mercoledì 26 gennaio 2011

V4: il cuore racing della Honda










Se si parla di un propulsore con lo schema a 4 cilindri a V, non si può fare altro che pensare alla Honda. Per anni infatti il Colosso di Tokyo ha creduto in questo particolare schema motoristico tanto da farne la sua bandiera nelle competizioni motociclistiche dedicate sia alle moto a 2 che a 4 tempi. Se nel primo caso, dalla metà degli anni ottanta i costruttori furono “obbligati” a optare per questa soluzione; nel secondo caso la Honda si differenziò da tutta la concorrenza nipponica che invece era fedele al classico schema del 4 in linea. V 4 e Honda sono quindi stati sinonimi per moltissimo tempo, sino all'avvento della MotoGP quando, Suzuki prima e Ducati poi hanno abbracciato questo tipo di concezione tecnica. In questi giorni guardando i dvd dedicati a Joey Dunlop e a Freddie Spencer, ho visto una moto della quale avevo solo pallidi ricordi legati alla mia infanzia, ma della quale nel tempo non avevo più sentito parlare la Honda RS1000RW. Questa poderosa V4 è stata schierata dalla Casa dell'ala dorata nei primi anni ottanta come “arma totale” per competere nella categoria F1 (antenata della Superbike) dal TT, al Bol d'Or, passando per il campionato AMA ed era stata portata in pista dai migliori piloti dell'epoca. Curiosando sul web alla ricerca di qualche notizia in merito sono “capitato” in questo bellissimo sito (al quale vale veramente la pena di dare una occhiata!): http://www.omnimoto.it/ . Qui ho trovato un articolo molto interessante e veramente ben fatto, dove si scrive della storia del V4 della Casa di Tokyo. Pubblico quindi su Cesena Bikers il post così come l'ho trovato sul web:

In occasione della recente presentazione dell'ambizioso “V4 Concept model” Honda ha rispolverato dai suoi archivi foto e caratteristiche tecniche delle bellissime moto stradali e da corsa che hanno scritto alcune delle più belle pagine di storia del motociclismo. Ripercorriamole insieme alla scoperta delle moto Honda con motore V4.

LA NASCITA DI UN MITO
Quando Takeo Fukui, Presidente e Amministratore Delegato di Honda Motor Company, faceva parte del team di giovani talentuosi ingegneri che nel 1978 lavoravano al progetto dell'ambiziosa Honda NR 500 a pistoni ovali, forse non immaginava di essere coinvolto nel capitolo iniziale di una storia che avrebbe portato ad affrontare grandi sfide, raccogliere memorabili vittorie e a creare alcune tra le più belle e tecnologicamente avanzate moto da strada e da corsa del mondo.
Durante i 30 anni di storia del motore Honda V4, il Costruttore giapponese ha sempre creduto nelle straordinarie qualità di questa configurazione di motore, grazie al quale sono state costruite favolose moto da corsa, dalla NR 500 alla RC212V, e indimenticabili moto da strada, dalla VF750 alla VFR800. Una storia che Honda non ha alcuna intenzione di interrompere e che nei prossimi anni porterà a trasformare in realtà la “V4 Concept” presentata ai recenti saloni autunnali della moto.

TANTE QUALITA' IN UN SOLO MOTORE
Da trent'anni Honda sviluppa i motori V4 a quattro tempi e fu nel 1979, con la NR500 a pistoni ovali, che la Casa di Tokyo tornò a correre nei Gran Premi. Ma perché proprio il V4? Questa configurazione prevede due coppie di cilindri disposte a V che condividono lo stesso albero motore. Potrebbe sembrare che ciò basti a descriverne l'architettura ma in termini di caratteristiche di erogazione e potenza sviluppata le scelte che offre sono invece infinite: l'angolo della V, più o meno aperta, l'ordine di scoppio dei cilindri e la fasatura della distribuzione sono solo alcune della variabili che si possono considerare in fase di progetto per dare al motore determinate caratteristiche, potendolo quindi utilizzare sui più differenti tipi di motocicletta, dalla racer pura alla granturismo veloce.
Sotto molti punti di vista la configurazione V4 dei cilindri rappresenta il layout perfetto per un motore motociclistico, fornendo elevata potenza, ampio range di utilizzo e un sound fantastico che diventa inebriante al salire del regime di rotazione. Il V4 presenta tutti i pregi di un motore plurifrazionato, con pistoni piccoli e a corsa corta che consentono il raggiungimento di un elevato numero di giri, fondamentale per ottenere elevate potenze specifiche. Ma anche la curva di coppia piatta, con una spinta invidiabile ai medi regimi, qualità normalmente associate ai soli motori bicilindrici, fa del motore V4 un propulsore dalle qualità dinamiche eccellenti, perché trattabile e facile da sfruttare.
Anche gli ingegneri della ciclistica amano questo tipo di motore, perché è stretto, e quindi dà benefici in termini di maneggevolezza e distribuzione dei pesi, in quanto può essere posizionato in basso nel telaio senza compromettere la possibilità di raggiungere elevati angoli di piega.
Internamente l'albero motore è più corto rispetto a quello di un motore a 4 cilindri in linea, e ciò lo rende più rigido, oltre che vantaggioso in termini di perdite per attrito dato che richiede meno supporti di banco. È inoltre eccellente dal punto di vista dell'equilibratura e quindi delle vibrazioni, non richiedendo quindi invasivi contralberi e potendo vantare di conseguenza un elevato livello di comfort.
Ripercorriamo insieme la storia del V4 Honda attraverso le moto che lo hanno reso famoso.

NR500
Fu la moto con cui Honda tornò ai gran premi nel 1979 e la prima con motore 4 tempi e configurazione V4. Ma non solo, fu soprattutto la prima moto con pistoni ovali e distribuzione a 8 valvole per cilindro, caratteristiche che in combinazione alla cilindrata di “soli” 500 cc, le permettevano di raggiungere elevatissimi regimi di rotazione. Una moto troppo radicale, raffinata e spesso delicata per essere davvero vincente, ma che gettò le basi per lo sviluppo di tutti i motori V4 Honda a 4 tempi sia stradali che da corsa. Il concetto dei pistoni ovali ha grandi potenzialità ed Honda era determinata a sfruttarle appieno. Con 4 valvole di aspirazione e 4 di scarico per ogni cilindro, il flusso in aspirazione e scarico era massimizzato, determinando una potenza molto elevata. Ma c'erano incredibili problematiche sia meccaniche sia legate ai materiali da risolvere, come ad esempio la costruzione delle fasce di tenuta, difficilissime da realizzare a causa della forma ovale. Inoltre le bielle, due per ogni pistone ovale, tendevano a torcere, provocando repentine rotture degli spinotti. I progettisti Honda risolsero uno alla volta tutti questi problemi ma lo sviluppo delle moto da Gran Premio andava in un'altra direzione e così la NR 500 rimase “solo” la capostipite di alcune di quelle che negli anni successivi sarebbero state tra le più belle moto stradali e da corsa di sempre.

VF750S e VF750F
Presentata nel 1982, la prima Honda V4 di serie era una moto stradale da 750 cc. Il motore sfruttava tutto il know how acquisito fin dalla progettazione della NR500 ma era sostanzialmente più tranquillo, molto più affidabile e, ovviamente, dotato di normali pistoni circolari. Non mancava tuttavia la distribuzione bialbero a 4 valvole e il raffreddamento a liquido. La trasmissione finale inoltre era a cardano e la sospensione posteriore con monoammortizzatore. L'impostazione generale della ciclistica era tendenzialmente turistica, con il manubrio alto e la sella comoda. L'anno successivo arrivò la versione più sportiva, denominata VF750F. Aveva un nuovo bellissimo telaio perimetrale in acciaio, forcellone in alluminio e trasmissione a catena, oltre ad una semicarenatura aerodinamica che la rendeva sia più confortevole che veloce. Esiste anche la più piccola VF400F: pensata per il mercato giapponese dove prendere la patente per le grosse cilindrate era molto difficile, riscosse successo anche in Europa, grazie alle prestazioni di alto livello e all'estetica davvero riuscita. Ma non finisce qui, con la stessa architettura di base della VF750F, sia per il motore che per la ciclistica, ma un'estetica ancor più accattivante grazie alla carenatura integrale, compaiono nel 1983 le VF500F (semicarenata) e VF500F2, capaci di ben69 CV a 11.500 giri. Decisamente sportiva e brillante, fu un successo in tutta Europa, grazie anche al traino di un'estetica molto simile al nuovo “mostro”: la VF1000R!

VF750C '82-'05: FORSE NON TUTTI SANNO CHE...
Cilindrata di 748 cc, alesaggio x corsa da 70x48,6 mm, 87 CV a 9.000 giri per la versione più recente, quella del 1998. No, non stiamo parlando di una versione depotenziata della VFR ma della VF750C, una custom prodotta fino ai primi anni del nuovo Millennio e che ancora oggi manda in brodo di giuggiole chi la possiede, perché le prestazioni sono tutt'altro che da custom, con un'accelerazione bruciante e una velocità massima prossima ai 200 km/h. Posizione in sella comoda, interasse lungo, la VT750C sfruttava la collaudata meccanica del motore da 748 cc prima serie, privo quindi di comando distribuzione a cascata di ingranaggi ma comunque dotato di testate bialbero e raffreddamento a liquido.

RS1000RW
E' il 1982 e per correre nel campionato americano F1 TT Honda prepara la terribile RS1000RW, derivata dalla VF750 ma con cilindrata maggiorata a 1.024 cc e trasmissione finale a catena. La chiamavano “balena bianca” per le sue generose dimensioni ma a far sorridere era solo il nomignolo affibbiatole perché, con 148 CV e una velocità massima superiore ai 250 km/h, strapazzava le concorrenti su tutti i rettilinei. Fu grazie ad essa che Bridgestone mise a punto i suoi primi pneumatici radiali perché quelli convenzionali utilizzati fino ad allora avevano vita dura sotto le sferzate di potenza del V4 Honda.

VF1000F e VF1000R
Veloce, ricca di coppia, comoda, versatile e protettiva la "F"; sportivissima, potente, completamente carenata e con un look da vera racer la seconda. Dopo l'esperienza agonistica con la RS1000RW, Honda decise di portare sulla produzione in serie la maxicilindrata e diede vita a queste due splendide V4 da 1000 cc. Avevano telaio in tubi quadri d'acciaio e forcellone in alluminio, con una potenza di 100 CV la F e 120 la R. Quest'ultima introdusse per la prima volta sul motore V4 di serie la distribuzione comandata da cascata di ingranaggi, uno degli elementi caratteristici anche dei futuri modelli 4 cilindri a V. Della VF1000F inoltre non bisogna dimenticare, come avveniva anche per le “piccole” 500 cc, la presentazione nel 1985 della VF1000F2, con carenatura integrale e doppio faro, un vera locomotiva per i lunghi viaggi che dava grandi soddisfazioni anche nella guida sportiva.

RVF 750 e VFR750F: L'ERA MODERNA
Nelle competizioni comincia nel 1985 l'era RVF: telaio bitrave in alluminio, monobraccio, motore V4 da 130 CV. Nell'endurance vince a mani basse in qualsiasi competizione si schieri al via. Sulla base di questa fantastica racer Honda progetta la VFR750F, la prima della nobile stirpe VFR. Comoda ma sportiva, elastica ma velocissima, sobria ma accattivante. La VFR750F creò in maniera definitiva il segmento delle sport-tourer che, da quel momento in poi, avrebbe dominato con indiscusso successo commerciale in tutto il mondo. Completamente carenata, verniciata con sobrie grafiche monocromatiche, dotata di forcellone in alluminio e doppio scarico laterale, sviluppava una potenza di 105 CV a 10.500 giri che le permettevano di superare agevolmente i 220 km/h.

NR 750 '87: IL MITO, SECONDA PUNTATA
Il mito della NR a pistoni ovali rivive, dopo il debutto del 1979 nei GP, con la NR750 del 1987, realizzata da Honda appositamente per l'endurance. Potentissima, compatta, apparentemente simile alla RVF750 con cui convive sui campi di gara, la NR750 debutta alla 24 Ore di Le Mans ma, per una banale noia meccanica, costringe i piloti al ritiro dopo poche ore di gara. Il suo cuore pulsante a 32 valvole sviluppava 153 CV e una fenomenale coppia ai medi regimi che la fiondava letteralmente fuori dalle curve. Pesante appena 155 kg a secco fu utilizzata nelle competizioni per un altro anno soltanto, ma aveva comunque gettato le basi per la nascita della fenomenale versione stradale del 1992, un sogno in edizione limitatissima dal prezzo di quasi cento milioni di lire.

VFR750R-RC30: INDIMENTICATA ICONA SUPERBIKE
Provate a chiedere a qualsiasi appassionato di moto sportive qual è la Honda superbike più affascinante di sempre e vi risponderà, senza un attimo di esitazione, “RC30”. La denominazione ufficiale era VFR750R e fu progettata da Honda sfruttando l'esperienza maturata con la RVF nell'endurance. Ma perché una moto omologata per la circolazione stradale se doveva correre in circuito? Semplice, nel 1988 nasceva il Mondiale SBK e il regolamento parlava chiaro: potevano partecipare solo moto derivate dalla normale produzione di serie. Normale.. si fa per dire. Sulla RC30 l'unica cosa normale era la presenza di fari e frecce per la circolazione stradale, tutto il resto era un concentrato di tecnologia: motore V4 da 750 cc a 4 valvole per cilindro con comando a cascata di ingranaggi, parti motore in magnesio, bielle in titanio, telaio perimetrale in alluminio e monobraccio. La versione di serie sviluppava 112 CV che arrivavano agevolmente a 130 con il kit messo a punto dalla HRC per le competizioni. Vinse le prime due edizioni del neonato Mondiale SBK e negli stessi anni dominò tutte le categorie del Tourist Trophy dell'Isola di Man. Era nata per correre e... faceva benissimo il suo mestiere!

LE 400 CC: NECESSITA' JAP, VEZZO EUROPEO
Chi ha amato la VFR750R non può non ricordare l'arrabbiatissima versione “baby” da 400 cc. Una cilindrata, la 400, come sempre frutto della legislazione giapponese in fatto di patenti di guida, ma che Honda sfruttò alla grande per proporre una supersportiva radicale, con tutte le raffinatezze tecniche della sorella maggiore, capace di 65 CV a 12.500 giri e di un allungo fino a 14.500 giri! Per chi in quegli anni davvero voleva sognare esisteva, rarissima da trovare, la NC30, copia da 400 cc della RC30. E Honda non perse l'abitudine di realizzare la versione 400 delle sue superbike nemmeno con la successiva RVF750R (RC45) del 1994, realizzando, nel 1997, la NC35, denominazione usata dal Costruttore per la RVF400R.

VFR750F 1990: IL MITO DELLA VFR MODERNA
E' opinione comune che la prima "vera" VFR, come la intendiamo noi oggi, ovvero una sport-touring ad alte prestazioni, sia la versione del 1990. Il modello precedente aveva definitivamente "sdoganato" il motore V4 da 750 cc come il miglior propulsore per uso misto sportivo e turistico; la versione del 1990 amplificava il piacere di guida su strada con un'erogazione ancora più piena ai medi regimi, una posizione di guida perfetta anche per i lunghi viaggi e un bilanciamento dei pesi più grintoso, con il motore ricollocato nel telaio in posizione più avanzata. E poi introduceva, per la prima volta sul modello stradale, il monobraccio al posto del forcellone e gli indicatori di direzione inseriti al posteriore nel codone e all'anteriore nella carenatura, un "leit motiv" che ha accompagnato tutti i modelli VFR fino ad oggi.

NR750 '92: IL MITO
Mentre nel Mondiale Superbike l'RC30 cominciava a subire l'assalto della Ducati, si faceva spazio nelle menti "perverse" dei progettisti Honda l'idea di stupire di nuovo il mondo con una moto dalle caratteristiche tecniche sensazionali. A dire il vero non ci volle nemmeno tanta fantasia, fu "sufficiente" riaprire l'album dei ricordi alla voce "pistoni ovali" per rimettersi al lavoro e dare vita a quella che ancora oggi è probabilmente la moto costruita in serie più speciale del mondo: la NR 750. Rimase in vendita per un anno e mezzo e il prezzo era superiore ai novanta milioni di lire. Pesava parecchio, circa 230 kg in ordine di marcia, ma con il suo V4 a 32 valvole e 8 bielle, era in grado di sviluppare 130 CV a 14.000 giri e di superare i 270 km/h. Immancabili il telaio perimetrale in alluminio e il monobraccio, con la bellissima ruota a sbalzo in magnesio. La linea era da sogno, e anticipava temi estetici che per tutto il decennio successivo, e ancora oggi, sono stati ripresi anche da altri costruttori. La carenatura, "sigillata", occultava alla vista quel gioiello tecnologico che era il motore, il cupolino ospitava il sottile faro sdoppiato, le prese d'aria dinamiche confluivano nell'airbox con due tubazioni in carbonio passanti sopra al manubrio, e gli specchi retrovisori avevano indicatori di direzione incorporati. Dal codone monoposto, massiccio e dotato di prese d'aria simili a quelle di un caccia, sbucavano i terminali di scarico, anch'essi completamente "carenati". La NR 750 paradossalmente non servì a nulla, né dal punto di vista sportivo né da quello commerciale, quasi fosse stata pensata come esercizio di stile e ingegneria applicata, una sorta di bandiera tecnologica che la Honda produsse in serie limitata al ritmo di circa tre esemplari al giorno. Oggi giacciono, ammirate e custodite gelosamente, nei garage (e a volte nei salotti) di pochi danarosi collezionisti che, forse per propria soddisfazione personale, di tanto in tanto ascoltano la sinfonica melodia prodotta dal "V4 oval piston" Honda.

RVF750R-RC45: PER VINCERE ANCORA
Nel 1994 era evidente che il ciclo di vita della RC30 era giunto al termine. Nel Mondiale SBK si affacciava la nuova esotica Ducati 916 e per Honda era giunto quindi il momento di rilanciare il guanto della sfida. Attingendo a piene mani, tranne che per i pistoni ovali, dalla tecnologia applicata alla NR750, il V4 Honda da 750 cc fu sviluppato spostando sul lato destro la cascata di ingranaggi che comandava la distribuzione. Le misure caratteristiche del motore divennero ancor più superquadre e all'alimentazione comparve il sistema di iniezione elettronica. Aveva la forcella rovesciata come la NR750 e furono ulteriormente sviluppati sia il telaio perimetrale in alluminio che il monobraccio. Con 120 CV a 12.000 giri, che diventavano 150 con il kit HRC, la RC45 cominciò a dominare subito le gare del TT dell'Isola di Man e dell'Endurance, ma dovette attendere fino al 1997 per far tornare Honda campione nel Mondiale Superbike con John Kocinski. La versione stradale costava molto meno della NR 750 ma era comunque cara. Per acquistarla occorrevano oltre quaranta milioni di lire.

VFR750F '94: DESIGN NR E AFFINAMENTO TECNICO
Il successo del modello del 1990 fu tale che, per rimanere al vertice della categoria sport-touring, Honda mise mano alla VFR750F, apportando alcune modifiche estetiche e tecniche che ne tenessero elevata la desiderabilità da parte del pubblico in cerca della vera sportiva tuttofare. La linea richiamava elementi della NR750 (come il gruppo ottico anteriore e gli sfoghi per l'aria calda sulla carena) e la nuova strumentazione elettronica, più leggera, era imponente e davvero molto completa. Il peso scese di circa 10 kg, il motore ricevette affinamenti a livello di testate e alimentazione, e fu migliorata l'autonomia aumentando la capacità del serbatoio benzina. Ma questa versione è ricordata anche per essere la meno brillante della serie 750, perché i progettisti vollero rimarcarne l'indole da macina chilometri con un'erogazione molto corposa ai bassi e medi regimi, che andò ad inficiare però la potenza agli alti, tanto che il dato dichiarato dalla Casa era di "soli" 91 CV a 9.800 giri.

VFR '98: UN NOME UNA GARANZIA, E CON QUASI 800 CC
Nel 1998 la VFR è già da tempo la sport-touring per eccellenza e con il nuovo modello Honda vuole mettere ancora più enfasi sulle doti di elasticità di marcia. La cilindrata aumenta così fino a 781 cc, grazie a un incremento di 2 mm nella misura dell'alesaggio. Le novità tecniche risiedono anche nei carter motore, derivati da quelli della RC45, nell'alimentazione, ora ad iniezione elettronica, e nell'impianto frenante, con il famoso Dual-CBS che proprio in quegli anni muove i primi passi sulle moto Honda di grossa cilindrata. Inoltre l'impianto di raffreddamento si avvale di inediti radiatori laterali, posti a ridosso della carenatura, una caratteristica che si ritrova anche sul modello attuale. La potenza dichiarata è di 110 CV nel 1998 e 106 CV nel 2000, quando le normative antinquinamento impongono l'adozione del catalizzatore.

VFR 2002: V-TEC SI', CASCATA NO
L'ultima rivoluzione per il V4 stradale più famoso del mondo arriva nel 2002. La cilindrata rimane di quasi 800 cc ma dal mondo delle auto Honda travasa sulla sua famosa sport-tourer la tecnologia V-Tec, un meccanismo che agisce a livello di distribuzione e fa sì che fino a un certo regime (7.000 giri nel caso della VFR), il motore funzioni come un 2 valvole per cilindro, quindi con un'erogazione di coppia corposa ai bassi e medi regimi. Superata tale soglia il V-Tec trasforma il motore a tutti gli effetti in un "4 valvole", mutandone completamente l'indole e permettendogli di allungare con decisione fino all'intervento del limitatore. Una "chicca", il V-Tec, che non tutti gli amanti della VFR apprezzarono, perché a farne le spese fu, probabilmente per motivi di costi di produzione, la distribuzione a cascata di ingranaggi, che lasciò il posto a due più tradizionali catene. Ma il V-tec non fu l'unica innovazione: il telaio divenne del tipo "pivot-less", ovvero con il monobraccio infulcrato direttamente sul carter motore, e la linea divenne davvero "spaziale", con il frontale caratterizzato dal gruppo ottico sdoppiato e il posteriore dai doppi scarichi sottocodone. Da allora, fatti salvi gli ovvi aggiornamenti necessari a mantenere le emissioni inquinanti entro i limiti di legge, la VFR non è più cambiata e gli appassionati di questo modello attendono ormai da qualche anno il nuovo rivoluzionario modello. Quanto assomiglierà al "V4 Concept" visto ai saloni di fine 2008?

MOTOGP: DA 5 A 4
Lo sviluppo del motore Honda 4 tempi a V è ricominciato nel 2000, nell'ottica del rientro agonistico che era stato programmato per il 2002.Chiusa l'era del 2 tempi, i Costruttori si sono gettati a capofitto nella progettazione dei motori a 4 tempi da 990 cc. La Casa dell'Ala, per non smentirsi, scelse la strada a cui nessuno aveva pensato, un motore a V, ma a 5 cilindri anziché 4. Perché? Semplice, il regolamento non penalizzava, in termini di peso minimo della moto, i motori con oltre 4 cilindri, così i progettisti pensarono di sfruttare il vantaggio di potenza massima ottenibile con un 5 cilindri rispetto a un 4. La RC211V si rivelò infatti potentissima e vincente da subito. Ma alla fine del 2006 le MotoGP avevano già raggiunto un tale livello di prestazioni che il regolamento cambiò ancora: la cilindrata doveva scendere da 990 cc a 800 cc. Presto detto, Honda "trasformò" il 5 cilindri a V in un nuovo V4 (l'ultima versione del 2008 prevede la distribuzione a valvole pneumatiche) ed è probabilmente sulla base delle esperienze che continuano ad essere accumulate su questo motore che la progettazione della futura V4 Concept" sta procedendo.
A noi non resta che aspettare, per vedere con quali "magie" il più grande Costruttore di moto del mondo vorrà stupirci.

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3 commenti:

sburbiz_marca ha detto...

Invece di uniformarsi alle altre case nipponiche con il motore CBR (anche se a onor del vero Honda con la CB Four è stata l'antesignana del quattro cilindri in grande serie..) dovevano secondo me proseguire nello sviluppo del V4 anche in chiave sportiva, invece di proporlo su una sport-tourer come l'ultima VFR 1200, avrebbero raccolto molti più consensi. Chissà che non ci facciano nuovamente un pensierino in futuro!

Enrico Zani ha detto...

Le V4 di Casa Honda sportive: RC30, RC45 sono sempre state moto di "nicchia" per via dei loro prezzi esorbitanti.. La CBR invece, per quanto valida è da sempre una moto "consumer". Probabilmente in Honda hanno deciso di puntare più sui numeri che non sul cuore. Produrre e vendere una moto con il propulsore 4 in linea è sicuramente più vantaggioso da un punto di vista economico che non una dotata di un V4. Gli appassionati sicuramente non condividono questa scelta e aspettano con ansia che una nuova moto siglata RVF venga prodotta..

WideOpen ha detto...

La RC30 e' veramente una delle moto piu' sexy al mondo! Potete vedere delle belle foto qui:
www.wideopenmoto.blogspot.com