venerdì 6 marzo 2009

Mario Lega


















































































































































Nelle foto, partendo dal basso:
1) Mario Lega su Yamaha 250cc nel 1971.
2) Lega sempre su Yamaha, precede Kork Ballington, nel 1974.
3-4-5-6) Mario Lega su Morbidelli, anno 1977 e 1978.
7) Il campione del mondo del 1977, accanto a Pileri, posano vicino alla Morbidelli 250cc.
Segue breve biografia:
Nel post dedicato a Renzo Pasolini, ho dedicato una ampia parte al 20 maggio 1973. Come è ovvio che sia, nel cercare di descrivere (o forse è più corretto dire trascrivere, in quanto io quel giorno non ero neppure nato e mi sono basato, per cercare di riportare i fatti, sul materiale che ho trovato in rete..), la tragica caduta che costò la vita al campione riminese, ho tirato in ballo Mario Lega, in quanto egli fu forse l’unico testimone dell’accaduto (o comunque quello che vide meglio di tutti la dinamica dei fatti). Mi sembra quindi ora doveroso dedicare un post a questo romagnolo che è stato campione del mondo nella classe 250cc nell’anno 1977. Voglio però fare una piccola premessa circa questo campione del mondo, esaltandone in primo luogo le caratteristiche principali: l’umiltà e la passione. Mario Lega infatti è l’unico campione di motociclismo che io abbia mai sentito dire di se stesso che magari non era forte come Agostini o come altri, ma lui dava tutto e che “voleva competere”. A volte però gli riusciva anche di superarli quei mostri sacri. Questo discorso ci fa subito capire che tipo di personaggio sia Mario Lega. Si tratta di un motociclista vecchio stile, appartenente agli anni in cui le moto erano senza elettronica, agli anni delle gare sui circuiti stradali che da una parte avevano la roccia della montagna e dall’altra un burrone. Ai tempi i circuiti dedicati erano pochi e quelli che esistevano, erano comunque lontani anni luce dalla definizione odierna di “piste sicure”. Oggi, i piloti che hanno vissuto quella epopea del motociclismo raccontano che sugli “stradali”, in pieno rettilineo la gomma posteriore slittava a causa della polvere, dello sporco e delle sconnessioni del manto stradale. Lega tutt’ora sostiene che preferiva proprio quel tipo di circuiti perché erano simili al “passo del Muraglione”, strada sulla quale lui si allenava. Stiamo parlando di un motociclismo in cui ingaggi e sponsor erano una cosa riservata a pochissimi; i più infatti trovavano lo “sponsor” proprio nel loro lavoro, sfruttando ferie e permessi per i week-end di gara, anche perché ai tempi, in pochi riuscivano a vivere con le sole moto, era anzi indispensabile un “buon lavoro” o comunque un finanziatore per permettersi “tale passione”. Nato a Lugo di Romagna (la terra “de mutor”), il 20 febbraio del 1949, Lega è passato alla storia, per aver vinto il mondiale delle 250 con la Mordibelli nel 1977. Come riportato prima, Lega era uno di quei piloti che non essendo in un team “ufficiale”, hanno gareggiato nel mondiale sfruttando i permessi e le ferie della azienda in cui lavorava, nella fattispecie la S.I.P. (nella quale era assunto con la mansione di impiantista). Il padre di Lega, quando Mario era ancora un ragazzino, accettò controvoglia di iscriverlo alla “cadetti 60cc”. Questa decisione, seppur dolente, maturò comunque in casa Lega, in quanto i suoi genitori volevano assolutamente “toglierlo dalle strade” (dove Mario sfrecciava in sella ai motorini truccati insieme agli amici), consapevoli del fatto che la passione “scorreva fortissima nelle vene del figlio”. La prima gara della cadetti 60cc, venne organizzata a Riccione. Vi parteciparono quattro piloti e tra i questi Buscherini. Fu proprio Otello a convincere Mario Lega a correre in pista, abbandonando la strada. I due piloti si conobbero, al celebre passo del Muraglione (percorso da entrambi quasi quotidianamente). La leggenda vuole infatti che Otello sfruttasse le sue uscite sulla bella strada che collega la Romagna e la Toscana per sfidare, in sella alla sua “60cc”, altri centauri dotati di moto dalla cilindrata ben più alta, uscendone sempre vincitore e “riscuotendo” cifre considerevoli. Lo stesso Mario Lega, oggi afferma che fu proprio grazie queste sfide se acquistò la sua abilità per correre in circuiti stradali contornati da pareti rocciose e precipizi, proprio come il terribile circuito di Abbazia, nella Ex-Jugoslavia. I due grandi amici, corsero insieme con le Minarelli 60cc, dove Otello era la “prima guida” e Mario il giovane scudiero. In seguito Buscherini passò tra le file della Malanca, lasciando a Lega la sua moto “ufficiale”. Lega però faticò ad ottenere risultati di rilievo, non tanto per carenze a livello di guida del mezzo, bensì a causa della sua corporatura: Mario infatti con i suoi 60 Kg di peso era molto più massiccio del piccolo ed esile Otello che con i suoi 48 Kg era un vero e proprio fantino. La differenza di peso, su di una cilindrata esigua come le 60cc, con bassissime potenze si faceva avvertire parecchio, andando ad incidere ancor più delle doti di guida. Nel ’71 Lega fece il salto di qualità, passando a correre il Campionato Italiano Juniores nella categoria 250cc. L’amico Lorenzo Cricca gli procurò una delle 3 Yamaha 250cc appena arrivate dal Giappone! Vinse immediatamente la gara sul velocissimo circuito di Monza. L’ “invasione nipponica” del mercato europeo e dei campi di gara era appena all’inizio e quindi ancora ne il pubblico, ne i piloti erano ancora ben consci della superiorità delle moto giapponesi. La sua Yamaha si dimostrò talmente performante che i suoi avversari non la ritennero omologata e venne addirittura inscenato uno sciopero. Lega ancora oggi racconta delle proteste da parte degli altri piloti per le presunte irregolarità di quel mezzo e di come essi riuscirono a far intervenire i commissari con l’intento di dimostrare che la moto non fosse uguale a quella di serie. Per pura fortuna, Mario trovò fuori dal circuito uno spettatore svizzero che possedeva una moto di serie identica alla sua. In tutta fretta fornì a quest’uomo un “pass per il paddock”, facendolo entrare ai box. Fatto questo invitò i commissari ad eseguire le misurazioni del caso e tutte le comparazioni tra i due mezzi. Le moto, come era ovvio, risultarono identiche tra loro e la bella vittoria, ottenuta dal giovane pilota romagnolo venne quindi ufficializzata. La realtà dei fatti consiste nelle qualità di quel mezzo, che era un gradino sopra a tutte le altre moto. A fine anno Lega risultò essere il vincitore del campionato Juniores. L’anno successivo, fu promosso tra i Senior. Sempre Cricca gli procurò di nuovo una Yamaha 250cc a due tempi con raffreddamento ad aria. Lega in sella a questa motocicletta ottenne delle belle soddisfazioni. Su tutte fa spicco la pole position ottenuta nel Campionato Italiano sul circuito Modena (uno dei suoi preferiti..), dove fece registrare il miglior tempo in prova contro piloti del calibro di: Saarinen, Pasolini, Read,Grassetti e Villa. In gara però non ebbe fortuna, in quanto venne rallentato da una foratura. Quella prestazione però fece si che il grande pubblico si accorgesse di lui. Lega infatti con questa bella performance aveva messo in evidenza tutto il suo talento. Il 1973 fu l’anno del suo debutto nel Motomondiale sia nella 250cc (dove corse il GP di Jugoslavia e quello di Cecoslovacchia); in 500cc (nel GP di Cecoslovacchia) e in 350cc (nel GP delle Nazioni a Monza) sempre su Yamaha. In totale in quella stagione prese parte a 4 GP ottenendo un quarto e un decimo posto in 250cc; un settimo nella 500cc e un ottavo in 350cc. L’esordio fu quindi molto promettente anche in virtù del fatto che Lega come già scritto non era certo un pilota ufficiale e manteneva la sua passione per le corse grazie al suo lavoro e a qualche “piccolo sponsor”. Purtroppo però il 1973 rimase nella storia non per le sue belle prestazioni ma per i tristissimi avvenimenti che accaddero quella maledetta domenica 20 maggio sul tracciato di Monza. Da qui mi "riallaccio" al post pubblicato in precedenza su Renzo Pasolini. Il riminese infatti aveva disputato una gara sensazionale nella classe 350cc, in sella alla debuttante Aermacchi raffreddata ad acqua, ricuperando 11" da Agostini e riuscendo ad agguantarlo e superarlo quando, a quattro giri dal termine, un “dritto” alla curva parabolica causato da un grippaggio metteva fine alla certezza di una grande vittoria. Ancora teso per questo sforzo, ancora accaldato e contrariato, si era subito dopo ripresentato al via per l’immediatamente successiva partenza della classe 250, dove i suoi compiti sarebbero stati altrettanto difficili contro gli uomini Yamaha. Erano appena passate le 15, quando i piloti della quarto di litro si disposero sulla linea di partenza. Tra i concorrenti serpeggiava il malumore. In primo luogo i piloti, capeggiati da Giacomo Agostini, fecero notare la pericolosità con la quale guardrail costeggiavano minacciosamente il tracciato: vicinissimi al nastro d’asfalto e protetti in malo modo da una singola fila di balle di paglia, disposte a spina di pesce. Queste terribili lame, nel modo in cui erano installate, erano forse utili per la F1, ma erano assolutamente letali per i piloti di motociclette. In seconda battuta, il malcontento era alimentato dal fatto che proprio nella Curva Grande, e proprio in traiettoria, era stata effettuata una “toppa” per rimediare ad una asperità dell’asfalto. Tale “sistemazione” fu eseguita in maniera sommaria e quando le motociclette vi transitavano sopra, faceva si che esse innescassero, a causa del dislivello creatosi, delle vistose imbarcate. La Curva Grande si affrontava infatti in sesta piena a circa 24 km/h. Da ultimo, ma sicuramente non meno importante i piloti erano fortemente contrariati per quanto accaduto nella gara delle 350cc dove la Benelli di Walter Villa aveva sparso quasi due litri d’olio sulla pista, in gran parte lungo la Curva Grande. Proprio in quel tratto, negli ultimi giri, si sono registrarono paurose sbandate che hanno coinvolto molti concorrenti e che solo per miracolo non si tradussero in rovinose cadute. Villa e la sua scuderia, nonostante la moto fumasse come una ciminiera e spruzzasse olio, non sentirono il dovere di fermarsi, andando a caccia del quinto posto al traguardo. Finita la corsa alcuni piloti e giornalisti cercarono di segnalare agli organizzatori la situazione di pericolo. La risposta, però, fu tanto secca quanto assurda: non solo la richiesta non venne accolta, ma la delegazione venne addirittura minacciata d’arresto. I piloti cercarono allora di avvertire i colleghi. Jarno, che non prese il via nelle 350 (a causa del fatto che la sua domanda d’iscrizione alla corsa venne presentata fuori tempo massimo) venne informato dall’amico Teuvo Lansivuori. Il passaparola circa lo stato del circuito brianzolo raggiunse tutti i piloti tranne Renzo Pasolini. Renzo infatti restò all’oscuro proprio a causa del suo ritiro a tre giri dal termine della gara delle 350cc. Il pilota di Rimini infatti, una volta fermata la moto, si diresse contrariato al suo box, dove non ebbe alcun scambio di opinioni con i colleghi. Si arrivò alla partenza. Oggi la cosa può apparire tanto assurda quanto incredibile, ma la direzione di gara optò si non fare il giro di ricognizione. Se la procedura fosse stata rispettata a dovere, avrebbe dato modo ai piloti di rendersi conto dell’effettivo stato della pista. Il più lesto ad avviarsi (occorre ricordare che allora si partiva a spinta, col motore spento) fu il tedesco Dieter Braun (proprio colui che a causa della morte di Saarinen e di Pasolini divenne quell’anno Campione del Mondo della 250), che sfruttando le sue lunghe leve (Dieter è alto due metri) spinse la sua Yamaha numero 38 con più forza di tutti, e schizzò al comando. Dietro di lui, all’inseguimento si pongono Renzo e pochi metri più indietro Saarinen e Kanaya, quasi appaiati. Al via il Paso partì a razzo, col cuore gonfio di rabbia, con in corpo il furore e la determinazione a vincere davanti al suo pubblico, di vincere per la sua Squadra, di vincere per se stesso e per quel titolo mondiale che gli era sfuggito per un punto l’anno precedente. Paso oramai trentacinquenne sentiva di non potersi più permettere di lasciarsi scappare una ulteriore chance. Mario Lega, il bravo Campione di Lugo di Romagna, con la Yamaha numero 21 della Scuderia Diemme, appena al terzo Gp della carriera partì dalla seconda fila, e si trovava in quinta posizione appena dietro ai “battistrada” fu il testimone unico di quanto accadde veramente quel maledetto giorno. In seguito Braun affermò: “Sono partito bene e mi sono portato subito in testa. Sapevo dell’olio perchè avevo appena preso parte alla gara delle 350, dove avevo appunto rischiato diverse volte di cadere, ed in vari punti della pista proprio per quel motivo! Avevo dunque deciso di usare traiettorie diverse dal solito, visto che le chiazze d’olio erano tutte lungo la traiettoria ideale della pista, e di affrontare il Curvone in quinta anzichè in sesta, quindi a circa 200 Km/h invece che a 240. Forse a questo devo la vita”. Dieter ovviamente non si accorse di quanto avviene pochi metri dietro le sue spalle. Continuò a correre fino a che, ripassando al secondo giro sul luogo dell’incidente, capì cosa era accaduto attraversando un inferno di fuoco, di moto distrutte, di corpi riversi a terra, di piloti che scappavano in tutte le direzioni per mettersi in salvo. Spinto dall’abbrivio, e confuso dalla assoluta mancanza di segnalazioni da parte dei commissari di gara, si fermò, assieme a Mario Lega ed a Roberto Gallina, solo a metà del terzo giro! Braun imbocò dunque il Curvone in testa. Anche percorrendolo in quinta, aveva troppo vantaggio rispetto agli inseguitori. Qualche metro dietro di lui, all’improvviso, quasi a metà del Curvone stesso, la ruota anteriore della Aermacchi H-D numero 2 di Renzo Pasolini perse aderenza, scivolando quasi certamente su una macchia d’olio. Pasolini non potè fare nulla per evitare la caduta, e lui e la moto si infilarono di punta contro il guardrail. Pilota e moto sfondarono l’insignificante protezione fatta con le balle di paglia messa a copertura del guardrail, senza che la loro corsa venisse minimamente frenata. Cozzarono con un urto violentissimo contro la lama d’acciaio. Renzo picchiò contro il guardrail con il capo ed il viso (lo dimostrarono le sue ferite e lo stato del suo casco: il fatto che indossasse un jet invece di un integrale certo non lo aiutò) e morì pochi minuti dopo, a causa del tremendo urto. La sua moto, però, dopo l’urto contro il rigidissimo ostacolo si impennò, rimbalzò, e prense il volo e ritornando indietro verso la pista, “vomitando” dal serbatoio una cascata di miscela che istantaneamente prese fuoco e incendiò la paglia, proprio mentre stava sopraggiungendo Jarno, che venne investito in pieno dal bolide impazzito di Pasolini. Kanaya, che seguiva il suo caposquadra a meno di due metri, riuscì miracolosamente ad evitare Jarno (che stava volando in aria) e le due moto che carambolano sulla pista, passando appena all’interno, poi però chiuse troppo verso l’esterno, come ignorando la curva, forse colpito dai detriti che schizzavano in tutte le direzioni, urtò le balle di paglia, quindi ovviamente il guardrail e cadde a sua volta! Hideo Kanaya disse immediatamente dopo l’accaduto: “Subito prima della partenza Andersson venne ad informare me e Jarno che c’era molto olio in vari punti della pista. Sono partito bene e poco prima del curvone ero quasi appaiato a Jarno, mentre Renzo ci precedeva di pochissimo. Nell’impostare la curva eravamo uno dietro l’altro, quando improvvisamente ho visto la Aermacchi scivolare di sotto a Renzo, andando via con l’anteriore. Jarno non ha potuto far nulla ed è caduto, investito dalla moto di Pasolini rimbalzata in pista, mentre io sono riuscito a passare appena alla sua destra. Poi, però, mi sono allargato troppo a sinistra, verso il lato esterno della curva, sbattendo violentemente contro le balle di paglia che già avevano preso fuoco. Ho visto Jarno cadere a sinistra, in seguito però il suo corpo giaceva a pancia in giù sul lato destro della curva, cioè lungo il bordo interno. Sono tornato il giorno dopo sul luogo dell’incidente ed ho visto le tracce d’olio”. L’autopsia sul corpo di Saarinen mise infatti in evidenza che la morte non lo colpì subito dopo aver urtato la moto di Pisolini, ma venne ucciso dalle moto degli altri concorrenti che non poterono evitarlo. Appena due/tre metri dietro Kanaya c’era Mario Lega, ben più spostato però verso l’interno della pista, in una posizione unica e privilegiata che gli consentì non solo di vedere tutto, ma anche di attraversare quasi indenne (Mario venne colpito alla spalla sinistra da alcuni rottami vaganti) quell’inferno di fiamme, fumo e moto sventrate: come detto in precedenza, Lega fu appunto il testimone chiave dell’accaduto e le sue parole furono le più significative per far luce, per quanto possibile, su questo terribile incidente. Le immagini in bianco e nero inquadravano la pista desolatamente vuota. Chi era a casa, davanti alla televisione, faticò non poco a capire cosa fosse accaduto fino a quando anche Mario Poltronieri, rimasto fino a quel momento aggrappato a un irrazionale rivolo di ottimismo, non riescì più a trovare le parole. Il microfono del telecronista, sobrio e competente come sempre, restò improvvisamente muto: era il segno della resa. La gente capì e il dolore si impadronì di tutti. In quella maledetta domenica del 1973 la morte si prese quindi le giovani vite di Renzo Pasolini e di Jarno Saarinen. Nel 1974 Mario Lega prese parte ad un solo GP, quello delle Nazioni , sul circuito di Monza. Ottenne un grandioso secondo posto, che rappresentava la sua prima volta sul podio. Il 1975 portò con se una grande occasione per Lega: dopo due anni di sacrifici, nei quali praticamente si auto-finanziò, trovò posto nellla Scuderia Di Emme di Lugo (RA), sempre in sella alla competitiva Yamaha. Il team romagnolo gli consentì di prendere parte a due gare del mondiale velocità: il GP di Jugoslavia sull’amato e pericolosissimo circuito di Abbazia in sella alla 350cc e il GP delle Nazioni a Monza sulla 250cc. Queste due partecipazioni gli valsero rispettivamente un settimo ed un sesto posto. Sempre con la Scuderia romagnola prese parte all’Italiano, dove corse in coppia con Giovanni Proni. Nonostante i mezzi della sua Squadra (ricca e ben preparata) i piloti italiani vennero spesso battuti dal Venezuelano Johnny Ceccotto. Il pilota di Caracas, girava il mondo come uno zingaro insieme al suo meccanico, ma oltre ad essere velocissimo, poteva contare sul pieno supporto della Yamaha, la quale gli garantiva mezzi ufficiali e ricambi in abbondanza. Fu per questo la Squadra di Lugo decise di rinforzarsi ulteriormente, affiancando ai 2 piloti la meteora Vinicio Salmi. Il giovanissimo pilota fece capire da subito quali fossero le sue doti, mettendo in pista tutta la sua velocità e il suo impegno. La sua fretta di dimostrarsi competitivo in mezzo ai più esperti colleghi però gli risultò fatale, quando nella prova dell’Italiano disputata sul circuito di Imola, gli fece innescare il tragico incidente alla Piratella, nel quale perì anche il pilota Piccirilli. Il defunto Salmi venne rimpiazzato nella Scuderia dal “vecchio” amico di Lega, Otello Buscherini. A quel punto i piloti ad indossare la casacca della Squadra Di Emme furono ben quattro. Lega si sentì quindi messo da parte e all’inizio dell’anno 1976 passò nelle file della Team Venemotos sempre in sella ad una Yamaha 250cc. In quella stagione prese parte ancora a due prove del motomondiale ma non ottenne punti iridati. Il 1976 fu un altro anno terribile per il motociclismo italiano. Mario Lega fu infatti testimone di un altro terribile incidente, che avvenne il 16 maggio di quell’anno sul difficile circuito del Mugello. Questa volta a rimanere ucciso fu proprio Otello Buscherini, grande amico di Mario, il quale cadde alla curva dell’Arrabbiata 1 e colpì violentemente il guardrail. L’impatto gli causò un violento schiacciamento toracico che ne sancì il decesso. Lega a proposito dell’accaduto ha raccontato: “Otello passò tutti i piloti della Di Emme che erano sulla sinistra del tracciato, impostando tutto a destra la curva riuscendo a girare ed andando via a tutti.. Poi però il tragico destino lo attendeva la sotto il guardrail dell’Arrabbiata 1..”. Sempre in quel tragico giorno perse la vita un altro pilota: Paolo Tordi (del quale ho pubblicato un post in precedenza) in sella alla sua Yamaha 350cc. Arrivò quindi la stagione 1977. Lega a differenza delle stagioni precedenti riuscì a reperire il budget necessario per poter prendere il via anche nelle gare del Motomondiale che si disputarono fuori dall’Europa. Partecipò alla prima gara stagionale, in Venezuela, alla quale prese parte, su invito dell’importatore Yamaha, Andrea Ippoliti, che gli riuscì a mettere a disposizione una 250cc solo all’ultimo istante. I meccanici però fecero il miracolo, assemblando in tutta fretta la motocicletta e consentendo al romagnolo di cogliere un nono posto finale. In Germania, a causa di problemi burocratici, gli venne accettata l’iscrizione solo nella 350cc (dove comunque non ottenne punti iridati), quindi non raccolse punti nella 250cc. Il GP d’Austria segnò la svolta nella sua carriera in quanto Pileri, pilota ufficiale della Morbidelli, si infortunò. La Squadra italiana, per sostituirlo chiamò Lega. La cosa strana della faccenda fu che proprio in quei giorni Mario stava meditando il ritiro, avendo già esaurito le ferie, speso molti soldi suoi, e nonostante i sacrifici, non aveva ancora ottenuto risultati esaltanti. In sella alla Morbidelli corse il GP delle Nazioni sia in 250cc che in 350cc ottenendo un ottimo secondo posto in entrambe le cilindrate. Decise però di concentrasi unicamente sulla 250cc. La scelta si rivelò azzeccata in quanto i risultati iniziarono ad arrivare: quinto classificato nel GP di Spagna; quarto in quello di Francia; l’esaltante vittoria nel GP di Jugoslavia, sul tracciato di Abbazia (da sempre il suo preferito); quinto nel GP di Olanda ad Assen; di nuovo a podio, con il bel terzo posto ottenuto nel GP del Belgio; l’ottima seconda piazza nel GP di Svezia; settimo in Finlandia e di nuovo terzo nel GP della Repubblica Ceca. Proprio legato a quest’ultimo GP c’è un episodio, che in se sintetizza tutta la stagione di Lega: il camion che trasportava moto ed attrezzature si ribaltò mentre attraversava la Germania dell’ est. Solo con mezzi di fortuna, moto e materiali riuscirono ad arrivare in pista ma risultarono essere estremamente danneggiati. Lega, quindi, proprio nella gara che poteva vederlo campione del mondo si trovò in notevole difficoltà. Ne lui ne il Team della Morbidelli però si persero d’animo e Mario riuscì comunque a correre grazie all’instancabile lavoro del tecnico Barroncini. Il bravo meccanico lavorò tutta la notte per rimettere in sesto la moto, dopo che la Yamaha, aiutò il team fornendo materiali e locali. Un grosso aiuto venne fornito a Lega anche dal suo compagno Pileri, il quale decidendo di non correre mise a disposizione di Mario i materiali per poter ricostruire almeno una moto competitiva. Rocambolesca come il pre-gara risultò essere la corsa stessa stessa: Villa ed Uncini partirono in testa Lega mantenendo la terza posizione era matematicamente campione del mondo. Venne però raggiunto da Grant in sella alla velocissima Kawasaki. Dopo pochi giri però il motore della “verdona” si ruppe di schianto, così come accadde alla moto dell’altro inseguitore di Lega: Katayama. Dai box della Morbidelli, allora decisero di attuare una tattica conservatrice, invitando Lega a rallentare l’andatura per preservare la meccanica della sua motocicletta. Lega prese anche troppo alla lettera l’ordine di Scuderia, rallentando a tal punto da venire raggiunto da :Ballingtong, Herron e Fernandez. Dai box allora gli venne segnalato di accelerare il passo. Lega, con grande sforzo fisico e mentale riuscì a mantenere la posizione e a non cadere nonostante lo “scatenacciare” al quale fu indotto dal “suo muretto”. Alla fine della gara invece di gioire per il titolo conquistato mandò tutti a quel paese. Grazie alla sua incredibile regolarità nell’ottenere risultati utili, Mario Lega conquistò il titolo iridato nella 250cc con una gara d’anticipo rispetto alla fine del campionato mondiale. La sua condotta di gara poco lasciava alla spettacolarità, in virtù invece di una grande efficacia e di una regolarità che gli altri piloti non avevano. A seguito della vittoria del mondiale lega commise l’errore più grande della sua carriera. Galvanizzato dal successo iridato, decise infatti di non prendere parte all’ultima gara del Mondiale che si disputava sul circuito di Silverstone in Inghilterra. A quei tempi l’ultimo GP stagionale era fondamentale per definire gli schieramenti per l’anno successivo. Lega invece che parteciparvi, andò al mare con gli amici a festeggiare la vittoria!! Mario interessava particolarmente alla Squadra della Kawasaki che lo aspettava appunto a Silverstone per parlare a quattro occhi delle condizioni di un eventuale ingaggio per l’anno successivo. Non vedendolo sul circuito, i responsabili della gestione corse non lo chiamarono direttamente, pensando che da fresco campione del mondo, il suo ingaggio fosse fuori budget per loro. Così Lega, non ottenendo proposte alternative firmò di nuovo con la Morbidelli per la stagione 1978. Quando discusse dell’ingaggio con il team italiano, venne quasi aggredito dal ragioniere ed accettò di correre per una cifra modesta e comunque molto più bassa di quanto fosse stata pronta a sborsare la Kawasaki per averlo. La sua firma con la Morbidelli, risultò essere la “sua condanna a morte” dal punto di vista agonistico, in quanto la Morbidelli non beneficiò di alcun sviluppo ne a livello di propulsore ne tanto meno a quello di ciclistica. La squadra entrò in breve in crisi tecnica, che venne enormemente accentuata quando ad abbandonarla fu anche l’ingegner Moeller. Di li a poco, il ritiro dalle corse dopo aver fatto un ultimo, disperato, tentativo di ritorno alla competitività, ingaggiando il pilota John Ekerold, al quale vennero affidati i materiali migliori, e relegando così al ruolo di seconda guida il campione del mondo in carica Mario Lega. Il romagnolo abbandonò la Squadra a metà stagione, in occasione del GP di Germania sul tracciato del Nurburgring, non trovandosi a proprio agio con il Team. Corse poi un ultimo GP in sella ad una Yamaha. In Questa sua ultima stagione nel motomondiale Lega ottenne ancora due podi. Si concluse così la carriera nel Motomondiale di Mario Lega, il quale ha disputato in totale 36 GP (26 in 250cc; 9 in 350cc e uno in 500cc); ottenendo una vittoria (in 250cc); 9 podi complessivi; un giro più veloce in gara e soprattutto la vittoria del mondiale della 250cc nell’anno 1977. Nel 1979 Lega corse con la Ducati nelle gare di durata in coppia con Victor Palomo. La Squadra però a causa di gravi problemi di budget si ritirò a metà stagione pur occupando il terzo posto in classifica, a ridosso delle Squadre ufficiali di Honda e Kawasaki. Si chiuse così l’atipica carriera nel motociclismo di Mario Lega, il “campione umile”, pilota amatissimo dal pubblico in quanto rappresentò il sogno divenuto realtà per moltissimi ragazzi dell’epoca. Lega infatti fu l’esempio principe per tutti coloro che credevano che anche una “persona normale” può vincere un mondiale quando ci mette passione, coraggio, umiltà e una grandissima voglia di competere. Negli anni a venire il pilota romagnolo ha collaborato con la Gazzetta dello Sport e tutt’ora è considerato un grande esperto di motociclismo e importante opinionista.

2 commenti:

Willy ha detto...

Mamma mia Enrico... ho impiegato 10 minuti per leggerlo tutto :)
Colgo l'occasione per segnalarti il sito http://it.gravatar.com/ dove puoi associare un'immagine (un avatar) al tuo indirizzo email in modo tale che dovunque inserirai un commento apparirà sempre la stessa immagine (da te scelta) che una volta cliccata porterà al tuo sito.
Hai già fatto una cosa simile su google quando hai associato la fotina al tuo account. Soltanto che nei siti che non sono su piattaforma Blogger (come il tuo) ma su piattaforma Wordpress (come il mio) quando commenti non si visualizza la fotina. E' utile perchè oltretutto associ anche una pagina web (il tuo sito) e quando si clicca sulla fotina si viene indirizzati nel tuo blog.
Questo consiglio vale ovviamente per tutti... alla prossima!

Enrico Zani ha detto...

Ok fatto!! Ho seguito il tuo consiglio Willy..
Sono felice che ti sia piaciuto questo post!
Un salutone a te, a Melus e a tutti i letori di Due Ruote nel Web..

Enrico