giovedì 7 gennaio 2010

Isle of Man 1978, Mike "the bike" in the legend!













A causa di problemi nell'upload di questo video, allego il link di You Tube al quale potrete vederlo:
http://www.youtube.com/watch?v=vQAjZIQ19W0&feature=PlayList&p=4D97162204F8DC7D&playnext=1&playnext_from=PL&index=38

Il motociclismo, da sempre è fatto di imprese, gare storiche, vittorie o sconfitte che hanno fatto leggenda. E’ fatto di piloti e mezzi che rimarranno per sempre nella memoria degli appassionati, di momenti esaltanti ed altri bruttissimi. Da sempre è fatto di quella passione che esalta le folle e fa si che alcune gare restino per sempre nella storia. Uno dei momenti più esaltanti dello sport che tanto amiamo è rappresentato senza ombra di dubbio dalla storica vittoria ottenuta da Mike Hailwood nella classe F1 al TT dell’Isola di Man nel 1978. Questa vittoria è una delle pagine più belle e pure del motociclismo mondiale e la magia che essa racchiude sta nel fatto che tutto è nato per quasi per caso. Sul mitico Mike “the bike” Hailwood, ho già scritto un post in precedenza. Quella che voglio raccontare oggi è “solo” una gara della sua lunga e luminosa carriera. Agli occhi di molti può apparire come un episodio, anche di caratura inferiore rispetto ai 9 titoli iridati conseguiti e alle 74 vittorie nei GP. Chi ama il motociclismo (quello vero..) però può confermare che a volte, una gara, un episodio possono rendere ancora più brillante una carriera già di per se luminosa e, far si che un pilota resti per sempre nel cuore di chi ama questo sport. Si dice che quando agli inizi della primavera 1978 a Borgo Panigale arrivò la notizia di preparare una moto per disputare la F1 del Tourist Trophy pensarono a un pesce d’aprile! Quando però venne fatto il nome di Mike Hailwood tutti sobbalzarono e ognuno si mise a disposizione per l’impresa. Fu una vera e propria scommessa. Anche se si trattava di affidare una bicilindrica da “inventare”, a un “number one” del calibro dell’inglese: nove volte campione del Mondo e trionfatore all’Isola di Man la bellezza di 12 volte sempre davanti a grandi campioni quali Giacomo Agostini e gary Hocking. Tuttavia Mike aveva chiuso “ufficialmente” con le moto, con il forfait della Honda nel 1968, dopo aver conquistato una stupenda doppietta iridata nel 1967 (titolo della 250 e della 350) e aver sbancato al TT con tre primi posti nella 250, 350 e 500 piegando Giacomo Agostini proprio nella classe regina in una corsa memorabile, passata alla storia come “la gara!”. A dire il vero Hailwood, dopo una scialba prova a Riccione con una Honda 500 spompata, si era fatto tentare ancora dalle due ruote nel 1971, a Daytona con la BSA Rocket 3 750 e con una clamorosa e strombazzata rentree con le Benelli 350 e 500 nella famosa sfida (persa) con Agostini a Villa Fastiggi di Pesaro. Ma per un decennio il fuoriclasse inglese nato a Oxford il 2 aprile 1940 era diventato un pilota automobilistico a tempo pieno, raggiungendo risultati discreti anche in F 1, ma non la vetta. La carriera di Mike Hailwood in F1 ebbe fine quando incappò in un terribile incidente sul pericolosissimo tracciato del Nurburgring. Il pilota britannico finì fuori pista e rimase incastrato per circa trenta minuti tra le lamiere della sua auto. Le ferite che riportò agli arti inferiori furono terribili, tanto che la gamba destra, gli rimase più corta di un paio di cm rispetto a quella sinistra. Nonostante questo incidente, dopo una lunga carriera fatta di titoli e vittorie a grappoli con le moto e qualche bella soddisfazione, pur se ad un livello inferiore, con le auto, Mike poteva considerarsi anche un uomo fortunato: in quei tempi il motomondiale, la F1 ed altre categorie al limite erano un continuo sfidare la morte, su ogni curva ed ogni rettilineo e tutto sommato rimanere vivi dopo aver vissuto sulla propria pelle entrambe le esperienze non era cosa da sottovalutare. Nel 1977, Mike Hailwood era un tranquillo uomo di 41 anni, che viveva in Nuova Zelanda. Sposato con una bella donna, decisamente benestante, leggermente sovra peso e ancora unanimemente considerato il miglior motociclista del pianeta insieme al campionissimo Giacomo Agostini. Perché allora il fuoriclasse britannico volle tornare a gareggiare? Cosa poteva spingere ora un uomo a ritornare alle gare, contro avversari mai visti, ad undici anni dalla sua ultima corsa in moto? Cosa gli fece scegliere la corsa più difficile e pericolosa: il Tourist Trophy, dove lui aveva già scritto la sua leggenda? Se chiedete a Pauline Hailwood (vedova di Mike) per quale ragione suo marito decise di tornare alle gare nel 1978, lei vi risponderà, molto semplicemente: per noia e per dimostrare a se stesso che nonostante tutto poteva ancora farcela. Mike infatti soffrì tantissimo dell’incidente che gli capitò in F1, ma non tanto (o per lo meno non solo) per il dolore fisico, ma per la consapevolezza che da quel momento non sarebbe più stato competitivo. Mike era perfettamente conscio del cambiamento incredibile che il motociclismo aveva compiuto durante la “sua assenza”: le velocità erano ora molto più alte, gli angoli di piega molto più accentuati, e lo stile col ginocchio fuori totalmente avulso a quello in uso ai suoi tempi. Chiunque si sarebbe scoraggiato. Chiunque si sarebbe goduto il denaro, la bella moglie ed una vita di certezze e sicurezze. Qui però si sta parlando non di un campione qualsiasi, ma del più grande. A completare il quadro di quella, che sarebbe già una grande sfida, ci si può aggiungere che Mike, il buono di questa storia, l’eroe impavido che sfida la morte e se stesso, trova al suo arrivo sull’isola il perfetto alter ego: il “cattivo” della vicenda. E lo trova nella persona di Phil Read. Se sull’isola di Man del 1978 c’è qualcuno che può considerarsi odiato è il vecchio Fil di Ferro. Perché nel 1972, era con Agostini a capo dei piloti insorti contro il TT. Rivolta dettata dai troppi rischi del TT, ma anche dalle paghe ridicole che i piloti ricevevano, per quella che in fondo era una gara che durava due settimane. Ma se Agostini, pur di fronte a laute offerte, si è sempre in seguito rifiutato di tornare a correre davvero sul Mountain, dandosi a vedere agli isolani come uomo di coerenza, Phil Read nel 1977 cedette ai suoi sogni, e tornò a Douglas. Certo non solo per romanticismo ma anche (e soprattutto) per i soldi degli organizzatori. E per questo gli isolani (la gente comune), lo odiarono, vedendo in lui un traditore, un venduto. L’astio arrivò a tal punto che Read venne preso a sassate in velocità durante le prove, i benzinai si rifiutavano di fargli benzina e gli alberghi di ospitarlo. Questo non intaccò il suo rendimento e vinse due gare, venendo premiato tra i fischi. Ma quando Read si presentò nuovamente sull’isola, per affrontare il TT 1978, si trovò da subito applicato un nomigliolo: “badie” ossia cattivo, in quanto quello era il suo ruolo. Inutile dire che per una sfida di questo livello, la cornice era inimitabile. Se chiedete ad un qualsiasi isolano, quand’è stato che si è vista la massima affluenza per un TT? Lui vi risponderà nel 1978, quando tornò Mike the Bike. Appena infatti si seppe del “come back” di Hailwood, gli appassionati prenotarono in massa i voli, i traghetti, gli alberghi. Effettivamente nessuno se l’aspettava; i più ottimisti potevano al massimo sperare in un giro d’onore del Re in esilio dorato, non di certo una lotta per dimostrare che il suo posto era ancora sul trono. I genitori avevano modo di sognare, ed i figli di vedere in azione l’uomo di cui tanto avevano sentito parlare. Ed il TT, che solo due anni prima, perdendo il suo status di gara di campionato, sembrava spacciato, era tornato di prepotenza ad essere la gara piu’ importante del mondo. Per le gare Mike the Bike si assicurò una Ducati per la F1 e delle Yamaha per le altre gare. Alla Ducati Mike era “di casa”. Nel 1960 papà Stan, ricco commerciante di motociclette nel Regno Unito, a suon di sterline acquistò per il promettente rampollo alcuni bolidi di Borgo Panigale, fra cui la famosa bicilindrica 250. In questo contesto, alla NCR, con il supporto ufficiale della Casa (all’epoca di proprietà statale prima di passare ai fratelli Castiglioni della Cagiva) ci si mise “di buzzo buono” partendo dal bicilindrico 4 tempi a V di 90° desmo 900 ss stradale. Il propulsore si avvalse delle sapienti “cure” del guru della Ducati britannica Steve Wynne e alla fine l’”inedito” 883 (sui 75 CV a 7500 giri), chiuso in un traliccio a tubi d’acciaio, fu ritenuto idoneo a dar battaglia ai ben più potenti quattro cilindri ufficiali di Honda e Suzuki collocati su telai squisitamente racing. Agli occhi degli addetti ai lavori Mike partiva decisamente sfavorito su questo mezzo, a corto di cavalli contro le Honda Ufficiali. Ma se la Honda aveva il motore, il pompone aveva il telaio ed Hailwood in prova, ottenne un ottimo tempo, vicino al record sul giro. Tutte le chiacchere sul troppo vecchio, troppo diverso, troppo tempo fuori dalle gare furono azzerate in 60km di maestria: chi voleva il primo posto doveva fare i conti anche con lui! E pensare che Mike, nei primissimi momenti dopo aver deciso il rientro, pensò di farlo a patto di iscriversi con uno pseudonimo, in modo che se avesse rimediato una brutta figura, il suo nome e la sua fama non ne sarebbero usciti “macchiati”. Come disse il suo manager e biografo, nonché fautore in gran parte del rientro di Mike, Ted Maculaey, la pressione sulle spalle del pilota era enorme: lui aveva mantenuto con la stampa e gli avversari un profilo basso, al punto di chiedere a Mick Grant, forse il pilota migliore su quelle strade nel 1978, di fargli da traino per un giro, per rinfrescargli la memoria! “Fu come se Dio mi chiedesse di spiegargli la Bibbia” disse lui. Nella realtà dei fatti Mike era arrivato sull’isola ripulito, motivato ed in forma fisica. E l’idea non era di ben figurare. L’idea era di vincere ed anche con un certo stile. Man mano che prese coscienza della sua grande forza, Mike si rese conto che solo un Phil Read in stato di grazia, in sella a una Honda preparata apposta per il Montain Circuit poteva rappresentare un ostacolo serio tra lui e la vittoria! Fu per questo che Hailwood, il quale partiva con il n°12, 50 secondi dopo Read col n°1, preparò un piano preciso. La tattica di gara di Mike “the bike” era semplice ed efficace: Andare a prendere il diretto avversario sulla strada, ancor prima che sul tabellone dei tempi. Il giorno della gara iniziò malamente: Hailwood cadde con la 250 in prova, al rampino di “governor’s bridge”. Lui era incolume e si avviò a piedi ai box, per cercare la concentrazione giusta per la sfida. Partì come detto col numero 12. Alla caccia di Phil Read. Con la sua nuova tuta bianco-rossa, Mike guidava la straordinaria moto preparata in poco tempo e con pochi mezzi, come se “indossasse” un vestito tagliato su misura. Nelle prime fasi della gara fu Tom Herron a condurre brevemente, ma dopo iniziò il lungo solo del virtuoso. Mike semplicemente faceva un altro sport, ed alla fine del 2° giro aveva preso Read, che era partito 50 secondi prima. La “cavalcatura” potente e agile, con i colori della Castrol (che per una bellissima coincidenza coincidono con quelli della bandiera italiana: verde-bianco-rosso), eseguiva perfettamente i comandi di un sapiente e implacabile fantino, che per un giorno tornava a far sognare e a dettare ancora la legge del più forte. La gara era finita ma Read segui’ come un ombra il rivale: sembrava che l’orologio fosse tornato indietro di 10 anni, con i due vecchi campioni che si fiancheggiavano come nei tempi d’oro. Durò finchè Read, per tenere il passo di Mike, sbudellò il motore della sua moto. Sporco d’olio, dopo un paio di sbandate pazzesche per il lubrificante finito sulle gomme, Fil di Ferro non potè fare altro che fermarsi a bordo strada. Quando tagliò il traguardo l’isola esplose come in un boato e con essa la moto di Mike. 100 metri dopo l’arrivo la Ducati clamorosamente ammutolì. Fu l’apoteosi: Davide batteva Golia! Persino un fuoriclasse “duro” come Phil Read alla fine abbracciò Mike e chiese di salire (da fermo) sul bolide italiano. Mike era tornato ad essere il sovrano di quel regno che gli era sempre appartenuto: l’isola di Man era l’isola di Hailwood! Trecentomila persone si tolsero il cappello, in silenzio per ascoltare l’inno di Mameli. Il rombo del bicilindrico Made in Italy li aveva conquistati. Hailwood consegnava se stesso alla leggenda del grande sport. Sua moglie Pauline ricorda che Mike era incredibilmente calmo, quando gli telefonò dopo l’arrivo disse che non si rendeva ancora conto di quello che aveva ottenuto anche se aveva fatto quello che rende diversa una superstar da un normale campione: reso l’impossibile non una cosa nemmeno concepibile, ma un cosa semplicemente difficile ma fattibile. Phil Read andò a complimentarsi con lui in albergo, senza nemmeno essersi tolto la tuta della Honda Britain, ed a dispetto della pessima nomea che aveva in quei giorni, era sinceramente ammirato. Aveva avuto modo di seguirlo per tre giri e mezzo, tre giri e mezzo ed era rimasto estasiato dalla guida di Hailwood. “Forse”, disse Read, “se la mia Honda non si fosse rotta, avrei potuto pressarlo sin sul traguardo e magari la sua Ducati sarebbe scoppiata un chilometro prima, ma sarei diventato il più odiato vincitore della storia del TT e non so se mi avrebbero fatto salire sul podio vivo!”. Dopo questa gara il TT di Mike proseguì senza altri acuti, principalmente per le rotture delle Yamaha con cui correva. Ma l’anno dopo tornò e con la Suzuki RG500 ottenne un’altra vittoria, nella Senior. La n°14. Da li a poco abbandonò l’attività agonistica. Per sempre. In quel 1979 si chiuse un era, quella dei Read, degli Agostini, degli Hailwood e si apriva quella di uomo semplice e buono, antidivo per eccellenza e quasi analfabeta: Joey Dunlop. Il primo a superare in numero di vittorie Mike the Bike seguito da John McGuinnes che attualmente ne vanta 15 e da Molineaux, con 14 vittorie è insieme a Mike Hailwood il terzo pilota più vittorioso di sempre sull’Isola di Man. Quello che ha senza dubbio dell’incredibile in questa fantastica vicenda è che tutto iniziò quasi per scherzo! Infatti una serata in un pub inglese Mike, alticcio, mise in palio una birra per il suo ritorno al TT. Grazie a lui e alla Ducati quella birra è diventata una icona. Quel 2 giugno 1978 “Mike the Bike” e la Ducati misero a segno una storica impresa. Un trionfo tanto clamoroso quanto inatteso che costituì le basi per il grande lancio dei bicilindrici bolognesi in tutto il mondo. A volte, come accadde in quel 2 giugno 1978, i sogni diventano realtà!
Per saperne di più:
http://cesenabikers.blogspot.com/2009/02/mike-bike-hailwood.html
http://cesenabikers.blogspot.com/2009/12/ducati-900-mhr.html

2 commenti:

Superpantah ha detto...

Bellissimo post Enrico.
Grazie e ciao.

Enrico Zani ha detto...

Grazie Sauro!