costanti nel rendimento. Grazie al loro contributo è possibile concentrarsi unicamente sulle caratteristiche della RSA, cercando di guidare sempre più forte. Pur trattandosi di una moto da corsa, infatti, la Gilera 250 trasmette la sicurezza necessaria per andare in cerca del limite ed esegue alla lettera i comandi impartiti dal pilota. Del resto, è proprio questo il punto di forza di una 250 da Gran Premio, ciò che la rende così seducente. Una volta acquisita l'esperienza necessaria per portare a un certo livello questo tipo di moto, si ottengono in cambio sensazioni uniche, che ti fanno sentire padrone della situazione. La quarto di litro è infatti veloce quanto basta pur senza mettere in soggezione, sterza come se avesse il pilota automatico e non richiede un eccessivo impegno fisico. Trascorrere del tempo sopra la Gilera di Simoncelli crea una sorta di dipendenza. Giro dopo giro, ci si ritrova ad affinare la propria tecnica di guida, disegnando traiettorie sempre più pulite, frenando qualche metro dopo e cercando di accelerare qualche attimo prima grazie anche al prezioso supporto del controllo elettronico della trazione. Ciò accade perché è la RSA a soddisfare le esigenze del pilota e non il contrario, come accade viceversa con le più potenti e pesanti MotoGP a quattro tempi. La cosa ancora più importante, poi, è che con la 250 non viene mai meno la perfetta connessione tra il comando del gas e la ruota posteriore. Pertanto, riuscire a mantenere il motore nel suo range ottimale e sfruttare al meglio la rapportatura del cambio equivale a sentirsi un tutt'uno con la moto. Solo i Supermono a quattro tempi sono altrettanto intuitivi e coinvolgenti nella guida, pur se meno veloci, mentre non lo saranno di certo le ben più pesanti Moto2… E' dunque un vero peccato dover dire addio a una categoria così affascinante e spettacolare, oltre che oggetto di profonda affezione da parte di numerosi piloti, dei quali Simoncelli è degno rappresentante. Se a inizio stagione non si fosse rotto il polso mentre si allenava con la moto da fuoristrada, infatti, Marco avrebbe probabilmente festeggiato il suo secondo titolo consecutivo in occasione di quello che, nella storia del Motomondiale, passerà comunque agli annali come l'ultimo atto della quarto di litro. La fine di un'era…
Info by:
http://www.motonline.com/prove/articolo.cfm?codice=214243

martedì 29 dicembre 2009

DUCATI 900 MHR & 1000 MHR













Le moto prodotte a Borgo Panigale, hanno trovato ampio spazio sul blog Cesena Bikers sin dalla nascita di quest'ultimo. Il grande amore, provato per le bicilindriche italiane (specie se raffreddate ad aria), siano esse Moto Guzzi o Ducati non è infatti mai stato celato da chi stà scrivendo. Proprio in questi giorni, parlavo della moto in questione con il mio amico Max Magnani. Caparbio e strettamente ancorato alle sue idee, è grandissimo appassionato di Ducati e, come già scritto in un post precedente, creatore di una spettacolare versione della Sport Classic, ispirata proprio alla moto che nel 1978 ha trionfato sull'Isola di Man con in sella Mike the Bike e alle altre cavalcature bolognesi che negli anni settanta hanno dato grande lustro alla Casa felsinea. Da questa conversazione ho tratto lo spunto per pubblicare l'articolo che state leggendo, scrivendo di una delle più belle motociclette che siano state prodotte all'inizio degli anni ottanta. La Ducati MHR (acronimo di Mike Hailwood Replica) è un modello di motocicletta prodotto dalla casa bolognese Ducati dal 1979 al 1986. Presentata al Salone di Londra 1979, giusto un anno dopo la vittoria di Mike Hailwood al Tourist Trophy (categoria TT F1) in sella a una 900 SS nata dalla collaborazione tra Ducati e NCR: la moto venne preparata da Steve Wynne della Sport Motorcycles sia nel motore che nella ciclistica, con modifiche al telaio e ammortizzatori Girling. La moto quindi di base una 900ss NCR, presentava diversi interneti fatti dalla Ducati. Il campione britannico, in sella alla moto italiana vinse a sorpresa, battendo le potenti spécial di produzione giapponese. La "MHR" riprende dal mezzo vittorioso sul Mountain Circuit la colorazione bianco-rosso-verde tratta non dalla livrea del nostro tricolore (come in moltissimi pensarono) ma da quella della Castrol, fornitore dei lubrificanti e sponsor storico del campione britannico (la moto infatti era colorata esattamente come una "latta" d'olio Castrol). La moto, palesemente votata ad un pubblico sportivo (non era neppur dotata di avviamento elettrico), venne ideata e creata per lo "zoccolo duro" dei Ducatisti, desiderosi di possedere una race-replica. La 900 "MHR" fu quindi la madre delle attuali"superbike replica" che ancora oggi fanno impazzire gli appassionati. Imponente e maestosa, era la vera moto per veri bikers. La meccanica è derivata da quella della 900 SS: un bicilindrico a V di 863,9 cc monoalbero coppie coniche con distribuzione desmodromica da 72 CV, alimentato da due carburatori Dell'Orto PHM 40, con cambio a cinque rapporti. Per quanto riguarda la componentistica, sono stati utilizzati prodotti di elevata qualità: strumentazioni Nippo Denso (poi riproposta sulla Darmah) sospensioni Marzocchi, freni (due dischi davanti e uno dietro) Brembo, cerchi in lega Speedline, scarichi Silentium. Dopo una prima serie limitata a 300 esemplari, nel 1980 arrivò una seconda versione, dotata di un nuovo serbatoio più capiente (da 24 litri anziché da 18), carena in due parti e cerchi in magnesio FPS. Nel 1981 fu presentata la seconda serie della MHR, restilizzata (ora vi sono due fianchetti a coprire la batteria) e con varie modifiche al motore (nuove sedi valvole e nuovi innesti del cambio). Il 1983 vide l'introduzione dell'avviamento elettrico, una nuova frizione a secco con comando idraulico e un nuovo telaio, più lungo, alto e pesante, preso dalla 900 S2. Nel 1984 fu presentata la MHR Mille, il cui motore era stato maggiorato a 973 cc, con le seguenti modifiche rispetto al 900: si passò dall'albero composito tipico di tutte le coppie coniche precedenti, all'albero monolitico come la Pantah. Inoltre erano completamente diversi i carter esterni (tornati ad essere belli dopo la parentesi carter-quadri) e parecchie cose del basamento che venne finalmente dotato di un'avviamento elettrico efficace e di un filtro dell'olio in posizione diversa e meglio incluso nel circuito di lubrificazione. In seguito al cambio di gestione in Ducati (passata dalle mani dell'EFIM a quelle della Cagiva), si decise di puntare tutto sulla nuova 750 F1, facendo uscire di scena la MHR nel 1986, dopo 7.169 esemplari (6.058 "900" e 1.111 "Mille").

Caratteristiche tecniche della 900 MHR:
MOTORE
Tipo: 4 tempi, bicilindrico a V di 90°
Alesaggio e Corsa: 86 x 74,4 mm
Cilindrata: 863,9 cc
Rapporto di compressione: 9,5:1
Distribuzione: Desmodromica a camme in testa comandata da coppie coniche
Raffreddamento: Ad aria
Carburatore: Due carburatori Dell'Orto PHM con diffusore da 40 mm
Cambio: Cinque marce
Trasmissione primaria: A ingranaggi
Trasmissione secondaria: A catena
Frizione: A dischi multipli a secco
CICLISTICA
Telaio: Tubolare in acciaio a doppia culla aperta
Sospensione anteriore: Forcella teleidraulica Ø 38 mm
Sospensione posteriore: A forcellone oscillante, ammortizzatori idraulici a doppio effetto e molle concentriche regolabili
Freno anteriore: A doppio disco Ø 280 mm
Freno posteriore: A disco da Ø 280 mm
Pneumatico anteriore: 100/90 V 18
Pneumatico posteriore: 110/90 V 18
DIMENSIONI
Lunghezza: 2220 mm
Larghezza : 700 mm
Altezza: 1280 mm
Altezza sella : 750 mm
Interasse: 1500 mm
Peso a secco: 195 Kg
PRESTAZIONI
Potenza massima: 72 CV a 7000 giri/min
Coppia massima: 8,5 kgm a 5800 giri/min
Velocità massima: 220 km/h

Caratteristiche tecniche della 1000 MHR:
MOTORE
Tipo: 4 TEMPI, bicilindrico a V di 90°
Raffreddamento: aria
Cilindrata: 973 cc (Alesaggio 88 x Corsa 80 mm)
Distribuzione: Desmodromica monoalbero a coppie coniche
Alimentazione: Due carburatori Dell'Orto PHM 40 B
Frizione: Multidisco a secco
Cambio: Sequenziale a 5 marce (sempre in presa) con comando a pedale
Accensione: Elettronica
Trasmissione: Primaria a ingranaggi; secondaria a catena
Avviamento: Elettrico
CICLISTICA
Telaio: Tubolare doppia culla aperta
Sospensione anteriore: Forcella telescopica, ø 38 mm
Sospensione Posteriori: Forcellone oscillante e due ammortizzatori telescopici
Freno anteriore: Doppio disco ø 280 mm
Freno posteriore: Disco ø 280 mm
Pneumatico anteriore: 100/90-18"
Pneumatico posteriore: 130/80-18"
DIMENSIONI
Lunghezza: 2220 mm
Larghezza: 700 mm
Altezza: 1250 mm
Altezza sella: 840 mm
Interasse: 1500 mm
Peso a vuoto: 198 kg
Capacità serbatoio: 24 litri
PRESTAZIONI
Potenza: 83 CV a 7500 giri/min (all'albero)
Velocità massima: 214 km/h

N.B.
Ringrazio Sauro del blog amico SUPERPANTAH per le importanti precisazioni che ha fatto riguardo a questo post. Tutte le correzioni da lui suggerite sono state immediatamente riportate.

domenica 27 dicembre 2009

Felpa 2010 (n.1)

























Cesena Bikers è orgoglioso di pubblicare le foto della sua prima felpa appartenente alla "collezione 2010". Dopo il successo ottenuto con quella del 2009 per questo nuovo anno abbiamo deciso di fare le cose in grande. Innanzi tutto la scelta è caduta sulla stampa "floccata" (anzichè sul ricamo utilizzato l'anno passato), in maniera da avere una ampia gamma di colori senza dover ricorrere all'utilizzo di costosi impianti. La seconda peculiarità di questa nuova felpa (prima di un lunga serie) è l'elevato grado di personalizzazione. Nel 2009 infatti avevamo fatto le felpe a zip uguali per tutti: quest'anno a chi la desidera è data la possibilità di: scegliere tra un intero catalogo di felpe di vari colori, pesanti o leggere, con o senza cappuccio, a zip e non; fare applicare il proprio nome o soprannome sul punto cuore; fare applicare il marchio della motocicletta posseduta o amata (es. Ducati Corse, piuttosto che Honda HRC o Moto Guzzi e così via..) sulla manica destra. Ne è stata inoltre pensata una variante anche per le zavorrine, avente come peculirità l'applicazione di un peso stilizzato da 1 Kg, sulla manica destra, sotto al logo del marchio della moto. Per la realizzazione di questa nuova felpa è d'obbligo ringraziare il nostro grafico Maso che ha ridisegnato il nostro logo, affinandolo non poco rispetto quello che era in origine e il mitico Alberto di Loco & Co's di Cesena che la ha dato una forma concreta alla nostre idee. Per ogni info. in merito contattatemi.

La grande sfida






















In questo periodo festivo sono riuscito a trovare qualche minuto per connettermi ad internet alla ricerca di un vero e proprio "regalino" da pubblicare per i lettori di Cesena Bikers. Questa mattina, in pieno "cazzeggio" ho riguardato per l'ennesima volta la registrazione del bellissimo speciale mandato in onda da RAI 3 nel 2005: "SFIDE, aspettando Valentino Rossi". Come sempre sono rimasto incantato nell'osservare i vecchi filmati in bianco e nero (oppure dai colori a dir poco approssimativi..) che riguardano le sfide mozzafiato tra Mike Hailwood e Giacomo Agostini, Renzo Pasolini e poi tra quest'ultimo e Jarno Saarinen. Ispirato da questo bellissimo documentario mi sono messo alla ricerca di qualcosa che fosse inerente alla disputa che si era instaurata tra il grande "Ago" e il funambolico "Paso". Nel bellissimo sito, dedicato appunto al campione riminese, ho trovato questo bell'articolo nel quale viene spiegato con chiarezza il livello di rivalità che si era instaurata tra i due grandissimi piloti italiani. Rivalità che ad un certo punto ha visto i centauri sfidarsi (verbalmente..) con l'intenzione reciproca di competere in un vero e proprio duello in perfetto stile "old west". La sfida si fece talmente seria che dovette intervenire addirittura la Federazione Motociclistica Italiana per scongiurarne lo svogimento. Nei fatti, fortunatamente tutto decadde, lasciando comunque incompiuta questa diatriba, contribuendo così ad alimentare quell'alone di leggenda che caratterizzò le "dispute da bar" che quegli anni erano all'ordine del giorno su chi fosse più forte tra i due campioni "nostrani". L'Italia si sa è sempre stata un paese di dualismi: Nuvolari-Varzi; Coppi-Bartali; Agostini-Pasolini, fino al tormentone dei giorni nostri: Rossi-Biaggi. Ognuna di queste magiche rivalità ha sempre appassionato gli amanti dello sport e non solo, amplificando nell'immaginario collettivo la grandezza del vincitore di turno e la tenacia dello sconfitto mai domo. Rimando comunque tutte le vostre curiosità in merito a questo argomento, all'articolo che ho voluto pubblicare. Non mi resta che augurarvi una buona lettura.
Per saperne di più:
http://www.renzopasolini.com/

lunedì 21 dicembre 2009

AUGURI


Cesena Bikers augura di cuore a tutti i suoi lettori, amici e sostenitori di trascorrere delle BUONE FESTE..
Il Presidente Enrico Zani