martedì 10 maggio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..




La storia delle competizioni motociclistiche da sempre è stata fatta da due categorie ben distinte di moto: i prototipi (in sella ai quali negli anni si sono dati battaglia gli assi del Motomondiale) e le derivate dalla serie. Il post di oggi è dedicato a queste ultime. Dal 1988, quando si parla di derivate dalla serie, è naturale che alla mente degli appassionati giunga il nome della Categoria Regina ove queste motociclette si confrontano ossia la Superbike. In essa, come è noto, a darsi battaglia sono le moto prodotte dalle Case più grandi del mondo. Tutti grandi nomi dell'industria mondiale della motocicletta hanno infatti a listino una Superbike Replica, ossia la versione stradale, della moto che viene impiegata nelle competizioni. In queste moto, le Case riversano gran parte delle mirabolanti tecnologie messe a punto nei GP prima e nelle gare di Superbike ed Endurance poi, con il chiaro intento di primeggiare sulla concorrenza, offrendo al pubblico prodotti sempre più prestazionali sia ciclisticamente, quanto meccanicamente e da ultimo ma non meno importante dal punto di vista dell'elettronica. E' proprio questo ultimo punto quello che oggi segna la linea di demarcazione tra una moto “dell'ultima generazione” e un prodotto da considerarsi “obsoleto”. Ogni periodo storico è coinciso con una tendenza da parte delle Case. Negli anni settanta e primi ottanta esse infatti hanno posto la maggioranza dei loro investimenti nello sviluppo dei propulsori. Si è passati dalle aste e bilanceri (o dalle coppie coniche) alla distribuzione a doppio albero a cammes in testa, alle quattro valvole per cilindro; dal raffreddamento ad aria a quello a liquido ecc ecc ecc. Dalla metà degli anni ottanta alla metà dei novanta l'attenzione (per via degli ottimi risultati ottenuti in campo motoristico) è stata posta sulla ciclistica: dai classici telai a doppia culla (quando non a monotrave..) in tubi si è passati ai deltabox, ai favolosi tralicci Ducati, alle strutture con motore portante. La forcella è diventata “up-side down”, i mono posteriori hanno iniziato ad offrire una gamma di regolazioni infinite, gli ammortizzatori di sterzo non sono più stati oggetti di nicchia destinati esclusivamente alle competizioni o ad una utenza ristretta (e facoltosa..). A partire dalla fine degli anni novanta è però partita la rivoluzione epocale. L'elettronica ha infatti iniziato a prendere possesso delle moto. Con l'attuale stato evoluzione, quello che viene installato su di una moto perfettamente di serie come ad esempio la BMW 1000 RR è qualcosa che all'inizio dell'era Moto GP solo i mezzi ufficiali potevano vantare!! E' chiaro che si sta parlando di una moto che al top della gamma della Casa bavarese, ma sempre di un mezzo di serie si tratta e soprattutto la BMW non è la sola a vantare queste soluzioni in quanto anche tutte le dirette avversarie hanno dotazioni del tutto simili a quelle della moto da me portata come esempio. A rendere ancor più efficace il concetto da me espresso, basti pensare che molti team impegnati in Superbike dichiarano candidamente che l'elettronica da loro utilizzata nei mezzi schierati in pista, non si discosta di molto da quella in dotazione al mezzo di serie. Indubbiamente l'aiuto del “grande fratello” che oggi si cela nelle centraline delle moto in vendita nei concessionari è importante e tangibile. Le moto di serie, hanno raggiunto dei livelli di “cavalleria” di gran lunga superiori a quelli delle moto da corsa di una decina di anni fa. Questi mezzi finiscono ovviamente tra le mani dei loro acquirenti. Purtroppo non tutti hanno però il manico per poter domare certi mezzi e in tal senso l'aiuto dell'elettronica fornisce un grande supporto al pilota del mezzo, facilitandogli (o addirittura salvandogli..) la vita. Oggi non si parla più di Superbike Replica senza citare: drive-by-wire, anti-weeling, traction-control, launch-control oltre che delle “solite” mappature. Una volta si sentiva dire che per far scorrere veloce la moto in curva, ci si doveva fidare dell'anteriore; oggi invece ci si deve fidare dell'elettronica per spalancare il gas quando si è ancora completamente a moto stesa! Le moto attuali, prelevate dal rivenditore e portate in pista senza neppure tanti ritocchi e/o regolazioni offrono performance incredibili e fanno si che sia possibile ottenere tempi sul giro impensabili qualche anno fa. Tutto questo è assolutamente perfetto da un punto di vista ingegneristico: la staccata diventa perfetta, la traiettoria anche, gli angoli di piega sono vertiginosi. Come sempre però a me viene da chiedermi: ma tanta elettronica e tanta tecnologia, se da un lato garantiscono prestazioni eccezionali, dall'altro sanno anche emozionare? E' più grande la resa in termini emotivi di un giro perfetto in sella ad un mezzo altrettanto perfetto, o di un giro imperfetto con un mezzo che va dominato ed ascoltato, capito ed interpretato? Come detto tante volte in passato, io mi reputo un romantico della motocicletta.. Mi sono appassionato di moto quando la realtà era ben diversa da quella attuale. Non sono di sicuro uno che sostiene che l'innovazione andrebbe fermata, ma onestamente una moto high-tech non mi emoziona neppure lontanamente quanto lo può fare una moto “convenzionale”, ben preparata a livello di motore e ciclistica. Penso allora con nostalgia ai giorni in cui le Superbike non erano i missili terra-aria di oggi, ma erano delle moto umane, delle naked. A cavallo tra la fine degli anni settanta e i primissimi anni ottanta la Superbike era una questione tutta a stelle e strisce. La AMA era la fucina dei campioni che poi approdavano ai GP. L'Amercan Wave partito con Steve Backer e Kenny Roberts vedeva quelli che di li a pochissimo sarebbero stati i suoi nuovi interpreti darsi battaglia in pista, in sella alle derivate della serie. Lawson, Spencer, Cooley, Pietri, Baldwin e altri ancora infiammavano le folle in sella alle varie Honda CB750F, alle Kawasaki Z1000R e alle Suzuki GS1000. Oggi, vedere i filmati della 100 Miglia di Daytona in cui erano impegnati questi piloti e queste macchine è fortemente emozionante. La guida di quei piloti era fatta puramente di “manico” mentre cercavano di domare le loro moto dalla ciclistica essenziale e dal gran propulsore. Purtroppo quella età dell'oro del motociclismo è finita da tempo, lasciando dietro di se un alone di leggenda dovuta anche al fatto che le notizie ad essa relativa “permeavano” nel Vecchio Continente solo grazie alla stampa specializzata e non attraverso le immagini televisive. La cosa che oggi la gente sembra aver dimenticato è che non occorrono una tecnologia prelevata direttamente dalla NASA e la potenza dell'Apollo 13 per trarre soddisfazioni dalla propria moto e che, saper sfruttare grazie al proprio polso (e al proprio fondo schiena..) 90/100 cavalli veri è molto più appagante rispetto ad avere solo l'impressione di farlo con i 200 tenuti a bada da un pilota elettronico che sulla moto fa le nostre veci! Ma questa è semplicemente l'opinione personale di chi Vi scrive..

Video FAST FREDDIE SPENCER:

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