mercoledì 22 dicembre 2010

Buon NATALE e Felice ANNO NUOVO












Cesena Bikers, augura con il cuore: buon Natale e felice Anno Nuovo a tutti i membri del club, a tutti i lettori del blog, agli amici, ai simpatizzanti del nostro gruppo, a coloro che hanno accettato/richiesto il nostro contatto su facebook e che tramite esso seguono le nostre avventure e, a tutti i blog (e ai loro blogger) amici. Un augurio particolare va agli OLD BOYS RUFFIO con il quale esiste molto più che un gemellaggio ma a legarci è una profonda amicizia; ai ROAD SPIRITS di Cesena (FC) e ai PRIMITVS BIKERS di Gambettola (FC). Cesena Bikers vuole inoltre ringraziare chi ha partecipato alle nostre uscite, al Motoraduno di Ruffio, al Motoaperitivo, alle cene e alle nostre varie iniziative, contribuendo a rendere anche il 2010 una grande annata di MOTOCICLISMO e PASSIONE.

martedì 21 dicembre 2010

750: la "Regina" dimenticata..































































































































































































Al giorno d'oggi, quando si parla del campionato mondiale Superbike, di quello Endurance, del Senior TT o comunque di tutte quelle competizioni riservate alle moto derivate dalla serie, la cilindrata che salta alla mente è una: 1000cc. Questo è infatti il limite massimo alla cubatura concesso alle moto con montano propulsori a quattro cilindri dal regolamento internazionale. Le due ultime stagioni hanno messo in evidenza, con le vittorie di Ben Spies in sella alla Yamaha R1e di Max Biaggi con la Aprilia RSV4, come questa configurazione sia attualmente quella vincente. Dato il regolamento attuale e considerando lo stato evolutivo dei propulsori, attualmente pare che il propulsore 4 cilindri di 1000cc sia vincente rispetto al suo “acerrimo rivale” ossia il bicilindrico da 1200cc. La storia del massimo campionato per le derivate della serie ci ha infatti sempre parlato di questa contrapposizione tra quattro e due cilindri. Da un lato c'è sempre stata la scuola nipponica, fedele al classico frazionamento a quattro, al quale tutte le “sorelle dagli occhi a mandorla” si sono da sempre standardizzate. Dall'altro lato della medaglia ad esse si è sempre contrapposta la scuola italiana, portata avanti (con immenso successo..) dalla Ducati e (con fortune alterne..) da Aprilia. Nel corso degli anni ci sono stati degli sviluppi e, questa regola che pareva assolutamente imprescindibile è stata infranta. E' quindi successo che alcune Case passassero dall'una all'altra architettura, andando a trovare il successo proprio nel momento in cui hanno “esplorato” quei terreni tecnici che non erano insiti nel loro DNA. La Honda nel 200 schierò una bicilindrica con la quale andò a sfidare la Ducati nel suo inviolato regno. La casa di Tokyo si tolse la soddisfazione di fregiarsi dell'iride nell'anno del debutto e nel 2002 con la mitica VTR 1000 (Sp1 e Sp2), al secolo RC51. Anni dopo fu l'Aprilia, Casa che aveva mosso i suoi primi passi in Superbike schierando una bicilindrica dalla alterna competitività, a passare al quattro cilindri, da sempre terreno di caccia per le case del Sol Levante, a conquistare il titolo iridato, in barba ai Giapponesi e alla teutonica BMW che è scesa in campo optando per questo indirizzo tecnico, investendo immensi capitali. Fino ad ora ho parlato unicamente di Marche e frazionamenti, tralasciando volutamente il discorso legato alla cilindrata in quanto ho ritenuto giusto, per far comprendere appieno il ragionamento che voglio affrontare con questo post, fosse giusto scrivere un preambolo con un po' di storia della categoria. Da quanto riportato si evince quindi che la vittoria nel campionato per le derivate dalla serie si è sempre giocata sul delicato equilibrio tra frazionamenti e cilindrate. Questo concetto è evidenziato dal fatto che nella sua esistenza il Campionato del Mondo Superbike ha visto per tre volte cambiare il suo regolamento tecnico la fine di rendere la lotta più equa possibile. Dal 1988 al 2002 la lotta era tra quattro cilindri da 750cc e bicilindriche da 1000cc; dal 2003 al 2007 la cilindrata massima per ogni tipo di configurazione era di 1000cc; dal 2008 ad oggi il limite è di 1000cc per le “quattro” e 1200cc per le “due”. Per i motociclisti dell'ultima generazione quindi, la tre quarti di litro è una cilindrata che non dice molto. Al contrario per chi come me è motociclisticamente parlando è figlio degli anni novanta, parlare di Superbike (o comunque di derivate dalla serie) equivale ancora a parlare di quella che in quegli anni fu la “classe regina”. La 750 ha visto la sua ascesa come cilindrata a partire dal 1984, quando la Federazione Internazionale allo scopo di limitare le prestazioni delle moto a quattro tempi derivate dalla serie impegnate nelle varie gare dell'epoca, impose questa cubatura come il limite massimo ammesso alle competizioni. In quegli anni e fino al 1987 esisteva un campionato per le moto derivate dalla produzione: il campionato Mondiale F1 ossia l'antesignano dell'attuale Superbike. Nei primi tempi le case nipponiche schierarono moto molto simili a quelle stradali (e quindi poco corsaiole) coma la Honda VF, la VFR 750-F o la Yamaha FZ. La grande svolta a questa tendenza avvenne nel 1985 quando la Suzuki lanciò sul mercato la splendida GSX-R750. La Casa di Hamamatsu, introducendo la “GIXXER” di fatto diede una spinta propulsiva al mondo della motocicletta. Da li in poi per gli smanettoni di tutto il mondo si aprì un vero e proprio giardino dell'eden colmo di novità fantastiche sfornate a ritmo serrato da tutte le Case. Fu così che nelle concessionarie arrivarono altre moto spettacolari come: la Kawasaki ZXR-750 “Stinger”, la Ducati 851 prima e 888 poi, le “esotiche” Yamaha FZR 750-R OW01 e ed Honda RC30 (entrambe da considerarsi lo stato dell'arte delle race-replica). Queste incredibili motociclette, con in sella piloti grandiosi come: Mick Grant, Wayne Rainey,Freddy Merkel, Fabrizio Pirovano, Raimond Roche, Doug Polen, Baldassarre Monti, Rob Phillis, infiammarono le gare su tutti i circuiti del mondo. Nella seconda metà degli anni ottanta e nei primi anni novanta esse furono le regine incontrastate delle corse. I cuori degli appassionati battevano come tamburi solo sentendole nominare. I ragazzini (come lo ero io al tempo) sbavavano sulle loro fotografie riportate sul mitico Motosprint, tanto che il mercoledì si passava dall'edicola per accaparrarsene una copia prima di entrare a scuola. Il settimanale veniva poi ovviamente tenuto aperto sotto al banco e durante le lezioni lo si sbirciava facendo attenzione a non essere “sgamati” dall'insegnate. A partire dal 1993 arrivò la seconda generazione di queste incredibili moto: la Suzuki lanciò la “GIXXER” raffreddata a liquidi al posto di quella precedente con raffreddamento misto aria/olio. La Kawasaki fece arrivare nelle concessionarie la meravigliosa ZXR-750 R con l'aspirazione forzata dell'aria; la Yamaha presentò la YZF 750 e la Honda tirò fuori dal cilindro la meravigliosa RC45. Nello stesso periodo la Casa di Tokyo volle meravigliare il mondo con quella che allora (e probabilmente anche adesso) fu la massima espressione della tecnica applicata al motociclismo: la NR750. Questa moto, riservata a pochissimi fortunati e facoltosi acquirenti fece storia a parte. Non arrivò mai sui campi di gara ma volle rappresentare una impressionante prova di forza da parte della Casa dell'ala dorata. Essa infatti vantava: pistoni ovali, due bielle per ogni pistone e 8 valvole per cilindro! Tutto questo “ben di Dio” venne messo sul mercato alla iperbolica cifra di ottanta milioni di vecchie lire! NR a parte tutte le altre si sfidarono in battaglie infuocate sulle piste di tutto il mondo con in sella una nuova generazione di piloti: Scott Russell, Aaron Slight, John Kocinski, Antony Gobert, Simon Crafar, Noriyuki Haga. Nonostante queste race-replica fossero l'evoluzione di quelle che le avevano precedute, esse riscossero meno successi in pista di quelle che le avevano precedute in quanto ebbero la “sfortuna” di scontrasi con l'arma definitiva made in Borgo Panigale ossia la Ducati 916. Questa grandiosa motocicletta, condotta da Carl Fogarty e da Troy Corser si impose con “paurosa” supremazia sulla concorrenza. Nonostante tutto però le 750 a quattro cilindri conquistarono comunque due allori: nel 1993 (quando ancora la 916 non c'era) fu la verde Kawasaki ZXR 750-R del team Muzzy's condotta dal biondo georgiano Scott Russell a vincere il titolo mondiale e nel 1997 si impose la Honda RC45 del team Castrol (Honda Britain) con i sella il “cavallo pazzo” dell'Arkansas John Kocinski. Il canto del cigno delle 750 in Superbike lo si ebbe con le ultime vittorie della nuova arrivata: la Yamaha YZF R7 OW02, con quelle delle Suzuki GSX-R SRAD e con quelle della ultima versione della Ninja 750 ossia la ZX7-R. A quei tempi il predominio dei bicilindrici era tanto evidente che addirittura la Honda, come detto in precedenza, decise di abbandonare il V4, da sempre suo cavallo di battaglia, per passare ad un V-twin da 1000cc. Se a partire dal 1998, con il vecchio regolamento in voga in Superbike per le 750cc in pista i successi si fecero sempre più sporadici, a livello di vendite, per quanto concerne le moto stradali, il declino delle race-replica da tre quarti di litro, iniziò ancora prima. Nei primi anni novanta infatti la Ducati, forte dei suoi innumerevoli successi in pista, andò a trovare un riscontro commerciale, con conseguenti numeri di vendite che sino a quel momento le erano stati del tutto sconosciuti. La Casa di Borgo Panigale si accaparrò una gran fetta di clienti che fino a qualche tempo prima “appartenevano” esclusivamente alle case nipponiche. Nel 1993 inoltre la Honda mise sul mercato la meravigliosa ed incredibile CBR 900 Fireblade. La moto aveva le dimensioni di una “settemmezzo”, pesava di meno e vantava più cavalli di tutta la concorrenza. Il tutto era unito al “family feeling” che solo le creature della Casa dell'ala dorata possono vantare. La CBR 900 Fireblade si dimostrò da subito la migliore quattro cilindri disponibile ai tempi sul mercato. Aveva un look da vera race-replica, amplificato dal bellissimo doppio faro in stile endurance, dalla carena traforata e dal cerchio anteriore da 16 pollici. Veniva proposta sul mercato ad un prezzo paragonabile a quello delle altre “settemezzo” come Kawasaki, Yamaha e Suzuki. Anche se, a differenza delle altre non vantava lo stesso legame con le competizioni, per via dei suoi contenuti tecnici, non impiegò molto a fare breccia nel cuore degli appassionati. La Honda con questa “mossa geniale” in pratica spazzò via la concorrenza che in quel dato momento storico era del tutto impreparata a trovarsi di fronte un competitor così incredibilmente forte. La scelta della Casa di Tokyo fu motivata dal fatto che allora aveva in listino la VFR750-F che era una sport tourer (e quindi era destinata ad una clientela differente) e che la sua Superbike replica era la RVF RC45 che essendo posta in vendita ad una cifra prossima ai quaranta milioni di lire (ossia il doppio del prezzo a cui venivano proposte le moto della concorrenza) non le garantiva volumi di vendita elevati. Alla Honda pensarono bene quindi di “estrarre dal suo cilindro magico” una moto con la quale si potesse dare un duro colpo alla concorrenza, andando a lavorare in un settore del mercato ancora poco sfruttato e che lasciava intravvedere immense potenzialità. La CBR 900 Fireblade oltre che a decretare la fine delle vendite delle 750 (e quindi la loro progressiva uscita di produzione), andò a prendersi anche il mercato delle 1000cc!! Ai tempi infatti le Case avevano in listino delle moto da 1000 o 1100 cc, ma esse erano viste come delle “ammiraglie” e non come moto sportive. La Kawasaki produceva la ZZR 1100, la Suzuki la GIXXER 1100, la Honda stessa aveva in listino la CBR 1000 e la Yamaha la FZR 1000 Exup. Honda e Kawasaki erano due “siluri” terra aria ma avevano la stessa agilità tra le curve di un “cancello da giardino pubblico”. La GIXXER 1100 era un po' più guidabile ma il suo peso era comunque troppo elevato per una sportiva. La Yamaha 1000 Exup era di tutto il lotto quella più racing. Era comunque inferiore alla Fireblade come guidabilità. Il propulsore della FZR era però superiore a quello della CBR. Fu proprio da questo elemento che la casa di Iwata partì per dare la propria risposta alla grande rivale di Tokyo, mettendo sul mercato la moto che aprì la nuova epoca del motociclismo: la YZF R1. Questa fu la definitiva fine della tre quarti di litro! Al giorno d'oggi le Case non credono più in questa cilindrata. Le uniche ad avere ancora in listino una “settemezzo” sono la Suzuki con la GSX-R750 oltre che con la nuova arrivata ossia la naked GSR 750 e la Kawasaki con la Z 750 (naked che da anni è tra le regine del mercato). Anche la Moto Guzzi crede in questa cubatura anche se la sua V7, in tutte le sue varianti, non è certo una moto sportiva e tanto meno una race-replica. Attualmente le moto da 750cc sono riconosciute come “il giusto compromesso” tra prestazioni e facilità di utilizzo sia su strada che in pista. La “settemmezzo” nonostante questo, da regina indiscussa è divenuta una comprimaria. I tempi in cui “un motociclista si sentiva un vero uomo solo se cavalcava una tre quarti di litro” sono definitivamente tramontati. Oggi queste fantastiche moto che hanno segnato un'era, conservano il loro grande fascino solo agli occhi degli appassionati e di chi, come il sottoscritto ha viso con i propri occhi lo svolgersi della loro grande epopea. Il motociclismo ha visto la sua storia seguire il suo corso e come in ogni cosa c'è stata una “naturale evoluzione” qualche appassionato di questa storica cilindrata però fortunatamente esiste ancora! Questa estate, durante una uscita infrasettimanale, nel periodo di ferie a cavallo di ferragosto, sono andato, in sella alla mia Speed Triple, al Passo della Calla. In questa uscita ero accompagnato dalla “tesoriera” di Cesena Bikers ossia la Zamma, in sella alla sua Suzuki GSR 600. Salendo per il bellissimo passo che collega Santa Sofia a Stia, qualche chilometro prima del Corniolo, abbiamo visto davanti a noi un gruppetto composto da tre moto. Appena ci siamo avvicinati, guadagnando strada ho capito cosa avevamo davanti! Si trattava di una RC30 il cui pilota indossava una tuta con i colori HRC di metà anni ottanta (quella di Spencer, Roche, Haslam e Mamola per intenderci..) e aveva il casco bianco e rosso con la livrea di Fred Merkel. Davanti a lui c'era una ZXR 750-R il cui pilota in tuta verde indossava il mitico Shoei di Scott Russell. Ad aprire la fila c'era una YZF 750 con pilota in tuta Yamaha e casco Haga replica (prima serie). Abbiamo fatto un paio di curve insieme e poi li abbiamo sfilati. Giunti al passo, precisamente al mitico chiosco, abbiamo parcheggiato le nostre moto e abbiamo atteso l'arrivo di questi motociclisti. Una volta che anch'essi sono arrivati, immediatamente dopo che hanno parcheggiato le loro spettacolari motociclette , sono andato verso questo gruppetto per domandare se fossero usciti direttamente da un portale temporale che li aveva catapultati ai giorni nostri dagli anni ottanta! Questi simpaticissimi signori, tutti sulla cinquantina, tra di loro amici di vecchia data, provenienti dalla provincia di Ravenna, hanno iniziato a chiacchierare con noi. In sunto mi hanno detto che le loro moto sono state acquistate nuove tra il 1990 (la RC30) e il 1995 (la YZF) e che da allora le hanno sempre tenute. Nel giro di qualche istante mi sono accorto di quanto tutte e tre fossero talmente perfette da sembrare appena ritirate dalla concessionaria! Mi hanno spiegato che effettivamente le avevano portate a casa qualche giorno prima da una officina presso la quale le avevano fatte rimettere completamente per portarle all'antico splendore. Circa il loro abbigliamento “d'annata” mi hanno detto di averlo cercato appositamente, in modo da avere un “coordinato perfetto”. Quello che posso dire è che ai miei occhi quelle motociclette che tanto mi avevano fatto battere il cuore da ragazzino, tutte li in fila davanti a me, mantenevano lo stesso, immutato fascino di quando erano in listino e io, quattordicenne consumavo le riviste dove venivano messe alla prova. Per me le 750 race-replica sono tuttora stupende “regine dimenticate” di un'epoca grandiosa per il motociclismo, belle come nessuna moto attuale potrà mai essere!

giovedì 16 dicembre 2010

Motore 4 cilindri in quadrato ovvero: una discussione da motoclub..





































































Ieri sera si è tenuta una delle più belle cene di sempre al nostro motoclub "OLD BOYS RUFFIO". Come spesso avviene durante questi appuntamenti invernali si è iniziato a parlare di tecnica. La querelle della serata è stata posta dai mitici "Gorini Brothers" che si trovavano in disaccordo sulle caratteristiche tecniche di uno dei propulsori più incredibili che abbiamo mai solcato le piste del Motomondiale ossia: il quattro cilindri in quadrato che ha equipaggiato la Suzuki RG 500 Gamma. Le moto dotate di questo magnifico motore hanno vinto ben quattro campionati mondiali: 1976 e 1976 con in sella il grandissimo Barry Sheene, 1981 con Marco "Lucky" Lucchinelli e 1982 con Franco Uncini. Questo tipo di propulsore ha visto calare vertiginosamente la sua competitività a partire dal 1983 quando il 3 cilindri Honda e il potentissimo V4 Yamaha lo hanno di fatto relegato nelle posizioni di rincalzo. La Casa di Hamamatsu, per ritornare ai vertici delle classifiche, ha dovuto cambiare filosofia costruttiva e a passare ad un più moderno V4 adeguandosi a quello che dalla seconda metà degli anni ottanta sino al 2002 (anno in cui sono definitivamente scomparse le moto 500 a 2 tempi dal circus iridato dei GP), è stato lo schema unico a cui tutti si ispirati. Alcune eccezioni a questa "regola non scritta" si sono in realtà viste nel corso delle stagioni: il coraggioso tentativo della KR MODENAS di schierare ancora un 3 cilindri oltre all'esperimento dell'Aprilia a 2 cilindri. L'unica Casa che è riuscita a metter in pista moto abbastanza competitive anche se non equipaggiate con un V4 fu, manco a dirlo, la Honda che fece gareggiare oltre alla blasonata e plurititolata NSR 4 cilindri a V anche una bicilindrica. Va comunque precisato che dal 1984 sino al 2001 a fregiarsi dell'iride sono state solo moto con propulsori a quattro cilindri a V.
Come sopra detto, l'argomento che è stato sollevato da Gino e Adamo Gorini è stato un po' il leit motiv della serata in quanto l'uno sosteneva che i "quattro in quadrato" hanno due alberi motore, mentre l'altro sosteneva il contrario. Bene ho deciso di pubblicare questo post, dopo essermi documentato a dovere con lo scopo di capire chi aveva ragione e chi no e soprattutto per togliermi ogni dubbio che l'uno e l'altro, portando i propri argomenti e le proprie convinzioni mi avevano fatto sorgere. Preciso che nello specifico oltre alle moto da corsa, è stata portata come esempio la moto stradale ossia la mitica RG 500 Gamma, che a metà degli anni ottanta fece battere il cuore degli smanettoni come poche altre moto. Essa fu probabilmente una delle primissime race-replica e questo suo pedigree oltre che al suo grande blasone, la rendono ancora oggi ambitissima dai collezionisti. Il materiale fotografico postato oltre ai discorsi tecnici che ho trovato sui vari forum (spulciando sul web), ad essa si riferiscono:

1) 2 tempi, moto quasi da competizione. Ecco cos'è la Suzuki RG 500 Gamma, o semplicemente Gamma. Da questa moto sono partiti i sogni di tantissimi appassionati, perchè era praticamente una GP 500, senza modifiche, ma capace comunque di dare emozioni forti... molto forti. Il motore era un 4 cilindri 2 tempi a V di 498cc, con raffreddamento a liquido capace di erogare 95 CV a 9500 rpm e 71.3 Nm di coppia a 9000 rpm. Possono sembrare pochi, ma basti pensare all'erogazione esplosiva di un 2 tempi e tutto si chiarisce. La moto era alimentata da 4 carburatori Mikuni VM28SH tramite un sistema ideato dalla Suzuki (PEI). La moto ha un rapporto di compressione pari a 7:1 e aveva un alesaggio di 56mm e una corsa di 50,6mm (sottoquadro). La moto partiva solo grazie alla pedivella, quindi niente avviamento elettrico, e ha come trasmissione un cambio a 6 marce, con frizione multidisco a secco, e montava di serie i rapporti 40/16. La ciclistica della moto era pedò sottodimensionata alla potenza del motore, ma bastava comunque a divertirsi senza esagerare. All'anteriore troviamo una forcella telescopica regolabile nel precarico, mentre al posteriore un monoammortizzatore ad olio, anch'esso regolabile nel precarico, il tutto su un telaio doppio trave in alluminio. A frenare la moto spettava al doppio freno anteriore con pinza a 2 pistoncini e il posteriore con pinza a un pistoncino. Qui arriva la parte dolente, infatti la moto montava delle vere e proprie gommine, 110/90-16 anteriore e 120/90-17 al posteriore. Tutto sommato, il peso ridotto, di soli 154Kg davano alla moto un bel rapporto peso potenza oltre che ad una leggerezza unica. Questa moto è e sarà sempre il simbolo della potenza pura, che purtroppo sta via via diminuendo, visto il progressivo abbandono dei 2 tempi.

2) Motore Rg 500 Gamma:
Due tempi, quattro cilindri in quadrato raffreddato a liquido .
Ammissione a disco rotante.
Alimentazione a quattro carburatori a valvola piatta Mikuni VM 28 SS.
Cilindrata totale 498 c.c
Rapporto di compressione 7:1, potenza max 95 cv a 9500 giri, coppia max7,3 kgm a 9000 giri.
Questo motore non è da confondere con quello della Yamaha RD500 la quale monta un propulsore V4 totalmente diverso. Nulla a che vedere anche per la Honda NS 400 (3 cilindri).

3) Il motore a U è un motore a combustione interna, formato dall'unione a tandem di due motori in liena, viene definito motore in quadrato nel caso sia dato dall'unione in tandem di due motori bicilindrici in linea, ogni motore ha il proprio albero motore, uniti tramite ingranaggi o altro, mentre la variante a cilindri paralleli e del motore a cilindri convergenti è data da un motore a V con i cilindri paralleli con angolo pari a 0° nel primo caso, mentre nel secondo casi l'angolo sarà negativo. Questa configurazione a U è poco comune in quanto risulta più pesante di un equivalente motore a V, anche se il vantaggio principale dato dall'adozione della configurazione a U è dato dalla possibilità di utilizzare, nella sua costruzione le stesse parti dei motori in linea da cui deriva. Nella configurazione a cilindri paralleli questo motore riesce ad essere più compatto e leggero, ma richiede l'uso di una nuova biella a "Y" che risulta più difficile da progettare, inoltre in molti casi i cilindri vengono uniti tra loro in modo che formino un unico pezzo, il che permette di ridurre ulteriormente il costo e il peso. Un motore a U fu il 16 cilindri montato sulla Bugatti tipo 45. La Bugatti ne costruì solo due esemplari prima di cedere il progetto, in licenza, alla Duesemberg, negli Stati Uniti, che ne costruì altri 40 esemplari e in Francia alla Breguet. In entrambi i casi i motori erano pensati quali motori per l'aviazione. La Matra, intorno al 1974, realizzò un prototipo della Bagheera che montava un motore a U da 8 cilindri di 2,6 litri, realizzato unendo due motori a quattro cilindri della Simca 1000 Rally 2. Il collegamento dei due motori era ottenuto con l'utilizzo di una catena. A causa della crisi petrolifera di quegli anni la macchina non venne mai posta in produzione. In campo motociclistico, si ricordano il 4 cilindri in quadrato dell'inglese Ariel Square Four, costruito dal1931 al 1959, e i 2 tempi Suzuki (le RZ250, RG500 e RG500 Gamma da competizione e la RG 500 Gamma stradale) e Kawasaki.

Info by Wikipedia:

http://it.wikipedia.org/wiki/Motore_a_U


Con questo contributo, a questo punto possiamo definire chiusa la querelle. Restiamo in attesa della prossima "disputa tecnica" che, tra una risata e l'altra ci aiuterà a "svernare" e a far finalmente giungere la primavera dove poi, a parlare seriamente, saranno le nostre moto!!

martedì 14 dicembre 2010

100.000 visite!!!!












Domenica 03 gennaio 2010, quando Cesena Bikers raggiunse la quota di 50.000 visite, scrivevo: Questo è il più bel post col quale avrei potuto iniziare questo 2010!! Da allora è passato meno di un anno e con lo stesso orgoglio e lo stesso immenso piacere posso dire che il nostro blog ha raggiunto la quota di 100.000 visite! Questo 2010 è stato un anno molto pieno, durante il quale ho potuto scrivere poco ma nonostante questo, Voi lettori (e amici..) di Cesena Bikers, non avete voltato le spalle al blog. Avete anzi, saputo attendere anche delle settimane tra la pubblicazione di un post e quello successivo, dimostrando comprensione e fedeltà a queste pagine web in cui, seppure a modo mio, scrivo di motociclismo. E' per questo che voglio ringraziarVi tutti, rinnovando da parte mia l'impegno a continuare ad "imbrattare il web" con la stessa passione e dedizione di sempre, nella speranza di continuare a trasmettere, come in passato, qualche piccola emozione a chi decide di leggermi!
Il Presidente Enrico Zani

lunedì 13 dicembre 2010

Follia e Passione..
















Sabato mattina, mentre stavo uscendo con la moto dal cortile di casa, ho salutato un amico che stava scendendo dalla sua auto, parcheggiata davanti a casa mia, per entrare in un negozio a fare le compere di Natale. Mentre mi apprestavo a chiudere il cancello, mi si è avvicinato e dopo aver contraccambiato il mio saluto ha esordito dicendomi: "Certo che per uscire in moto oggi, devi avere una certa VENA DI FOLLIA!". L'allusione era legata al fatto che sebbene fosse una limpida e soleggiata giornata di fine autunno, la temperatura alle dieci del mattino era ancora piuttosto bassa. Il grande cancello elettrico, scricchiolando, si stava ancora chiudendo quando prontamente gli ho risposto: "Che ci sia una vena di follia che mi attraversa il corpo e arriva diretta al cervello, è fuori dubbio, altrimenti oggi sarei uscito in auto. Ricordati però bene una cosa: ogni vena parte sempre dal CUORE e il mio pompa una GRANDE PASSIONE!". Sono poi partito sorridente, incurante del freddo e soprattutto felice di essere in sella alla mia motocicletta!