Nelle foto, partendo dall'alto:
Barry Sheene (Suzuki 750cc), vincitore della gara; John Dodds (Yamaha 350cc), secondo al traguardo; Peter Williams (Norton JP 750cc "monocoque"), terzo classificato.
Clermont Ferrand 27 maggio 1973. Sulla carta, la gara di Formula 750, seconda prova del Trofeo, in programma sul pericoloso ed impegnativo tracciato transalpino, doveva essere più o meno una replica della riuscita 200 Miglia di Imola ma, nei fatti, non fu così. In prima battuta alla "Charade" ci fu una forte defezione da parte di tutti (o quasi) gli squadroni ufficiali che avevano preso parte alla gara imolese, nonostante gli organizzatori d'oltralpe dessero per certa la loro presenza. Nelle liste di iscrizione invece comparirono per lo più i nomi di piloti privati di nazionalità francese. Questo fece si che agli occhi del pubblico e degli addetti ai lavori la gara risultasse sin dall'inizio "sotto tono" rispetto alle premesse. Un altro punto a sfavore di questa manifestazione lo si dovette attribuire alle lacune del regolamento della Formula 750. Esso infatti concedeva alle moto di 350cc da GP, raffreddate ad acqua (purché prodotte in numero sufficiente per ottenere l'omologazione come moto di serie) di cimentarsi contro le 750 realmente derivate dalla produzione ordinaria. La vittoria di Don Emde alla Daytona 1972, in sella appunto ad una Yamaha 350cc a due tempi contro le grosse "settemmezzo" doveva essere un chiaro segnale che, così come era scritto il regolamento necessitava di essere rivisto, aumentando la cilindrata minima delle moto ammesse al via. In questo modo si sarebbe tolta di fatto la possibilità di schierare al via delle gare della Formula 750 delle 350cc a due tempi da GP. Il segnale arrivato dalla gara americana dell'anno precedente non fu invece accolto dalla Federazione e nel 1973 le cose restarono identiche all'anno precedente. Puntualmente quindi successe che una Yamaha 350cc, condotta dal fortissimo Jarno Saarinen mise a segno una storica doppietta: vittoria alla 200 Miglia di Daytona ed alla 200 Miglia di Imola. Ovviamente non si vuol metter in dubbio in questo articolo il fatto che Saarinen avesse un talento talmente fuori dal comune che con ogni probabilità avrebbe vinto anche con un mezzo differente entrambe le corse. Quanto scritto vuol solamente mettere in evidenza che a quel tempo, una 350 da GP poteva competere tranquillamente (quando non essere addirittura favorita..), con una 750 derivata dalla serie grazie al suo minor peso, al minor ingombro (tradotti quindi in una maggiore maneggevolezza) e al suo minor consumo. La Yamaha fu bravissima ad interpretare il regolamento e a comprenderne le lacune. Per un'azienda delle sue dimensioni, produrre il numero minimo di moto da corsa, necessario ad ottenete l'omologazione, non fu affatto un problema. Tornando alla gara di Clermont Ferrand va detto che la sopra citata lettura del regolamento, con il mero scopo di riempire la griglia di partenza da parte degli organizzatori, toccò un livello di farsa: furono infatti ammesse al via la Harley Davidson 350cc bicilindriche a due tempi da GP. Se da un lato la Casa di Iwata almeno aveva dalla sua il fatto di aver realmente prodotto un numero tale di moto 350cc da GP superiore a quello necessario da regolamento per ottenere l'omologazione come "derivata dalla serie", di certo la Aermacchi HD non si era neppure lontanamente avvicinata a quella cifra con le sue 350cc! Ultimo fattore a minare quella che sarebbe dovuta essere una "festa per il motociclismo" fu il fattore sicurezza del tracciato francese. La settimana precedente alla gara della Charade, alla Curva Grande del circuito di Monza morivano tragicamente Renzo Pasolini e Jarno Saarinen in un incidente la cui tragicità scosse notevolmente tutto l'ambiente del motociclismo. Questo drammatico avvenimento fece finalmente salire nella coscienza dei piloti la consapevolezza che in certi tracciati e in determinate condizione non si poteva correre! Allora infatti chi gareggiava, lo faceva troppo spesso a rischio della propria vita si circuiti insicuri. Allora era una tendenza comune tra gli organizzatori delle gare motociclistiche quella di dare molto poco peso alla vita di chi scendeva in pista! Ciò che si riteneva importante era il fattore risparmio sui costi di organizzazione e l’elemento propagandistico al fine di ottenere un forte richiamo del pubblico. Alla Charade la nuova consapevolezza da parte dei piloti, sfociò in una contestazione. La stessa è stata portata avanti da due piloti, delegati dagli altri nel far valere le proprie ragioni per il bene della categoria. Offerstand e Bourgeois, si sono fatti portavoce di 46 su 47 (Jacques Roca fu l’unico dissenziente) loro colleghi iscritti alla gara. Essi minacciarono gli organizzatori di fare in modo che nessuno scendessi in pista se non fossero state disposte molte più balle di paglia di quante già non ce ne fossero lungo il tracciato (e soprattutto nei punti giudicati più critici). Marcel Cornet, organizzatore dell’evento seppe però agire utilizzando tutta la sua furbizia: fece arrivare in tutta fretta un camion con cinquecento balle di paglia (ne erano state chieste almeno millecinquecento!!), facendole disporre dove indicato dai piloti. In questo modo incantò quelli meno tenaci e battaglieri, spezzando di fatto il fronte dei contestatori. Cornet, con astuzia speculò sulla passione dei piloti isolando di fatto Offerstand e Bourgeois. I primi a prendere le distanze dal fronte degli oppositori, furono i conduttori inglesi. Nei primi anni settanta, tra i piloti era infatti molto comune la mentalità che data la natura stessa del loro mestiere, i piloti “dovevano” rischiare, spesso più del dovuto proprio per “il fatto stesso di essere piloti”. A sposare in maniera particolare questa teoria erano i piloti britannici. Quelli che correvano sotto i colori della Union Jack infatti si formavano presso la “scuola del TT” e a differenza dei loro colleghi “continentali” avevano una visione molto più datata ed approssimativa del concetto di sicurezza dei circuiti. Un esempio tra tutti veniva offerto dal fortissimo Peter Williams che sosteneva con convinzione: “Un pilota di motociclette può dirsi tale solo se prende parte anche al TT!”. Cornet, forte di questa spaccatura che era riuscito a creare, addirittura riuscì a ribaltare la questione a proprio favore, proponendo per i due piloti per una squalifica a vita in quanto essi, persa la contestazione, provarono comunque a prendere il via della corsa, senza aver effettuato le qualifiche. L’abile francese, colse al balzo l’opportunità offertagli dal comportamento ingenuo di Offerstand e Bourgeois accusandoli di voler mettere a rischio l’incolumità degli altri piloti! Essi per paradosso passarono quindi dall’essere quelli che pretendevano maggior sicurezza a coloro che la minavano con il loro incauto comportamento! La Federazione non fu affatto tenera con questi piloti ed in un clima oramai avvelenato dalle troppe polemiche, inflisse ai due una squalifica di un biennio! Dopo aver illustrato ampiamente il clima che ha caratterizzato le fasi preliminari della manifestazione che, da festa del motociclismo si era trasformata in un vero e proprio incubo, torniamo alla cronaca della gara. Infatti, fortunatamente, una volta in pista, tutto ciò che aveva caratterizzato (ed avvelenato!) il pre-gara, passò in secondo piano e i riflettori tornarono su piloti e motociclette. Trentadue su quarantasette furono i piloti a prendere il via. Al primo passaggio in testa alla corsa passò John Dodds su Yamaha 350cc bicilindrica a due tempi. Subito tutto l’ambiente pensò di trovarsi di fronte ad un nuovo trionfo da parte di una “tre e mezzo” della Casa dei tre diapason ma, il pilota inglese veniva tallonato molto da vicino da Peter Williams su Norton 750 “monocoque”, da Barry Sheene e John Woods entrambi su Suzuki 750. Anche il nostro Gianfranco Bonera, in sella alla Triumph Trident 750 del Team di Bepi Koelliker seguiva da vicino l’alfiere della Yamaha. Rougerie in sella alla contestata Aermacchi H-D 350cc a due tempi tagliò il traguardo della prima tornata in settima posizione. Fino al sesto giro Dodds mantenne il comando della gara anche se Barry Sheene gli si fece sotto in maniera sensibile. Anche il transalpino Rougerie si mise in mostra con una rimonta sfrenata che lo vide arrivare in terza posizione, alle spalle del giovane pilota inglese. Il sogno di Rougerie si interruppe però qualche tornata dopo, quando cadde senza conseguenze per se stesso ma causando gravi danni alla motocicletta che non fu più nelle condizioni di poter riprendere le ostilità. Bonera nel frattempo occupava un’ottima quinta piazza che però gli sfuggi sul più bello quando alla sua Trident si svitò il bulloncino della leva del cambio costringendo il forte pilota italiano al ritiro. Dopo Imola, anche alla Charade l’accoppiata Bonera Triumph, fu costretta al ritiro da un guasto banale quanto decisivo. Alla fine della sesta tornata Sheene attaccò con decisione Dodds e prese il comando della gara. Giro dopo giro il pilota inglese della Suzuki seppe prendere sempre più distacco dal rivale in sella alla Yamaha potandolo ad oltre 42” alla fine della contesa. Il secondo posto per Dodds non fu affatto scontato in quanto Peter Williams e la sua spettacolare Norton iniziarono a recuperare secondi su secondi arrivando al traguardo con soli 16” di svantaggio. Barry Sheene si aggiudicò così la sua prima vittoria di livello assoluto nelle “grosse cilindrate”. La sua carriera sino a quel momento era stata caratterizzata da alti e bassi e nonostante la grande notorietà di cui già godeva, Barry non aveva ancora convinto appieno gli addetti ai lavori che non vedevano per lui (sbagliando grossolanamente ndr.) un futuro da “stella del motociclismo”. Questa affermazione segnò un decisivo punto di svolta per la carriera di Barry Sheene. Nel 1973, il pilota inglese si aggiudicò il Trofeo F.I.M. 750. Nei sette anni in cui si gareggiò in questa formula, Barry fu l'unico pilota a trionfare con una moto che non fosse una Yamaha. L'apice della sua carriera Sheene lo raggiunse con la conquista dei due titoli iridati consecutivi nella Classe 500 nel 1976 e nel 1977.
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