domenica 20 marzo 2011

21 marzo 1981 - 21 marzo 2011: 30 anni dopo la leggenda vive ancora..





La sera del 21 marzo 1981, alle porte di Birmingham, Mike Hailwood sta tornando a casa in macchina assieme ai figli Michelle e David dopo essere andato a comprare “fish & chips” per la cena. Davanti alla sua Rover un camion esegue un'inversione improvvisa e proibita che rende impossibile ogni tentativo di evitare lo scontro. La piccola Michelle muore sul colpo, Mike due giorni dopo in ospedale, David, resta invece miracolosamente illeso. Se ne è andato così, a quasi 41 anni, come un automobilista qualunque, uno dei più grandi campioni nella storia del motociclismo. Amatissimo dal pubblico e rispettato dagli avversari per il coraggio, la bravura e la correttezza nei duelli in pista. Figlio di Stan Hailwood, appassionato di motociclismo e proprietario della catena di negozi “King of Oxford”, Mike aveva iniziato a correre giovanissimo, debuttando a 17 anni ad Oulton Park. Si era messo subito in evidenza nelle gare inglesi e in breve tempo era approdato al Motomondiale, forte del suo immenso talento ma, anche grazie ai buoni uffici e alla disponibilità economica del padre. In carriera ha corso e vinto praticamente con moto di ogni cilindrata, aggiudicandosi 9 titoli iridati (con MV Agusta e Honda) e 77 GP. Ha smesso con le moto forse troppo presto, cercando fortuna nelle quattro ruote dove avrebbe potuto lasciare il segno. Dopo aver vinto il Campionato Europeo di F2 nel 1972 con la Surtess e dopo aver conquistato due podi in F1, nel 1974 un tremendo incidente accadutogli sul circuito del Nurburgring mentre era al volante della sua McLaren da F1 gli ha troncato la carriera automobilistica. Come altri campioni dei motori ha vissuto e si è consumato velocemente, bruciato dal suo stesso ardore: a 20 anni ne dimostrava 30 e in occasione del suo ritorno al TT nel 1978, senza capelli e con i baffi, sembrava un uomo di mezza età. Scrisse di lui, Roberto Patrignani in occasione della sua scomparsa: “Mike è stato il ragazzo viziato che si diverte senza sorridere e in realtà senza divertirsi ma anche una macchina da guerra. Uno di quei rari ordigni umani che ogni tanto la natura sforna casualmente e che fanno il vuoto attorno a sé nell'attività in cui si dedicano. Uomini che distingui da una specie di alone, di cui subisci il fascino e che lasciano un segno indelebile del loro passaggio nella vita terrena”. Mai parole furono più appropriate..

Tratto da Motociclismo d'Epoca (anno 17, numero 3 - marzo 2011 -).

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1 commento:

sburbiz_marca ha detto...

Unico, indimenticabile, un mito.