domenica 27 febbraio 2011

Grande Carlos!




Per una precisa scelta di chi scrive su Cesena Bikers si è trattato pochissimo di "attualità" per quanto concerne lo Sport del Motociclismo, dando quasi esclusivamente spazio a moto, piloti e competizioni del passato. Questa volta però trovo doveroso scrivre qualche riga in merito alla prima gara del Campionato Mondiale Superbike 2011. La corsa di Phillip Island che si è disputata questa notte ci ha reso alcuni spunti veramente interessanti. A parte il bel duello in gara 2 tra Max Biaggi e Marco Melandri per la piazza d'onore sul podio; a parte i due preziosissimi secondi posti ottenuti dal pilota romano in sella alla Aprilia che confermano ampiamente la forza di questo binomio, iridato nel 2010; la grande sorpresa della giornata è stata la doppietta ottenuta da Carlos Checa in sella alla Ducati del Team Althea. Volutamente, non ho pubblicato nulla su questo blog che fosse inerente al ritiro della Ducati in veste ufficiale dal massimo Campionato per le derivate dalla serie per non fomentare le già numerose ed aspre polemiche sorte in seguito alla discussa (e discutibile..) scelta in merito fatta dal management di Borgo Panigale. A questo punto però ritengo che sia giusto scrivere qualcosa in merito. Circa questa scelta effettuata dalla Ducati si è detto e scritto tanto. A conti fatti la versione ufficiale dei fatti, fornita per motivare questo ritiro è che la Casa bolognese abbia preso questa strada in quanto ritenesse che in base al regolamento attuale, le moto dotate di propulsore a quattro cilindri (ossia la concorrenza), siano avvantaggiate rispetto a quelle dotate di un bicilindrico (ovvero le sue). La doppietta odierna di Carlos Checa, ottenuta in maniera perentoria, sembra dirci che le cose non stanno così e che la 1198 abbia ancora molte frecce al suo arco da poter scoccare e che con uno sviluppo adeguato, possa essere ancora una delle "moto da battere". Sulla Gazzetta dello Sport di ieri (sabato 26/02/2011) Max Biaggi ha riassunto con efficace semplicità la situzione dicendo: "La Ducati si é ritirata in quanto si sentiva penalizzata dall'attuale regolamento tecnico; a mio avviso quello che li ha penalizzati seriamente nelle due passate stagioni é stata la gestione dei piloti prima e la scelta degli stessi poi..". A mio avviso questa spiegazione lucida ed immediata fornita dal pilota romano é quanto meno veritiera. So benissimo che coi se e coi ma i mondiali non si portano a casa, ma nella stagione 2010 se la Casa avesse dato pieno appoggio a Carlos Checa, la lotta del mondiale non sarebbe stata solamente una questione a due tra Max Biaggi e Leon Haslam. Allo stesso tempo nel 2009, con un semplice ordine di Scuderia ad Imola, i punti in più ottenuti da Haga sarebbero stati fondamentali per la lotta al titolo, finito come noto nelle mani di Spies e della Yamaha. Aggiungo inoltre (come pensiero personale) che la Ducati, dal 1988 ad oggi, abbia preso una vera e propria "bastonata" solo nella stagione 2010 avendone al contrario distribuite tante in passato. Mi viene quindi da pensare a quanto possa essere facile fare la "bella faccia" quando si vince e si hanno piloti come: Polen, Fogarty o Bayliss ma forse, di quanto ancor più lo sia mollare tutto alla prima difficoltà dando la colpa al regolamento del Campionato. Si è poi detto su diversi fronti che la Superbike sia stata abbandonata in veste ufficiale dalla Casa bolognese per poter convogliare uomini, mezzi e capitali alla volta del progetto MotoGP che, con in sella Valentino Rossi non ammette errori: se si perde è la Ducati a perdere e non il pilota pesarerse che ha vinto con ogni moto con cui ha corso. Se si vince, si è fatto il "minimo sindacale" dato il gran pilota che si ha in Squadra. Se questo sia vero o meno non è dato a sapersi a noi comuni mortali anche se è facile avere questo pensiero.. Purtoppo ad oggi (anche se le cose potrebbero cambiare anando avanti..) pare che tra la Rossa Desmosedici e Valentino Rossi non sia nato ancora l'amore e il pilota di Tavullia, nei test pre-campionato, sta prendendo sempre e comunque "paga" dagli avversari per la disperazione del popolo ducatista che da parecchio tempo a questa parte non vedeva la stupenda moto bolognese così in basso nelle classifiche. A tal proposito va detto che il Campionato del mondo Superbike ha reso veramente tanto alla Ducati in termini di immagine e conseguentemente di vendite, in un periodo, alla fine degli anni ottanta, che per la Casa di Borgo Panigale era di "vacche magrissime". Tutto il successo commerciale delle rosse bolognesi poggia le sue basi sulla immagine vincente tra le derivate dalla serie che moto come la 851, la 888, la 916, la 996, la 998, la 999 e la 1098 la hanno saputo conferire (sbaragliando per anni la concorrenza dei colossi nipponici) e non certo sull'unico titolo iridato ottenuto della Desmosedici. I piloti che il pubblico ha amato ed ha cercato di imitare, magari acquistando il Monster, sono stati Doug Polen, Carl Fogarty, Troy Bayliss, gente tosta, vincente e non dedita alle lamentele! Per fortuna però a far tornare il sorriso sui volti dei fans dal cuore desmodromico pare che quest'anno possa pensarci il buon Carlos Checa, pilota serio e veloce, che nonostante non sia sotto i riflettori come alcuni più blasonati compagni di Marca, corre sempre con spirito generoso, non lamentandosi mai e portando a casa delle importanti vittorie. Speriamo solo che a Borgo Panigale qualcuno se ne accorga e decida di aiutarlo, sviluppando la moto e fornendogli del materiale che lo gli possa dare una mano a rimanere ai vertici della classifica anche nei momenti più caldi della stagione. Per ora, in attesa del successo (o del tonfo?) del mega progetto Moto GP in questo 2011, accontentiamoci e godiamoci questo momento davvero magico, sia per il buon Carlos che per la Ducati, prima in classifica e a pieno punteggio, come accadeva negli "anni d'oro"!

27/02/2011: Seconda uscita dei Cesena Bikers



Questa mattina si è svolta la seconda uscita di questa "motostagione 2011" dei Cesena Bikers. Prima di descriverne i dettagli va precisato che essa è stata fonte di alcuni spunti interessanti come: l'ingresso di una nuova leva nel nostro gruppo, ossia il giovanissimo Andrea Balducci in sella alla sua Ducati Monster 695. Cesena Bikers è un gruppo che fortunatamente si dimostra estremamente "vivo" in quanto ogni anno ad esso si aggiungono nuovi amici. Questa nuova presenza mi rende particolarmente fiero in quanto Andrea ha solamente diciotto anni e quindi insieme a Suan e a Damiano (Cesena Bikers dalla stagione scorsa), rappresenta il futuro della nostra organizzazione. Il secondo motivo di interesse di questa uscita è rappresentato dall'itinerario che abbiamo scelto. Siamo partiti dalla nostra sede alle ore 09:40 circa e dopo esserci recati a Longiano, passando da Badia abbiamo preso per Santa Paola. Da li ci siamo recati alla "Ciocca" ossia la famosa salita tutta tornanti che porta a Sogliano sul Rubicone. Una volta giunti al "paese del formaggio di fossa", dopo una brevissima pausa caffè (per scaldarci un pochino..), abbiamo proseguito per Ponte Uso. Arrivati li abbiamo optato di seguire per il Gorolo per poi scendere sino a Borghi e proseguire alla volta del Castello di Ribano ed infine a Savignano sul Rubicone da dove abbiamo fatto ritorno alle nostre case. Come uscita in se e per se ci ha tenuti in sella per novanta minuti circa quindi vista unicamente dall'ottica dei numeri, non sarebbe da considerarsi "degna di nota". Va detto che questa mattina il clima era piuttosto freddo e che siamo rientrati a casa sotto la pioggia, incontrata fortunatamente solo negli ultimi chilometri. Va ancora precisato che poco dopo il rientro alle nostre abitazioni si è visto anche qualche fiocco di neve, il che fa acquisire valore al fatto che nonostante tutto un manipolo di pazzi abbia comunque deciso di mettersi in sella alle proprie motociclette a abbia deciso di fare una uscita in questa fredda domenica di febbraio. Il passo tenuto è stato ovviamente dei più blandi ma, come vado dicendo da un po' di tempo a questa parte: per divertirsi in moto, non serve correre! Voglio quindi ringraziare: Davide Masini, Gino Gorini, Daniela Zammarchi, Suan Kercuku e il già citato Andrea Balducci per la loro presenza e soprattutto per la loro compagnia!! Personalmente ritengo che se il buongiorno si vede dal mattino, questa "motostagione 2011", che è partita già di slancio con due belle uscite, promette grandi cose!

venerdì 25 febbraio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..


Wes Cooley in sella alla Honda RS500 impegnato in una gara (sul bagnato) della AMA Formula 1 sul tracciato del Mid-Ohio nell'anno 1984. Quasi tutti ricordano Wes Cooley per le sue imprese ottenute in sella alla Suzuki Yoshimura nella AMA Superbike. Quelli che hanno migliore memoria possono addirittura rammentarsi del suo esordio, quando guidava la Kawasaki. Più difficile è sicuramente abbinare il fortissimo pilota statunitense ad una moto prodotta dalla grande Casa di Tokyo. Nel 1984 invece Wes Cooley e la Honda formarono una forte accoppiata nella AMA Formula 1. Wes in quella stagione poteva vantare una situazione estremamente privilegiata rispetto a tanti altri piloti che si barcamenavano in cerca di un contratto per poter gareggiare: egli aveva sottoscritto ben due contratti che lo legavano ad altrettante Case. Con la Honda firmò per gareggiare nella AMA F1 e con la Suzuki si impegnò per prendere parte alla AMA Superbike.

giovedì 24 febbraio 2011

Team Suzuki Heron




Nelle foto, durante la presentazione dei piloti del team Suzuki Heron vediamo: in sella alla 500 n.3 Tom Herron, alla 500 n.6 Steve Parrish e sulla 750, ovviamente col n.7, Barry Sheene.

mercoledì 23 febbraio 2011

Honda NSR 500 1984: il secondo peccato di presunzione..





La Honda nel 1983 raggiunse l'iride nella Classe Regina, colmando così l'unico posto vuoto rimasto nella sua importante bacheca di allori ottenuti nel Motomondiale. La Casa di Tokyo ha inseguito questo titolo sin dal 1966, mettendo in campo la formidabile coppia formata da Mike Hailwood e dalla RC181. Sebbene il titolo Costruttori venne raggiunto, per quanto riguarda quello piloti, l'asso britannico dovette inchinarsi ad Agostini e alla sua MV Agusta. A seguito di questa delusione (e soprattutto per dedicarsi alla F1) il colosso nipponico si ritirò. Dopo un decennio passato lontano dai GP la Honda fece il suo ritorno schierando la avveniristica ma mai competitiva NR 500 a quattro empi dotata di pistoni ovali. Nonostante il fiume di capitali versati in questo progetto, la moto non si dimostrò mai all'altezza nel confronto con le pari cilindrata dotate di propulsore a due tempi che da anni dominavano incontrastate la Classe 500. Nel 1982 la Honda decise quindi di intraprendere una strada più convenzionale, mettendo in pista anche essa una moto con propulsore a due tempi. La NS 500 vide così la luce. Il progetto di questa moto si dimostrò ben riuscito sin dall'inizio: la motocicletta dopo una stagione di affinamento, nel 1983 consentì a Freddie Spencer di cogliere il tanto agognato alloro nella massima cilindrata del Motomondiale. La NS 500, dotata di un propulsore a tre cilindri (quando la concorrenza si avvaleva di motori a quattro cilindri..) seppure non fosse la moto più potente del lotto, si dimostrò dotata di un rapporto peso/potenza ottimale e di una ciclistica precisa che di fatto la resero una moto guidabile e quindi ben sfruttabile dal pilota. La bontà di questo progetto venne ulteriormente provata dal fatto che la versione "clienti" della NS 500 ossia la RS 500, acquistabile dalle scuderie private, fece si che i piloti che la portarono in gara ottennero risultati lusinghieri, in un Motomondiale che stava diventando "sempre più delle squadre ufficiali" e che lasciava sempre meno spezio ai privati. Per la stagione 1984 la HRC, forte del titolo appena conquistato, invece di proseguire nello sviluppo della moto con la quale aveva colto l'iride decise di cambiarla. La NS venne considerata giunta al limite del suo sviluppo e quindi nel Reparto Corse più grande del mondo, si decise di accantonare questa motocicletta. Per i tecnici infatti non si potevano spremere ulteriori cavalli dal propulsore 500 a tre cilindri senza andare a comprometterne seriamente l'affidabilità del basamento e dell'imbiellaggio. Si passò quindi al progetto della rivoluzionaria NSR 500 a quattro cilindri. Moto potentissima per l'epoca (si parla di oltre 140 CV!!), aveva una erogazione brutale, ma soprattutto venne dotata di alcune soluzioni tecniche che sulla carta furono valutate assolutamente vincenti! La più evidente in assoluto è senza dubbio la collocazione del serbatoio del carburante sotto al motore con il chiaro intento di abbassare il baricentro della motocicletta, migliorarne la distribuzione dei pesi ed aumentarne di conseguenza la guidabilità. Questa scelta tecnica prevede che la benzina arrivi al propulsore (un V4 di 90° con ammissione lamellare, alesaggio per corsa 54x54,5mm, cilindrata 499cc) con l'ausilio di una pompa meccanica e che gli scarichi passino sopra allo stesso (come sulla rivoluzionaria Elf-X dl 1978) incastonati nella parte superiore del telaio a diamante e separati dal torace del pilota solo dalla vetroresina e dallo stato di alluminio-amianto con cui è costruito ed è internamente ricoperto, il guscio del finto serbatoio. Non contenti, alla HRC decisero di equipaggiare la moto anche con freni e cerchi (questi ultimi nella allora inedita accoppiata 17" all'anteriore e 18" al posteriore) in fibra di carbonio. Quest'ultima scelta sarà proprio quella che diede una svolta negativa alla stagione 1984, recando problemi sin dalle prove del primo GP in calendario. La gara d'esordio stagionale, nel 1984 si disputò infatti sul tracciato di Kyalami, in Sudafrica. Freddie Spencer girò subito fortissimo con questa nuova moto, siglando la pole-position. L'asfalto della pista sudafricana era però molto rovinato e a causa delle sollecitazioni dovute alle varie irregolarità del manto stradale, il cerchio posteriore in carbonio della moto del Campione del Mondo cedette di schianto, causandone la caduta e l'infortunio alla spalla che lo tenne a riposo forzato. Da quel momento tra l'asso americano e la prima versione della NSR fu convivenza forzata! Freddie lamentava inoltre (a ragione!) che la moto per via del posizionamento degli scarichi "cuoceva" chi la portava. In alcune occasioni il pilota si rifiutò addirittura di utilizzarla in gara, preferendole, per la disperazione dei tecnici HRC, la vecchia NS 500. Nonostante le tre vittorie ed il secondo posto ottenuti da Freddie Spencer sulla NSR (alle quali vanno aggiunte le due conquistate in sella alla NS), a fine stagione il pilota americano ottenne solo la quarta posizione in classifica mentre il titolo iridato se lo aggiudicarono Eddie Lawson e la sua Yamaha YZR 500. A partire dall'anno successivo la NSR venne progettata seguendo soluzioni più convenzionali e grazie ad un progressivo lavoro di sviluppo, divenne quell'arma totale che le permise di dominare incontrastata i GP per tutta la seconda metà degli anni novanta.

Filmati:

lunedì 21 febbraio 2011

RANDY CLEEK: una carriera finita troppo presto!

























































Pubblico su Cesena Bikers questo post dedicato al pilota statunitense Randy Cleek a seguito di una richiesta di informazioni fattami dalla nostra "tesoriera" che è venuta a conoscenza di questo pilota per merito di un articolo ad esso dedicato, pubblicato su Motosprint n.7 del 2011:

Randy Cleek (Shawnee, 27 luglio 1955 – Imola, 3 aprile 1977) è stato un pilota motociclistico statunitense. Mosse i primi passi nel mondo del motociclismo a soli 4 anni, in sella a una minimoto. La sua carriera agonistica iniziò a 10 anni, quando prese il via alla sua prima gara. All'inizio della sua carriera si cimentò principalmente in competizioni di Speedway e Cronoscalate. Il 1972 fu la sua prima stagione da professionista, dove partecipò al Campionato Nazionale di Speedway e in quello di Short Track, raggiungendo rispettivamente il settimo e l'undicesimo posto nella classifica finale per la sua categoria. L'anno successivo debuttò nelle competizioni di velocità, che si affiancarono al suo impegno nel campionato di Short Track; concludendo al terzo posto in classifica. Nel 1974 arrivarono i primi successi in gare nazionali, sia nelle competizioni di velocità che nello Short Track. Prese parte anche a delle gare internazionali, giungendo secondo alle Marlboro International Motor Race Series, dietro ad un altro statunitense, Pat Hennen (sul quale ho pubblicato un post in precedenza). Nel 1975 venne scelto come riserva della squadra che prese parte alle annuali Transatlantic Match Races, serie di gare motociclistiche corse nel Regno Unito che vedevano contrapporsi piloti statunitensi a quelli britannici. Cleek si trovò a prendere il posto di Steve Baker che si era infortunato in seguito ad un incidente. Il giovane pilota si dimostrò all'altezza del compito, conquistando punti e contribuendo in questo modo a far si che la squadra statunitense ottenesse la prima vittoria nella competizione. Continuò a gareggiare anche sugli ovali, raggiungendo ottimi risultati con la TZ 750 Flat-Track. La stagione 1976 vide il suo passaggio definitivo alle gare su pista. Cleek partecipò alla 200 Miglia di Daytona classificandosi all'ottavo posto assoluto. In seguito prese parte a diverse gare sui circuiti europei. Gareggiò nelle competizioni del Campionato statunitense dove, grazie a una serie di ottime prestazioni, conquistò la vittoria finale nel AMA Road Racing Championship. Nello stesso anno convolò a nozze con la sua fidanzata, Traci Simmons. Per il 1977 Cleek puntava alla vittoria del Grand National Championship, oltre ad una maggiore partecipazione alle gare europee del Motomondiale destinate alla nuova categoria: la Formula 750 diventata categoria valevole per il titolo iridato proprio in quella stessa stagione. La prima prova dell'anno 1977, peraltro avversata da cattive condizioni atmosferiche, fu la 200 Miglia di Daytona dove Cleek ottenne il decimo posto nell'unica manche disputata conquistando il suo primo punto iridato. Trasferitosi in Europa, il suo primissimo impegno di una certa importanza nel "vecchio continente" fu la 200 Miglia di Imola, che si correva domenica 3 aprile. La gara, la cui vittoria andò a Kenny Roberts, fu anche segnata dalla morte di Pat Evans, pilota statunitense coetaneo di Randy. Cleek, su una Yamaha sponsorizzata dall'azienda Bel Ray, finì solo ventiquattresimo alla prima manche, mentre riuscì a raggiungere l'ottavo posto nella seconda. La combinazione dei due risultati non gli consentì però di ottenere punti validi per il Campionato. In serata, Cleek partì in macchina alla volta dell'Hotel dove avrebbe passato la notte. A bordo della Fiat 132 presa a noleggio, insieme a Cleek, viaggiavano anche Kurt Williams Keifer, dirigente della Bel Ray, e Giuseppe Geraci, statunitense di origine italiana e interprete di Cleek. Mentre percorrevano la Strada statale 306 diretti alla periferia di Imola, la loro vettura finì fuori strada, impattando contro un muro di cemento. Nell'urto la Fiat si staccò dal suolo, per poi ricadere in carreggiata, colpendo un'altra vettura che giungeva dal senso opposto, un'Autobianchi A112. Nell'impatto rimasero uccisi Cleek, Keifer, Geraci e i tre occupanti dell'Autobianchi, una giovane coppia di Lugo e la figlia di pochi anni. Finirono così la carriera e soprattutto la vita di un'altro giovane pilota statunitense, promessa del motociclismo a stelle e strisce. Cleek fu ancor più sfortunato del connazionale Hennen. Entrambi però contribuirono a fare capire al mondo che gli States stavano "sfornando" in quegli anni, una nuova generazione di piloti veloci non solo in patria ma in grado di mettersi in luce anche oltre oceano. Cleek ed Hennen furono i due sfortunati precursori dell'American Wave che con Kenny Roberts prese il via nel 1978 e perdurò sino alla prima metà degli anni novanta, sancendo 15 anni di assoluto dominio da parte dei piloti "born in the USA".
Info by:

Cesena Bikers pro-safety:






L'iniziativa CESENA BIKERS PRO-SAFETY sta avendo sempre più successo: oramai tutti i Cesena Bikers hanno acquistato un paraschiena! E' infatti un obiettivo dichiarato del Gruppo per questo 2011 fare si che TUTTI i suoi membri escano in moto con il dovuto abbigliamento tecnico. Cesena Bikers ringrazia tutti coloro che hanno capito ed accolto questa iniziativa consapevoli del fatto che vivere la nostra passione è stupendo, farlo in sicurezza è ancora meglio!

Per saperne di più:
http://cesenabikers.blogspot.com/2011/01/cesena-bikers-pro-safety.html

Calendario Moto GP 2011:






20-3 Qatar Losail
3-4 Spagna Jerez
24-4 Giappone Motegi
1-5 Portogallo Estoril
15-5 Francia Le Mans
5-6 Catalogna Catalunya
12-6 Gran Bretagna Silverstone
25-6 Olanda Assen
3-7 Italia Mugello
17-7 Germania Sachsenring
24-7 Stati Uniti Laguna Seca
14-8 Repubblica Ceca Brno
28-8 Indianapolis Indianapolis
4-9 San Marino Misano
18-9 Aragón Motorland
16-10 Australia Phillip Island
23-10 Malaysia Sepang
6-11 Valencia Valencia

Calendario World Superbike Champioship 2011:

















27/02/2011 Australia, Phillip Island
27/03/2011 Europe, Donington Park
17/04/2011 Olanda, Assen
08/05/2011 Italia, Monza
30/05/2011 U.s.A. Mille Motorsport Park
10/06/2011 Italia, Misano Adriatico
19/06/2011 Spagna, Aragon
10/07/2011 Repubblica Ceca, Brno
31/07/2011 Gran Bretagna, Silverstone
04/09/2011 Germania, Nurburgring
25/09/2011 Italia, Imola
02/10/2011 Francia, Magny Cours
16/10/2011 Portogallo, Portimao

giovedì 17 febbraio 2011

Le cose cambiano?



Non so voi cari Amici e Lettori di Cesena Bikers, ma io, da un po' di tempo a questa parte ho una strana sensazione: sento che forse comincio ad invecchiare.. Penso spesso alle belle uscite in moto della seconda metà della stagione 2010 e alla prima uscita di questo 2011 dove si è tenuto un bel ritmo ma senza esagerare, rilassati e mai con il "coltello tra i denti", valutandole come le migliori di sempre. Tutto questo mi dice chiaramente che qualcosa è cambiato rispetto a quanto accadeva due o tre anni fa quando si tendeva ad aprire la manetta senza tanti pensieri o patemi, quasi spinti da uno spirito spavaldo! Premetto che nella mia storia di motociclista non sono mai stato un fanatico delle superpotenze o un teppista della strada, anche se ammetto che viaggiare nel pieno rispetto del codice della strada è pressoché impossibile. Oggi però mi scopro più attento alla segnaletica ed ai limiti di velocità. Non credo si tratti solo di una, pur condivisibile, voglia di conservare la patente a punti il più a lungo possibile o evitare le multe per la assoluta mancanza di voglia a sanare da solo il debito pubblico: a me pare veramente di essere cambiato sotto questo aspetto, di aver messo parecchio "la testa a posto". Spesso mi dico: "Enrico chi si accontenta gode!". Tempo fa invece mi sarei senza dubbio detto: "Chi gode è più contento!". Credo che la mia voglia di smanettare si stia placando, forse saziata da diverse stagioni passate in sella alle mie amate durante le quali mi sono realmente divertito! Nonostante guardo ancora la mia Speed Triple bianca con gli stessi occhi dolci del nostro primo incontro, oggi mi lascio incantare da moto che fino ad un po' di tempo fa non consideravo neppure: mi immagino felice e sorridente che trotterello sulle nostre colline in sella ad una arcaica Royal Enfield da nemmeno trenta cavalli; mi vedo stilosissimo su di una Triumph Thruxton oppure su di una W800, ultima nata di Casa Kawasaki. Durante l'uscita di domenica scorsa alla strada "Panoramica" di Gabicce mi sono trovato a scorgere cose e dettagli che negli anni precedenti non avevo visto. Insieme a due amici abbiamo giocato per quella strada disegnando con le nostre moto traiettorie larghe e rotonde, sghignazzando tra di noi, nella solitudine dei nostri caschi. Oggi più che mai mi rendo conto di quanto, per strada, cento cavalli ed una ciclistica veramente a punto siano "tanta roba". Spesso mi domando quando a disposizione si hanno i 130 CV della mia moto o i 150 Cv delle Naked della ultimissima generazione, chi, riesca veramente a spremerli tutti! Negli anni sono uscito in moto con moltissima gente: a volte ho preso paga, a volte ne ho data, ma, sinceramente, pensandoci ora, la cosa più divertente è stata stare tutti insieme in gruppo. Mi capita di riflettere sul vero senso dell'andare in moto e vado a ricercarlo nel piacere di rilassarsi, di trovare il proprio ritmo senza strafare, di imparare a conoscere il proprio mezzo, di saper adottare una guida rotonda e pulita. Parto per una uscita mentale in moto, la classica uscita perfetta, ed immagino: una giornata limpida e dal clima gentile, una strada che io amo come può essere il Passo della Calla (o quello dei Mandrioli), io la mia moto, i miei amici più cari. Tratti tortuosi, tornanti, brevi rettilinei si alternano in un percorso guidato. Tengo il ritmo del gruppo ma senza eccessi. Tutti noi evitiamo accuratamente i "numeri" più esagerati e, arrivati al passo mi congratulo con me stesso per la raggiunta maturità. Niente smanettate! Dei cavalli, fini a se stessi, a nessuno di noi importa nulla! Poi alla mente mi salgono i ricordi: avevo quattordici anni, ero in sella al mio Ciao truccato e mi lanciavo in mille avventure su quelle gommine sottili, con a disposizione un "cavallo e mezzo": mi sembrava di volare ed andavo veramente fiero della mia "moto" (?!?!). Il cuore di ragazzino batteva forte quando in primavera, la domenica mattina, mi trovavo davanti al bar con gli amici, ognuno in sella al proprio ciclomotore, vestiti con le tute in "triacetato" (la classica tuta dell'Adidas che nella nostra testa sopperiva a quella in pelle..) e si partiva con l'idea di battagliare tra di noi emulando Schwantz, Doohan e Rainey.. Ai quei tempi bastava poco per essere felici! Ora che siamo più grandi dovremmo ricordarci di come eravamo e trarre esempio da noi stessi! E' proprio vero: le cose stanno cambiando..

mercoledì 16 febbraio 2011

Coppia d'assi !!



Freddie Spencer e la Honda NS500 a tre cilindri. Questa formidabile accoppiata è uno dei simboli delle competizioni dei primi anni ottanta. Il pilota della Louisiana, ai tempi una autentico "baby fenomeno", seppe interpretare come nessun altro la motocicletta prodotta dalla casa di Tokyo. Nei piani della dirigenza nipponica, che nel 1982 ingaggiò il Campione del Mondo in carica Marco Lucchinelli, il giovane pilota statunitense sarebbe dovuto essere la "seconda guida", facendo tesoro della maggiore esperienza messa in campo dal pilota italiano iridato nel 1981. Freddie invece seppe capire meglio di tutti questa moto la cui peculiarità massima erano l'agilità e la maneggevolezza, a discapito della potenza massima. Spencer imparò a "spigolare" tantissimo le curve, ritardando le staccate e raddrizzando velocemente la moto dalle pieghe per poter spalancare il gas quando gli altri erano ancora in piega con le loro moto e a "gas pelato". In una intervista, al cronista che gli pose una domanda in merito al suo stile di guida, rispose: "Con questa moto non occorre cercare la velocità in percorrenza di curva, se lo facessi Kenny (Roberts ndr) in uscita di curva mi "svernicerebbe" ogni volta (Kenny Roberts guidava una Yamaha a quattro cilindri, meno maneggevole della Honda, ma molto più potente..ndr). Io devo stare piegato e quindi a gas chiuso il minor tempo possibile, raddrizzare velocemente la moto e spalancare presto, molto prima di tutti gli altri.. Solo in questa maniera riesco a costruire un vantaggio nei primi metri dei rettilinei che poi si dimostra fondamentale alla fine degli stessi, quando le moto avversarie recuparano il terreno perduto, sfoderando tutta la loro cavalleria..". La sua tattica funzionò a meraviglia, tanto che, dopo il 1982 passato ad "accordare" a perfezione la moto, nel 1983 ottenne il titolo iridato. Spencer fu il primo pilota a "regalare" alla Honda l'affermazione nella Classe Regina, obiettivo che neppure Mike Hailwood aveva raggiunto! Tra Freddie Spencer questa motocicletta l'amore fu veramente grande, tanto che, nel 1984 quando la Honda la sostituì con la più potente NSR 500 a quattro cilindri (che nella sua prima versione non venne mai troppo amata dal pilota della Louisiana), in alcune corse, per la disperazione dei tecnici HRC, Freddie volle gareggiare con la "vecchia" ma affidabile NS. La NS è di fatto la prima moto vera e propria interamente costruita dalla HRC. Dopo il fiasco della NR quattro tempi a pistoni ovali, con la quale la Honda peccò di presunzione, a Tokyo capirono che occorreva correre ai ripari e creare prima di tutto una struttura dedicata interamente alle corse. La NS nacque quindi da un progetto che era considerato "di riserva" rispetto a quello della NR. Il suo propulsore, almeno nella fasi iniziali venne affidato al settore adibito allo sviluppo dei motori per il Motocross. Partendo da questa base, i tecnici giapponesi, in pochissimo tempo realizzarono una moto vincente! La NS è dotata di un propulsore a due tempi a tre cilindri, raffreddato a liquido. La V tra i cilindri è di 112°, l'ammissione è lamellare. L'alessagio per corsa è pari a 62,6x54mm per una cilindrata di 498,6 cc. Questa unità è in grado di sviluppare una potenza massima di 127 CV a 11.000 giri al minuto ed una coppia di 8,54 kgm allo stesso regime di rotazione. Dal punto di vista ciclistico la NS è dotata di un telaio a doppia culla chiusa a tubi quadri di alluminio (nella fase iniziale dello sviluppo della motocicletta lo stesso era invece a tubi tondi di acciaio); di una sospensione posteriore Pro-Link e di una forcella anteriore Sowha con steli normali. Le ruote sono da 18 al posteriore (160/60) e da 16 all'anteriore (120/60) come dettava la "moda" del periodo. Rispetto alla concorrenza la moto è carente in fatto di potenza massima ma, il suo peso, contenuto in soli 113 Kg, la rende senza meno la più agile e maneggevole del lotto! La bontà del progetto NS fu messo ancor più in risalto dal fatto che la HRC mise in produzione un modello analogo, chiamato RS500R. Questa moto fu messa in vendita, a disposizione dei piloti privati. La RS si dimostrò essere una "moto clienti" veramente competitiva e i suoi possessori ottennero risultati lusinghieri. Un esemplare di RS, si vide prendere parte ai GP addirittura sino al 1991, a condurla in gara fino a quell'anno fu il pilota italiano Marco Papa.
Per saperne di più:

martedì 15 febbraio 2011

Honda RS750R: la prima regina delle 750 cc


Nel 1984 la Federazione Internazionale, con lo scopo di diminuire le prestazioni ed aumentare la sicurezza dei piloti, impose il tetto massimo di cilindrata nel campionato Mondiale F1 e in quello Endurance a 750cc. Fino a quel momento infatti la cilindrata consentita nei due Campionati Mondiali riservati alle moto a quattro tempi era di 1000cc. Le 1000 messe in pista dalle Case avevano sopravanzato in termini di potenza anche le 500 da GP a due tempi, rendendo evidente la necessità di un intervento sul regolamento al fine di calmierarne le prestazioni. La Honda, come suo solito, non si fece trovare impreparata di fronte ad una varizione al regolamento e nel 1984 mise in pista "un'arma" formidabile: la RS750R. La moto monta un propulsore di 750cc derivato da quello della stradale VF750F. La modifica sostanziale che differenzia il propulsore stradale da quello racing è che quest'ultimo ha la distribuzione a cascata di ingranaggi, anziché a catena come quello della moto di serie. Si tratta di un V4 di 90° a carter umido con distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro (alesaggio per corsa 70x48,6 mm, cilindrata pari a 748 cc) con carburatori Keihin CV da 34 e cambio a 5 rapporti. La potenza massima sviluppata da questo propulsore è pari a 132 CV a 12.000 per la versione da F1 e 120 Cv per quella da Endurance. Oltre alla meccanica, il pezzo forte di questa motocicletta è la ciclistica. La Honda infatti attinse a piene mani dal know-how maturato nei GP per dotare questa moto di quanto di meglio avesse a disposizione: telaio a doppia culla chiusa in tubi quadri di alluminio (come la NS500 da GP); sospensioni Showa (con forcella da 41 mm e monoammortizzatore a sistema Pro-Link); freni Nissin. I cerchi, sia nella versione F1 che in quella Endurance sono da 18" (anteriore 3.00, posteriore 5.00). La moto corse una sola stagione ma si dimostrò estremamente competitiva dominando in lungo ed in largo le competizioni per le moto a quattro tempi:
Joey Dunlop si aggiudicò il Mondiale F1, i francesi Coudray e Igoa vinsero il Campionato Mondiale Endurance. Nella 8 ore di Suzuka si raggiunse l'apoteosi: ad affiancare sul podio la RS750R vincitrice della competizione con in sella la coppia di assi Mike Baldwin e Fred Merkel, c'erano altre due RS a piena dimostrazione di un dominio che non ammetteva repliche.

lunedì 14 febbraio 2011

13/02/2011: Prima uscita 2011 dei Cesena Bikers




Ieri, domenica 13 febbraio 2011 si è tenuta la prima uscita stagionale di Cesena Bikers. Come preannunciato anche quest'anno abbiamo mantenuto fede alla tradizione che dal 2008 (ossia l'anno in cui è stato fondato il gruppo..) ci vede dare "il via alle danze" andando a percorrere la "Panoramica di Gabicce". Questa bella strada parte da Gabicce Monte (PU) e arriva sino a Pesaro costeggiando il mare e regalando in alcuni punti delle viste bellissime (questo le è valso l'appellativo di Strada Panoramica..). Come meta per una uscita in moto, in se è molto bella e farci un giro ne vale veramente la pena. Quello che è penalizzante è il fondo stradale che in alcuni tratti non è pulito, a causa dalla presenza di parecchio "brecciolino". La strada presenta però anche qualche chilometro di fondo buono, dove si può guidare più sciolti.. La nostra prima uscita si può così riassumere: partenza come previsto alle ore 10:15 dal Bar Cesare di Savignano sul Rubicone. Ci siamo diretti subito alla "Panoramica" che abbiamo percorso da Gabicce Monte a Pesaro e poi abbiamo fatto a ritroso. La cosa positiva è che abbiamo incontrato una temperatura buona (attorno ai 13° C.), che ci ha reso facile la vita. Tornati a Gabicce Monte, abbiamo optato per pranzare a Cesenatico, allo Sloppy Joe. Il trasferimento tra le due località della nostra riviera è stato di fatto la cosa più "difficoltosa" della giornata in quanto c'è stato un repentino abbassamento della temperatura che è scesa di ben 5° C. Un volta a Cesenatico, abbiamo pranzato insieme, come è nostra abitudine fare nelle nostre uscite. Alle ore 15:00 ci siamo salutati per fare ritorno alle nostre abitazioni, felici per la giornata trascorsa insieme in sella alle nostre moto e, soprattutto "belli carichi", in attesa della bella stagione e delle fantastiche uscite che con essa potremo organizzare!

giovedì 10 febbraio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..



Road Atlanta maggio 1988. In sella alla Suzuki GSXR750 del team Vance & Hines vediamo Mike Baldwin impegnato in una gara del Campionato AMA Superbike. Quella del 1988 è stata l'ultima stagione completa di competizioni per il pilota statunitense che ha alternato la sua presenza tra la AMA Supebike ed i GP. Nello specifico (ossia la gara di Road Atlanta), Balwin, ha tagliato il traguardo in quarta posizione. Davanti a lui hanno concluso: Bubba Shobert, Doug Polen e Doug Chandler, giunti rispettivamente primo, secondo e terzo. Nello stesso anno va segnalato anche il decimo posto, ottenuto dal bravo (ma poco fortunato..) Mike Baldwin al GP di USA, tenutosi sul tracciato di Laguna Seca.

martedì 8 febbraio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..



Anno 1987, Campionato AMA Superbike. Nella foto vediamo Kevin Schwantz e Wayne Rainey impegnati in uno degli infuocati duelli che contraddistinse quella stagione del campionato statunitense per le "maxi" derivate dalla serie. Il pilota texano, in sella alla Suzuki GSX-R 750 (n.34), precede il rivale californiano sulla Honda VFR 750 (n.6). Sebbene Schwantz vinse numerose sfide a fine stagione fu Rainey a fregiarsi del titolo. Questo risultato altro non è che il preambolo di quello che accadrà in futuro: Kevin entusiasma, vince ma sciupa molto; Wayne infiamma meno il pubblico ma è roccioso e concreto e alla fine si aggiudica i campionati. Che si tratti di Superbike o di GP, non importa, la loro rivalità è sempre accesa! Le sfide che li vedono impegnati, ruota a ruota, sono talmente infuocate da far pensare a chi vi assiste che per i due non conti il domani ma l'unica cosa, realmente importante sia sopravanzare l'avversario e farlo ora! E' però proprio grazie a questi duelli "all'ultimo sangue" che Kevin Schwantz e Wayne Rainey, hanno scritto alcune delle pagine più belle di sempre nella storia del motociclismo, contribuendo a far appassionare a questo sport tantissima gente.

domenica 6 febbraio 2011

Motostagione 2011: si parte!



Questo soleggiato week-end di inizio febbraio è trascorso regalandoci due meravigliose giornate che sembrano (e ripeto SEMBRANO!) averci voluto dire che l'interminabile inverno 2010-2011, con la sua morsa di ghiaccio, stia volgendo finalmente al termine. Parecchi Cesena Bikers durante questi mesi freddi hanno messo a "riposo" le loro motociclette chiudendo quindi la stagione con la nostra ultima, memorabile, uscita del 2010. Altri invece (come il sottoscritto) non hanno mai messo la moto a "dormire". Per loro quindi, la stagione non è mai definitivamente terminata: nelle giornate che lo hanno permesso, sono saltati in sella e pur accontentandosi di "trotterellare" per qualche strada di campagna qui nei paraggi, hanno comunque mantenuto il contatto con la loro amata. Sia come sia, è ora per tutti di riprendersi dal torpore invernale e dare inizio alla Motostagione 2011! A questo proposito Cesena Bikers organizza una piccola uscita di metà inverno e vuole invitare a prendervi parte tutti i suoi amici e tutte le sue amiche. Come di consueto la prima uscita stagionale verrà organizzata alla "Strada Panoramica di Gabicce". Questo itinerario è da sempre l'ouverture delle nostre motostagioni e di certo in questo 2011 non abbiamo alcuna intenzione di interrompere la bella tradizione che ci accompagna dal 2008! Premesso che tutto è vincolato alle condizioni atmosferiche della settimana entrante e che la conferma definitiva verrà data nella giornata di venerdì 11 febbraio, questo è il programma:
Ritrovo alle ore 10:00 di domenica 13 febbraio per la colazione presso il Bar Cesare di Savignano sul Rubicone. Colazione (e benzina..) e poi partenza alla volta della bella strada panoramica. Pranzo tutti insieme e rientro per le ore 15:00 circa. E' chiaro che si esce con l'intenzione unica di fare una bella "passeggiata" tutti insieme, in sella alle nostre moto, in un clima sereno e rilassato e che ogni tipo di velleità "agonistica" deve essere lasciata a casa. Ci si aggiorna in settimana; per avere ulteriori info a riguardo contattateci a mezzo e-mail o tramite FACEBOOK.

P.S.
Ricordiamo che, come da decisione presa in sede di consiglio, l'invito all'uscita organizzata da Cesena Bikers è rivolto ai possessori di tessera FMI.

venerdì 4 febbraio 2011

Honda Castrol: un gradito ritorno









Su Cesena Bikers, per una precisa linea voluta da chi scrive si è parlato pochissimo di "attualità motociclistica", allo scopo di dare spazio soprattutto alla storia di questo sport. A volte però nel presente del motociclismo, accadono degli avvenimenti che affondano le loro radici nel passato, facendo riaffiorare dalla memoria immagini di gare viste in adolescenza e che probabilmente per questo, sono scolpite nei ricordi di chi come me, ai tempi in cui le "viveva" era un diciassettenne. Dopo aver volutamente omesso di pubblicare qualcosa in merito al ritiro della Ducati in veste ufficiale dalla SBK (onde evitare di fomentare ulteriormente le aspre polemiche che si sono accese a tal riguardo); mi trovo con gioia a scrivere invece di un gradito ritorno nel mondo delle gare per le derivate dalla serie ossia quello del Team Honda Castrol. Per uno strano scherzo del destino, nello stesso anno vediamo l'avvicendarsi di questi due miti della SBK.. Il Team Honda Castrol (o quindi se vogliamo, la Honda in veste ufficiale..) si è ritirato dalla SBK alla fine della stagione 2002 per via delle frizioni esistenti tra MMSA e il Gruppo Flamini. Dopo tanti anni, i toni della querelle si sono smorzati e le posizioni sono in gran parte rientrate. Quello di quest'anno non è il ritorno vero e proprio della HRC in Superbike ma è un patto di forte collaborazione tra il reparto corse più grande del mondo, il Team Ten Kate (che da anni schiera le moto della Casa dell'ala dorata nel campionato del mondo Superbike) e lo storico sponsor della Honda in questa categoria. Il Team è stato presentato a fine gennaio a Londra in pompa magna e, ovviamente, per questa stagione 2011 dai due piloti: Jonathan Rea e Ruben Xaus ci si attendono grandi cose. Al fine di far meglio comprendere la mia decisione di scrivere e pubblicare questo post, allego la storia del glorioso Team Honda Castrol che dal 1994 al 2002 ha schierato in pista le sue inconfondibili motociclette, condotte da alcuni dei più grandi fuoriclasse di sempre che hanno gareggiato in Superbike:
Castrol e le corse di moto: un matrimonio che dura da anni. Esattamente dal 1959, quando la prima Honda prese parte in forma quasi anonima al TT dell'Isola di Man. Per vedere la famosa livrea bianco verde e rossa tingere le carene di una Honda in pista occorre però attendere il 1994, con la nascita della formazione del team Honda-Castrol Superbike ossia quello che mise in pista le due mitiche RC45. In quell'anno la casa inglese di lubrificanti (oggi di proprietà della BP) entrò ufficialmente con il proprio nome in ambito agonistico e non più solamente come sponsor tecnico (cosa che da anni peraltro già faceva..). Le Honda Castrol furono immediatamente riconoscibili per la loro inconfondibile veste e per lunghi anni furono tra le protagoniste assolute del Mondiale Superbike. Il team, con base in Inghilterra ma dal fortissimo legame con la HRC (ossia il reparto corse della Casa di Tokyo), ottenne non poche soddisfazioni. Nel 1994, i piloti in sella ai gioielli nipponici dai propulsori a quattro cilindri a V, ossia il neozelandese Aaron Slight e lo statunitense (già due volte campione del mondo SBK con la Ducati 888) Doug Polen arrivarono rispettivamente terzo e quarto nella classifica finale. Slight in particolare concluse con un divario dal primo classificato, Carl Fogarty in sella alla Ducati 916, di soli 28 punti. Sebbene la RC45 a fine campionato vantasse la conquista di ben otto secondi posti (!!!), il successo non arrivò in nessuna delle manches disputate. A privarla di questa soddisfazione nell'anno del debutto fu l'altro gioiello che vide la luce in quella stagione ossia la Ducati 916 che con in sella il fenomeno inglese, formò un binomio imbattibile che ottenne l'iride. Nel 1995 il neozelandese ottenne nuovamente la terza piazza nella classifica iridata del Mondiale Superbike. Questa volta però si tolse la soddisfazione di cogliere due successi: Sentul, in Gara 2 e Albacete, in Gara1. Nel 1996 Aaron chiuse il Mondiale al secondo posto ma ottenne una sola vittoria: Hockenheim, in Gara 1. La seconda RC5 venne portata in gara da Carl Fogarty che nel frattempo aveva lasciato la Casa bolognese, con la quale si era aggiudicato i due precedenti mondiali, per cercare fortuna altrove. Foggy con la RC45 ottenne quattro vittorie ma, a causa della sua incostanza di rendimento in sella alla moto nipponica (con la quale non si trovò mai a suo agio), a fine campionato risultò solamente quarto in classifica generale. A trionfare quell'anno nel Campionato del Mondo fu ancora una volta la Ducati, questa volta però in sella c'era l'australiano Troy Corser. Il 1997 fu l'anno della svolta. Carl Fogarty ritornò alla Ducati e, questa volta, ad affiancare Aaron Slight nel team Honda-Castrol, arrivò il fenomenale John Kocinski. Oltre al cambiamento a livello di piloti, il team vide anche variare anche il suo direttivo: il comando fu infatti preso dall'ex pilota britannico delle 500 da GP Neil Tuxworth. Di carattere duro e determinato (per il quale nel paddock gli era stato affibbiato il nomignolo di “boscaiolo”..) Neil seppe infondere nella squadra il carattere e la determinazione necessari a vincere. Kocinski dominò il mondiale, imponendosi su Fogarty e piegandolo (fu il primo e l'unico a riuscirvi), nonostante l'inglese corresse di nuovo sulla sua amata Ducati. Il pilota dell'Arkansas ottenne nove vittorie, diciassette podi complessivi, siglando tre pole-position. Slight fu nuovamente terzo in classifica con due vittorie all'attivo. Nel 1998, il cavallo pazzo John Kocinski, abbandonò il team, per tornare a gareggiare nella Classe Regina dei GP. Il suo posto venne preso dal giovane e velocissimo Colin Edwards, “rubato” alla Yamaha. Slight dimostrò di meritare lo status di capo squadra e fu complessivamente più veloce del giovane e meno esperto compagno di team. A fine campionato risultò ancora una volta secondo in classifica, battuto nuovamente dall'accoppiata Carl Fogarty e Ducati 996 per 4,5 punti. Di fatto Aaron Slight perse quel mondiale non tanto per colpa sua quanto per la defaillance accusata dalle coperture Michelin che equipaggiavano la sua moto, proprio nella gara decisiva, in Giappone, sulla pista di Sugo. Dall'anno successivo, il titolo di più veloce del team passò nelle mani di Colin Edwards che si piazzò secondo in classifica relegando al terzo posto il compagno di squadra. Nel 2000 la svolta. La Honda mise in pista la VTR 1000 bicilindrica. La moto “calzò” a pennello su Colin Edwards che dominò la stagione con otto affermazioni. Nel 2001 l'americano dovette abdicare dal trono iridato in favore di Troy Bayliss e della sua Ducati. Il 2002, l'anno dell'ultima partecipazione ufficiale del Team Honda Castrol vide il più bel duello che la Superbike ci abbia mai regalato. Bayliss campione in carica partì subito fortissimo e iniziò ad inanellare vittorie su vittorie. Dal canto suo Edwards riuscì a non perdere troppo terreno in classifica dal rivale occupando spesso la piazza d'onore. Da metà stagione in poi, complice il super lavoro dei tecnici giapponesi, la ruota girò e fu l'americano a vincere a ripetizione relegando nelle posizioni di rincalzo il fortissimo australiano. Si arrivò quindi all'ultimo round del Mondiale sul bellissimo circuito Dino & Enzo Ferrari di Imola. In particolare, Gara 2 di quell'appuntamento, rimarrà per sempre nella storia per gli appassionati. La lotta tra i due indemoniati sfidanti per il titolo rimarrà impressa nei ricordi degli ottantamila assiepati lungo il circuito del Santerno. Dopo una intera corsa fatta di sorpassi, controsorpassi, staccate al limite e sportellate Edwards vinse grazie al suo talento ed anche ad una VTR 1000 SP2 perfettamente preparata dalla HRC. La moto aveva già ai tempi, su, un sistema di controllo di trazione molto avanzato. Texas Tornado, poteva uscire dalle curve più lente di Imola con una trazione ed una progressione entusiasmanti. Nulla potè Bayliss, nonostante le sue acrobazie. Per rendere l'idea di che razza di duello fu quello, basti pensare che i due si aggiudicarono insieme 25 delle 26 gare. Solo Makoto Tamada riuscì a vincere una manche oltre a loro. Da quella gara in poi in Superbike non c'è più stata nessuna Honda Castrol, nonostante la Casa inglese sia rimasta presente nell'ambito della Superbike con piccole sponsorizzazioni e con le ovvie forniture tecniche dei suoi validi prodotti ai team principali.
Ecco spiegato il perché, per un amante della Superbike, questo è un gradito ritorno!

mercoledì 2 febbraio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..


Anno 1987, campionato AMA classe 250cc. Nella foto vediamo John Kocinski (sulla Yamaha del Team Roberts Nordica-Lucky Strike n.80), in piena battaglia con Randy Renfrow (in sella alla Honda Vance & Hines n.4) e con Alan Carter (sulla Honda MacLean Racing n.97) sul pericoloso circuito del Mid-Ohio. Per la cronaca fu il pilota dell'Arkansas ad aggiudicarsi la corsa su Donny Greene (giunto secondo al traguardo) e Randy Renfrow (terzo all'arrivo). Per Alan Carter “solo” la quinta piazza.
Nel post precedente ho scritto della carriera che Jonh Kocinski ha avuto nella classe 250 del Motomondiale, categoria in cui ha militato dal 1988 al 1990 (con una brevissima parentesi nel 1993 quando tornò per poche gare in sella alla Suzuki). Cercando sul web ho trovato questa bellissima foto che ritrae “Little John” nel 1987 in sella alla quarto di litro di Iwata mentre è impegnato in una prova del campionato AMA dedicato appunto alle 250 da GP. Voglio quindi fare un breve “salto in dietro” rispetto a quanto fin'ora qui pubblicato. Mi preme mettere in risalto l'inizio della carriera di Little John, ossia quella parte di essa che agli appassionati è meno conosciuta in quanto si è svolta oltre oceano e che, qui da noi, ha avuto una risonanza minore rispetto ai risultati che ha successivamente ottenuto nei GP e nella SBK:
Negli anni ottanta la Honda era definitivamente tornata a partecipare ai GP. Dopo la deludente parentesi che la aveva vista scendere in campo con la poco comeptitive NR500 quattro tempi con i pistoni ovali, a Tokyo capirono che per vincere i GP occorreva schierare una moto con propulsore a due tempi. La Casa dell'Ala dorata sul finire degli anni sessanta aveva fatto suoi numerosi titoli iridati nella classe 250 GP grazie anche ai fuoriclasse Jim Redman e Mike Hailwood che portarono in gara le sue quarto di litro a quattro e a sei cilindri. L'unico titolo che a Tokyo non potevano vantare nella loro sconfinata bacheca era quello della Classe Regina, sfiorato nel biennio 1966 – 1967 con Mike Hailwood ma mai agguantato. Quando nel quartier generale del colosso di Tokyo decisero di tornare prendere parte al massimo campionato motociclistico, diedero la priorità assoluta a questa categoria, investendo capitali ed energie. Ottenuta la vittoria grazie alla NS500 tre cilindri prima e alla NSR quattro cilindri poi, condotte magistralmente dal loro pilota di punta Freddie Spencer; volsero lo sguardo anche alla 250 con il chiaro intento di ristabilire l'antico dominio anche in questa cilindrata ormai da troppo “abbandonata”. Gli ingegneri nipponici della Honda crearono quindi, a metà degli anni ottanta, la formidabile RS 250 con la quale Spencer ottenne la vittoria del Mondiale nel 1985 siglando la storica “doppietta” 500 (con la NSR) e 250 (con la RS). Questa motocicletta fece invecchiare di colpo la gloriosa Yamaha TZ250. La Casa dei tre diapason aveva infatti avuto una vera e propria egemonia assoluta sul campionato della quarto di litro (a parte la gloriosa parentesi Kawasaki) ma con l'arrivo della nuova Honda, il suo dominio assoluto, subì una brusca battuta d'arresto. Ad Iwata non rimasero certo con le mani in mano, mettendo in campo tutta una serie di aggiornamenti per la loro moto volti all'obiettivo di tornare agli antichi fasti. Per verificare la bontà suo pacchetto di miglioramenti della moto, riguardante sia il propulsore (si lavorò tantissimo sul sistema di alimentazione) che la ciclistica (forcella e telaio), in Yamaha decisero di utilizzare il campionato AMA per le 250 come banco di prova. La AMA 250 era infatti un campionato dove la competitività di mezzi e piloti era paragonabile a quella del Campionato Mondiale: non è infatti un caso se, da sempre, esso è stato una vera e propria “fucina di campioni”, dalla quale sono emersi i grandissimi piloti “born in USA” che poi si sono messi in luce nel Mondiale. Nel 1987 la Yamaha 250 da GP era ancora inferiore alla Honda ma, poteva contare su di una formidabile “arma” in più: John Kocinski. Il pilota dell'Arkansas, allora diciannovenne, era già in “orbita Roberts”, correva infatti come portacolori del Team Roberts Nordica-Lucky Strike, nel campionato statunitense ed era in “odore” di Motomondiale. John oltre che negli States aveva al suo attivo anche un'esperienza internazionale fatta sia nel campionato europeo per le 250 (dove su circuiti a lui del tutto sconosciuti, aveva colto due importantissimi successi) che in Giappone nello “All Japan Championship”. Rientrato in patria, forte della di questo importante bagaglio, si accollò lo sviluppo della moto da GP (che poi condusse con successo anche nel Mondiale), piegando la resistenza degli agguerriti alfieri della Honda, muniti di mezzi più performanti del suo ma dotati minor talento nella guida. Con questa affermazione nell'importante Campionato a stelle e strisce, di fatto per John Kocinski si aprirono i cancelli dell'importante Circus Iridato, dove colse il titolo di Campione del Mondo nel 1990 e dove per anni fu grande protagonista anche nella Classe Regina.


Per la cronaca, il Campionato AMA del 1987, terminò con la seguente classifica:
1. John Kocinski, Modesto, CA 159
2. Kork Ballington, Waccabuc, NY 110
3. Don Greene, Novato, CA 102
4. Randy Renfrow, Fredericksburg, VA 91
5. James Stephens, Menlo Park, CA 73
6. Calvin Rayborn III, Quail Valley, CA 72
7. Rich Oliver, Richmond, CA 66
8. Alan Carter, Waccabuc, NY 56
9. Doug Brauneck, Dallas, GA 39
10 Garry Griffith, Chattanooga, TN 37

martedì 1 febbraio 2011

Quando gli uomini erano veri uomini e le motociclette erano vere motociclette..



Anno 1990, Mondiale classe 250: sul Motomondiale irrompe il ciclone John Kocinski. L'americano di origine polacca, nato a Little Rock il 20 marzo 1968, fa il suo esordio nel Mondiale classe 250cc nel 1988 grazie a Kenny Roberts (che lo aveva preso in considerazione sin dai primi anni ottanta). In quell'anno prende parte ai GP di Giappone ed USA ed ottenendo rispettivamente il quinto ed il quarto posto al traguardo. Nel 1989 ha la possibilità di correre di nuovamente i medesimi GP. Durante la stagione precedente John ha lavorato duramente ed è notevolmente migliorato infatti coglie due vittorie lasciando tutti gli altri piloti della categoria e gli addetti ai lavori a bocca aperta! Sempre durante lo stesso anno gli viene concesso di prendere parte anche al GP del Belgio sul difficile tracciato di Spa Francorchamps in sella ad una 500. John prende l'occasione al balzo e si mette nuovamente in mostra portando la moto al traguardo, concludendo al quinto posto. I tempi sono quindi maturi per far si che il giovane pilota dell'Arkansas prenda parte ad una intera stagione nel Motomondiale. Il team di Kenny Roberts gli mette quindi a disposizione una Yamaha 250 competitiva e John si fa trovare presente all'appello! Al poco convincente quattordicesimo posto ottenuto nella prima gara della stagione (GP del Giappone) fanno seguito: 7 vittorie, 3 secondi, 2 terzi posti ed un totale di 223 punti iridati che gli valgono il titolo iridato nella quarto di litro. A rimanere spiazzati dalla forza di questo uragano statunitense sono Carlos Cardus in sella alla Honda e Luca Cadalora sempre su Yamaha (team Agostini). I due rispettivamente secondo e terzo in classifica iridata vengono battuti da un avversario fortissimo e sul quale, prima del via della stagione, non avevano fatto i conti. Il successo di "Little John" fu uno smacco immenso soprattutto per il pilota italiano che con la stessa moto condotta dall'asso statunitense, era già tre anni che sfiorava il mondiale senza però aver lo spunto necessario per poterlo cogliere. Grazie ai risultati ottenuti per l'anno 1991 John Kocinski viene promosso alla Classe Regina sempre in sella alla Yamaha ufficiale del Team Roberts, con il ruolo, almeno sulla carta, di scudiero di Wayne Rainey. Casco dalla livrea spettacolare, carattere difficile, maniaco di ordine e pulizia: John Kocinski è stato un vero cavallo pazzo nei GP alternando momenti di genio puro ad altri di pura sregolatezza. Quello che è certo è che ha lasciato un segno indelebile nel Motomondiale e nei tifosi, soprattutto quelli che come me, ai tempi in cui lui dominava la quarto di litro, erano ragazzini e rimasero sbalorditi dal vedere all'opera questo autentico fenomeno. John era bellissimo da vedere in sella: piccolo ed agilissimo formava un tutt'uno con la motocicletta. In curva si sporgeva tantissimo e la sua guida era un mix perfetto tra forza fisica ed eleganza. La cosa stupenda era vederlo guidare a Laguna Seca, dove probabilmente, a quei tempi, era il più forte in assoluto. In carriera non ha ottenuto tutto quello che avrebbe potuto, penalizzato da un carattere assolutamente impossibile.
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